Non profit

Finanza etica, non elemosine

Un lettore si lamenta del fatto che i vari prodotti finanziari etici non vadano nella direzione di incoraggiamento di una nuova economia.

di Riccardo Bonacina

Quando tanti anni fa misi il 10% del risparmio in un fondo etico pensavo a qualcosa che in linea di principio somigliasse al microcredito e desse pane e lavoro nell?area del bisogno. I miei pochi milioni (in lire) potevano generare ogni anno un po? di fatturato in una nuova attività. Fatturato che sarebbe ricaduto laggiù, per il 95% come salari sia ai dipendenti diretti che a quelli dei fornitori come pure ai dipendenti pubblici (tramite le tasse) e infine qualcosa sarebbe ritornato a me più o meno come se avessi tenuto i soldi in uno dei soliti impieghi consigliati dal direttore della banca. Avevo letto che l?economia etica era competitiva con quella corrente, perché prestare soldi ai poveri si è più sicuri che mantengano gli impegni di restituire regolarmente le quote stabilite. Poi, dopo, ho capito che i miei soldi lavoravano qui, nell?economia consumistica corrente, e laggiù andavano solo pochi spiccioli come elemosine. Ma se volevo fare le elemosine non avevo nessun bisogno di ricorrere all?investimento mentre invece mi entusiasmava l?idea di un?immensa incredibile potenza economica di piccoli risparmiatori (in Italia metà dei depositi totali) i quali invece di creare quelle ?multinazionali? contro cui si scagliano i loro figli, donano fiducia, corrono il rischio d?impresa: per un?azienda agricola in Somalia, qualche telaio in Perù, o una di quelle concrete iniziative che, sull?esempio dei missionari, dimostrano come una certa zona può fiorire in mezzo alla desolazione dell?ambiente circostante. L?economia ?etica? si distingue più facilmente per ?dove? lavora che per ?cosa? fa. E ciò in quanto l?oggetto della produzione (eccetto droga, pornografia, armi e tabacco) quasi mai ne individua dal punto morale l?uso finale. Si lavora per ciò che si vende e nella misura in cui le risorse vanno nell?area del bisogno aumentano i consumi del necessario al posto dei consumi nel superfluo ma tutto comincia dalla volontaria diminuzione del superfluo, dalla parsimonia, dal risparmio che non diminuisce il lavoro (anche il soldo risparmiato è speso) ma lo sposta dal superfluo appunto al necessario. La pagella anziché alle imprese bisogna darle ai consumatori. Siamo noi il punto di partenza. Fra mezzo pieno e mezzo vuoto, il bicchiere esiste, come ha detto su Vita (n. 10) Donato Masciandaro, ma bisogna anche vedere cosa ci si mette dentro. Anche un padre di famiglia ha i suoi sogni. Tito Tamburini, Milano Carissimo Tamburini, che bella e giusta lettera. Sia quando parla dei sogni dei padri di famiglia, sia quando si lamenta sui troppi prodotti finanziari etici che si limitano alla logica dell?elemosina piuttosto che incoraggiare una nuova economia. Condivido in toto la sua lettera. Grazie


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