Welfare

Senza l’indulto, sarà l’inferno

"Le carceri scoppiano", dice Caselli. Ma l'esplosione ha numeri precisi: 7 mila malati psichici, 9.500 casi di epatite, 252 di tubercolosi, 250 morti di cui 59 suicidi e 100 deceduti in ospedale

di Cristina Giudici

Scioperano a Volterra, Livorno, Pisa, Genova, Opera. Ma anche a Foggia, Novara. Non c?è carcere in cui questa settimana non siano suonati i rumori della rivolta. Buttano lenzuoli infiammati fuori dalle celle a Trieste. Nelle carceri sarde il rumore è assordante, i detenuti percuotono le stoviglie contro le sbarre a cadenze regolari. Si astengono dalle attività lavorative e scrivono documenti a Voghera. Annunciano dure proteste a Rebibbia. Discutono a San Vittore. Attendono con rassegnazione e disperazione a Poggioreale. E ogni volta che arriva un parlamentare diverso, prendono appunti, fanno domande, aggiornano il loro schema dei ?pro? e dei ?contro? e incrociano le dita.
Ecco come nell?altra Italia, quella delle carceri, i detenuti aspettano l?indulto. Mentre fuori i politici s?inseguono con dichiarazioni sempre uguali eppur sempre diverse, affinando le trattative, e i funzionari dell?amministrazione penitenziaria ricorrono allo spettro delle rivolte estive, ?dentro? il provvedimento che dovrebbe scarcerare circa 10mila detenuti con meno di due-tre anni di pena da scontare sta diventando una vera e propria ossessione. Non solo perché ogni settimana il Senato sembra sul punto di mettere all?ordine del giorno la discussione dei progetti di legge presentati, per poi fare marcia indietro perché capisce che non ce la si fa con i voti. Non solo perché fuori, a Castel Sant?Angelo, c?è Ovidio Bompressi che ha dato il via ad un digiuno esemplare che si concluderà il giorno del Giubileo del carcerato, il 9 luglio, e ha già ricevuto 250 adesioni. E neppure perché molte associazioni di volontariato stanno per iniziare altre proteste a favore dell?indulto nelle città di Bologna, Milano, Pisa e Terni.
La tensione è altissima perché il tanto atteso e invocato provvedimento, in carcere è ormai una questione di sopravvivenza. Non racconta bugie Giancarlo Caselli quando afferma che le galere stanno scoppiando. Non dice la verità Giancarlo Caselli quando non spiega perché.
Vediamo cosa succede nell?altra Italia. Il carcere napoletano di Poggioreale, 2.046 presenze contro una capienza di 1.276, è il simbolo nefasto di un sistema penitenziario malato. Nelle ultime settimane è stato oggetto di varie visite di parlamentari e funzionari ispettivi del Dap. Le condizioni di vita dei detenuti non hanno niente da invidiare quelle delle carceri colombiane o peruviane. Ecco il racconto dell?onorevole Mara Malavenda che dopo una visita ha detto: «Celle di 5 metri per 4 con letti a castello che arrivano fino al soffitto e ospitano fino a 17 persone. Un solo bagno che funge da cucina e lavabo. L?acqua corrente che scorre attraverso un rudimentale imbuto costruito dagli stessi detenuti. Celle con 7-8 persone che per stare seduti o in piedi fanno i turni di tre. Docce sporche e fatiscenti di cui si può usufruire solo due volte alla settimana…». Ma non sono solo il sovraffollamento e la fatiscenza dell?istituto, i problemi di questo carcere che aspetta l?indulto come un segno della Provvidenza. Leggete: «Persone immobili, in piedi, con le mani dietro la schiena e le gambe leggermente aperte, questa la posizione che devono assumere durante la conta, ma che usano anche quando parlano con noi. Perché? Ce lo spiegano i detenuti. A Poggioreale si rischia il pestaggio solo per aver steso un asciugamano sulla finestra o non aver abbassato lo sguardo alla vista di un agente nei corridoi… i bastoni usati per picchiare si chiamano valium e metadone…». Ma l?inferno non abita solo a Poggioreale. In molti istituti le condizioni di vita sono così degenerate, a causa del sovraffollamento, che ogni parola o gesto possono diventare delle micce.
Il partito Radicale sta realizzando un monitoraggio a tappeto in tutte le carceri italiane, inviando a sorpresa deputati, europarlamentari, funzionari regionali nei principali istituti di pena del Paese. Ecco cos?ha scoperto: «A Poggioreale c?era un silenzio innaturale e solo dopo abbiamo capito che i detenuti avevano paura», dice l?europarlamentare Maurizio Turco. «A Rebibbia invece i detenuti minacciano rivolte e proteste perché sono stufi di essere presi in giro dai politici, mentre i 41 bis (carcere duro per condannati per mafia, ndr) sperano che da questo fermento riusciranno almeno ad avere dei colloqui con i familiari senza vetri divisori ed abbracciare figli e nipoti». «A Verbania sono tutti nervosi perché ci sono 100 detenuti con pene sotto i tre anni che potrebbero uscire tutti», aggiunge Carmelo Palma consigliere regionale piemontese. «A Biella invece abbiamo scoperto che esiste un reparto protetti di 100 detenuti, in maggioranza psicotici, e c?è solo uno psichiatra. A Novara ci sono 7-8 detenuti in celle che vengono tenute quasi sempre chiuse. Per loro l?indulto rappresenta la possibilità di riprendere a respirare un po? di ossigeno…».
Ma non finisce qui. A Badu?e Carros, a Nuoro, il nuovo direttore che ha sostituito Francesco Gigante (rimosso dalla procura di Cagliari con 7 agenti per lesioni e omissione di custodia) ha emesso una circolare per sospendere la redazione del giornale dei detenuti, ogni attività sportiva e ricreativa, e l?emissione degli stipendi ai detenuti che lavorano in semilibertà; ha vietato l?entrata ai volontari e punito ogni detenuto che faccia richiesta per il sopravitto (generi di necessità che permettono di sopravvivere alle mense penitenziarie). Una rappresaglia o una punizione preventiva? Chissà, ma fino ad ora un solo detenuto ha avuto il coraggio di protestare per l?indulto…
E infine la situazione sanitaria che è sempre più esplosiva. La denuncia viene da Ovidio Bompressi: «Da varie indagini ministeriali ho rilevato dati molto allarmanti», dice. «Eccoli: nel 1999 c?erano 7mila malati psichiatrici, 9500 casi di epatite, 6mila sieropositivi, che vanno raddoppiati in quanto sono pochi a sottoporsi al test, 252 ammalati di tubercolosi e 250 morti di cui 59 suicidi e 100 deceduti in ospedale». Se c?è ancora qualcuno che si vuole opporre al provvedimento di indulto, alzi la mano.

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