Diritti&Salute

Perché non partecipano agli screening? Rispondono loro, le donne

La partecipazione delle donne agli screening è ancora bassa, solo il 56%. Perché? Fondazione Veronesi ha deciso di condurre una survey per capire cosa pensano. Emerge una preoccupante scarsa conoscenza del tumore e degli screening, in particolare tra le più giovani

di Nicla Panciera

Lucia ha 55 anni ed è appena andata incontro a mastectomia in un importante centro oncologico milanese. Il tumore era troppo grande per una chirurgia conservativa. Ha sempre ricevuto gli inviti agli screening ma li ha sempre ignorati. «Non avevo tempo» racconta. E alle amiche, che le suggerivano di accogliere questi inviti di salute, diceva: «Comunque, gli esami di screening non servono a niente: non evitano la malattia, non la prevengono. Detto in altre parole, perché dovrei sottopormi a un controllo che mi trova una malattia?». Il suo atteggiamento evitante, forse dettato dalla paura di sapere, non è stato di aiuto. Di avere un tumore grande quanto una noce si è accorta per il dolore. «È stato un momento di panico completo, ho chiesto aiuto alle mie amiche, una in particolare mi ha consigliato uno specialista che mi ha parlato in modo schietto e mi ha chiesto Signora, ma lei dove è stata finora? I controlli non li ha fatti? Certo, oggi mi sono pentita».

Tra le ragioni per cui le donne dicono “no” allo screening mammografico ci sono anche quelle menzionate da Lucia. C’è chi preferisce non sapere, chi ha paura dell’esito, chi non ha tempo, chi ritiene insopportabile il disagio provato durante l’esame. Poi, ci sono i piccoli ostacoli quotidiani, la mancata ricezione dell’invito alla mammografia o i tempi lunghi necessari alla sua esecuzione. Lo mostra la prima indagine condotta su donne e screening realizzata per Fondazione Veronesi da AstraRicerche nel luglio 2023 su un campione di mille donne fra i 18 e i 65 anni, intervistate sulle loro abitudini di prevenzione e sul loro grado di conoscenza del tumore al seno.

L’esame è gratuitamente offerto nella fascia d’età a maggior rischio (tra i 50 e i 69 anni, in alcune Regioni estesa tra 45 e 74 anni). Secondo l’Osservatorio nazionale screening, nel 2021 il tasso di adesione all’invito ai programmi di prevenzione organizzati è stato del 56%, con grosse differenze regionali. Le ragioni per cui la partecipazione delle donne continua a essere un punto debole, in particolare in alcune aree del Sud Italia, vanno capite e affrontate.

Tornando a Lucia, è vero: i controlli non evitano la malattia ma la individuano quando è nelle sue fasi iniziali, e qui sta il loro razionale. La mammografia periodica è un test di screening di comprovata efficacia: permette di diagnosticare tumori al seno in fase precoce, quando sono curabili con migliori risultati e con trattamenti meno invasivi. In altre parole, consente di ridurre la mortalità. Oggi la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è dell’88%, se diagnosticato nelle fasi iniziali è oltre il 90%.

Conoscenza dei tumori al seno e dello screening

«È fondamentale dare voce alle donne che non partecipano agli screening, comprendere le cause di un fenomeno che, pur minoritario, influisce in modo determinante sulla loro salute» ha commentato Paolo Veronesi, presidente di Fondazione Umberto Veronesi ETS e Direttore del programma di senologia Ieo. «Per questa ragione è stato importante avviare questa indagine, e ancora di più sarà riflettere sui risultati e correre ai ripari. Colpisce la scarsa conoscenza fra tante donne, anche nelle più giovani, su un tema così cruciale per la loro salute. Occorre impegnarsi ancora di più per informare, rispondere ai dubbi e ai timori, semplificare e uniformare l’accesso ai programmi di screening. C’è un margine di miglioramento considerevole e si può fare la differenza».

Colpisce la scarsa conoscenza fra tante donne, anche nelle più giovani, su un tema così cruciale per la loro salute

Paolo Veronesi

Le donne, in particolari le più giovani, sono scarsamente informate: il 15% delle 45-55enni e il 10% delle 55-65enni non conosce lo screening e il 42% e il 35% non vi ha mai partecipato. Inoltre, un quarto delle ventenni e il 12% delle over 55 non sa come fare l’autopalpazione. Anche in relazione al tumore al seno, le conoscenze restano scarse e diminuiscono tra le più giovani: il 38% delle donne ha un livello di conoscenza del tumore al seno, compresi i fattori di rischio, medio-basso o estremamente basso. Non ci sono grandi differenze geografiche o socioeconomiche, ma il grado di istruzione fa la differenza.

Ad esempio, alla domanda “Secondo Lei è possibile influire sulla probabilità di avere un tumore al seno, riducendola grazie a uno stile di vita salutare?” il 15% risponde con un secco “no” (23 per cento fra i livelli di istruzione inferiori, 11 per cento fra le laureate). Anche sui fattori di rischio e di protezione le idee sono molto poco chiare, con percentuali elevate di donne che rispondono “non so”.

Foto del National Cancer Institute on Unsplash


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