Denatalità
Figli? Per un terzo degli italiani non è un progetto di vita
Per la metà della popolazione le politiche a supporto della famiglia sono insufficienti; 7 su 10 pensano che il sostegno in Italia sia inferiore alla media europea. A fotografare la situazione i dati della ricerca “Gli italiani e la denatalità” realizzata da Changes Unipol ed elaborata da Ipsos. A emergere è una generale insoddisfazione, soprattutto tra Boomers e Generazione X, mentre tra i giovani della Generazione Z il più grosso freno è la situazione economica e lavorativa, perché loro una famiglia numerosa la desiderano, ma fra 5 anni
di Redazione
In Italia da anni si parla di inverno demografico. Le culle vuote sono l’immagine che spesso si accosta al Bel Paese. E proprio questi temi sono al centro della ricerca realizzata da Changes Unipol ed elaborata da Ipsos “Gli italiani e la denatalità” finalizzata ad analizzare la situazione familiare in Italia e i motivi, le conseguenze e le misure a supporto della denatalità.
Tra i primi dati che emergono vi è il giudizio di insufficienza sulle attuali politiche a supporto della famiglia che viene dato da un italiano su due (52%). L’insoddisfazione è omogenea in tutto il Paese: Centro (53%), Nord e Sud e Isole (ciascuna al 51%). A livello generazionale Boomers e Generazione X (entrambe 56%) sono le più critiche, mentre coloro che sono ancora in piena età fertile, risultano mediamente meno negativi: Millennials (47%) e Generazione Z (42%).
Il confronto con il panorama europeo fa emergere un giudizio ancora più critico: per quasi 7 italiani su 10 (66%) le politiche italiane di sostegno alla famiglia e alla genitorialità sono inferiori alla media europea, opinione espressa, in particolare, da chi ha figli (73%). La criticità di giudizio verso il confronto con l’Europa sulle misure a supporto della famiglia aumenta con l’età: Boomers e Generazione X sono le più critiche e, rispettivamente, il 75% e il 70% ritiene che l’Italia sia sotto la media Europea (rispetto al 66% della media nazionale). Anche in questo caso, solo la Generazione Z è più positiva: 1 su 4 ritiene che l’Italia sia allineata all’Europa.
Le azioni a supporto della natalità
Tra le iniziative anti-denatalità, l’assegno universale per i figli a carico e il rafforzamento delle politiche di sostegno per spese educative e scolastiche sono le più apprezzate dagli italiani (ciascuna con il 58%). A seguire la riforma dei congedi parentali e il supporto ad un maggiore protagonismo degli under 35 (ciascuna con il 55%), misure che trovano favore soprattutto tra Generazione Z e Boomers.
Interessante notare – si sottolinea in una nota – come le aziende abbiano un ruolo nel favorire la natalità: per 6 italiani su 10 una maggiore flessibilità lavorativa potrebbe favorire la genitorialità in Italia. In particolare, vengono apprezzate la flessibilità di orario di entrata e uscita (29%), il lavoro da remoto integralmente o in parte (26%) e la settimana lavorativa corta (24%).
Anche tra le generazioni la flessibilità lavorativa è l’incentivo ritenuto più efficace per contrastare la denatalità (soprattutto per i Boomers: 65% rispetto al 59% di valore medio nazionale), seguito dagli aiuti economici (46%). Istituire un asilo nido all’interno dell’azienda piace al 30% degli italiani, in particolare alla Generazione X (34%) e ai Boomers (38%).
Per la Generazione Z sono, invece, importanti i rimborsi per spese scolastiche e di baby-sitting (27%), l’assistenza sanitaria integrativa (22%) e il coaching per le neomamme (12%).
Il desiderio di avere figli
I risultati della ricerca evidenziano come tra chi non ha figli prevalga il desiderio di averne (36%), mentre per un terzo (30%) avere figli non rappresenta un progetto di vita.
Tra i giovani della Generazione Z, il desiderio di avere figli è molto diffuso (55% di chi non li ha), ma è soprattutto un progetto di medio termine, cioè non prima di 5 anni (46%), e la volontà non è limitata a un solo figlio: a sorpresa desiderano, infatti, famiglie numerose mentre la Generazione X si orienta maggiormente verso un solo figlio.
Il lavoro tra i freni alle nascite
L’osservatorio rileva come tra coloro che rimandano o non progettano di avere figli, la motivazione principale sia lavorativa (35%), soprattutto nel Sud e Isole (44%). Nel dettaglio, la mancanza di un lavoro stabile (17%) e l’inconciliabilità tra carriera e desiderio genitoriale (16%) sono i principali deterrenti.
A livello nazionale, le ragioni economiche sono la seconda motivazione alla base della decisione di non volere figli (34%), ma diventano il primo deterrente per il Nord (37%), soprattutto a causa dell’aumento del costo della vita in relazione al proprio reddito.
I timori per il contesto socio-economico (economia, clima, situazione politica del Paese) sono il terzo ostacolo (24%), soprattutto al Sud e Isole, in cui costituiscono la terza motivazione (28%).
Prendendo in considerazione le fasce di età, i dati rivelano come la Generazione Z individui nelle motivazioni lavorative (46% rispetto ad un 35% di media nazionale) ed economiche (43% rispetto ad un 34% di media nazionale) le principali cause del non avere figli.
La Generazione Z è anche la più preoccupata per il contesto socio-economico (29% rispetto al 24% di media nazionale): nella loro visione la situazione economica del Paese e il cambiamento climatico non forniscono un ambiente ideale per mettere su famiglia. La prima motivazione tra chi non progetta o rimanda la decisione di avere figli nella Generazione X è, invece, il non ritenere la maternità/paternità un desiderio o un progetto (32% rispetto al 19% di media nazionale).
La denatalità influirà sulle pensioni di domani
Secondo gli italiani la denatalità influirà negativamente soprattutto sul sistema pensionistico (il 37% ritiene che sarà molto colpito; il 73% molto/abbastanza colpito) davanti a spopolamento delle aree non urbane (29%).
Le preoccupazioni circa le ricadute della denatalità crescono al crescere dell’età. Sono i Boomer, infatti, i più preoccupati per le possibili conseguenze negative, sia sul sistema pensionistico (49% i molto preoccupati contro il 37% di media), sia sullo spopolamento delle aree non urbane (33% rispetto al 29% di valore nazionale) e il venir meno del welfare sanitario (28% contro il 21%).
In apertura photo by Drew Hays on Unsplash
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