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Aiuti in Iraq: La porta d’accesso è sul web
In attesa di entrare in Iraq, le ong navigano in Internet. Sul portale HIC Iraq. L'anticipazione dell'intervista a Giorgio Sartori, coordinatore Onu. Da Vita in edicola da oggi
Su Vita magazine in edicola da oggi l’intervista completa
Il portale HIC Iraq è un centro di coordinamento virtuale creato dall’Onu pochi giorni prima dello scoppio della guerra che riceve 10mila visite al giorno. Di cui molte con un file in allegato contenente informazioni su rifugiati, pozzi d’acqua danneggiati dalle bombe, stime sui fabbisogni alimentari e medici dei civili iracheni.
Informazioni raccolte sul campo da ong e agenzie umanitarie che via email arrivano a Cipro, Hotel Flamingo, stanza 451: il quartier generale dell’Humanitarian Information Centre for Iraq (Hic). Un team di sei persone che raccoglie le informazioni sull’emergenza umanitaria in corso nel Golfo, le inserisce in due database georeferenziati e le pubblica sul sito agoodplacetostart.org divise per categorie: corridoi umanitari verso l’Iraq, emergenze in corso, mappe geografiche. Il tutto con turni di lavoro che non durano mai meno di 14 ore, dalle 7.30 di mattina alle 10 di sera.
A guidare questo gigantesco sforzo di documentazione, c’è un italiano: Giorgio Sartori, 47 anni di cui gli ultimi 13 trascorsi a costruire network di informazione umanitaria per conto dell’Onu in Ruanda, Congo, Palestina, Kosovo e Afghanistan. Che l’emergenza sia causata da forze naturali o umane, l’obiettivo di Sartori non cambia: “Da un lato, dobbiamo facilitare il coordinamento pratico dei soggetti umanitari impegnati sul campo. Dall’altro, creare un linguaggio comune che consenta loro di scambiarsi informazioni”.
Linguaggio che, nel caso dell’Iraq, è tutto da costruire. “Non si tratta solo di tradurre dall’arabo in inglese i nomi di città, fiumi e popolazioni altrimenti impossibili da digitare su computer con tastiere latine. Per anni il regime di Saddam ha proibito di inviare all’estero informazioni sul suo Paese, così non basta dire a una ong che c’è bisogno di acqua in un villaggio. Bisogna dirle dov’è quel villaggio e darle una piantina per raggiungerlo. E il nostro lavoro non finisce qui: ci sono nomi di villaggi che si scrivono anche in tre modi diversi, col risultato che nei database dell’Organizzazione della Sanità appaiono paesi che non risultano in quelli del Pam e viceversa. Una situazione che rende quasi impossibile il coordinamento degli aiuti. Per questo chiamiamo con codici alfanumerici i diversi villaggi in modo che siano riconoscibili da tutti e costruiamo carte geografiche scaricabili dal nostro sito”. Insieme a un altro importante strumento d’azione umanitaria. Il rap, o Rapid Assessment Process: formulario di tre pagine in cui il personale dell’Onu e delle ong raccoglie informazioni su una certa area del Paese. Come, viene da chiedere a Sartori, se a venti giorni dall’inizio della guerra solo poche sigle sono potute entrare in Iraq?
“Il problema è proprio questo”, risponde, “chi è fuori dal Paese ha poche informazioni e chi è dentro spesso non è nelle condizioni di darle. Capite bene che, una volta entrate in Iraq, per le ong il nostro lavoro diventerà essenziale. Appena sarà possibile, apriremo degli uffici interni all’Iraq oltre a quelli già operativi in Giordania e in Kuwait”.
Il lavoro di Sartori rischia di offuscare quello dei due centri di coordinamento creati dagli Usa nel Golfo – l’Humanitarian Operation Centre di Kuwait City e l’Humanitarian Assistance Coordinating Centre di Amman ? snobbati dalla società civile che non vuole entrare in Iraq con un pass a stelle e strisce.
Da Cipro hanno qualche suggerimento, in merito? “Ne stiamo discutendo e stiamo lavorando a un documento in cui si dice che per aiutare i civili iracheni basterà esibire il proprio passaporto. Per ora non è ancora arrivato il momento di entrare in Iraq”. Ma le ong non perdono tempo e si preparano su Internet.
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