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Iraq: vertice Bush-Blar, ecco come è andata

Una dichiarazione congiunta, l'Onu avra' ''un ruolo vitale'': l'aggettivo e' una vittoria di Blair, perché, fino a ieri, nel linguaggio diplomatico Usa, il suo ruolo era solo ''importante'

di Redazione

Sotto la pressione ”superba” delle forze della coalizione, il regime di Saddam Hussein sta crollando: ”Che sia vivo o morto, conta poco. Conta che il suo potere sta finendo” dicono all’unisono George W. Bush, presidente americano, e Tony Blair, premier britannico, nella conferenza stampa che conclude il vertice comune sulla guerra in Iraq e, soprattutto, sul dopoguerra. E nel dopoguerra, dicono Bush e Blair, che pubblicano una dichiarazione congiunta, l’Onu avra’ ”un ruolo vitale”: l’aggettivo e’ una vittoria di Blair, perche’, fino a ieri, nel linguaggio diplomatico americano, il ruolo dell’Onu era solo ”importante”. Nella sostanza le Nazioni Unite, specifica Bush, non saranno solo protagoniste sul fronte degli interventi umanitari, ma saranno anche coinvolte e consultate per la ricostruzione e la democratizzazione del nuovo Iraq. Perche’, nota Blair, e’ falso porsi l’alternativa se l’insediamento d’una autorita’ provvisoria irachena riguardi la coalizione o la Nazioni Unite: l’Iraq del futuro ”dovra’ essere governato dagli iracheni per gli iracheni” (una frase che deve piacere a Bush con l’eco del discorso di Gettysburg di Abramo Lincoln). NESSUN PROCLAMA di VITTORIA – Il vertice anglo-americano, il terzo in poco piu’ di tre settimane, si conclude senza proclami di vittoria, nonostante i due leaders ricevano, all’alba, i rapporti dal fronte con le notizie dell’attacco a Saddam e alla leadeship irachena e dello sgretolamento della resistenza del regime. Bush e Blair sottolineano entrambi l’andamento positivo delle operazioni militari, si dicono entrambi orgogliosi delle loro truppe e certi dell’esito finale: il rovesciamento del regime di Saddam che mostra ”una brutale disperazione”, dice Bush, e la liberazione del popolo iracheno. Ma c’e’ prudenza a cantare vittoria, mentre la missione in Iraq resta carica piu’ di pericoli momento per momento che di incognite sull’esito finale, che la disparita’ di forze non ha mai lasciato in discussione. Parlando nel castello di Hillsboro, residenza della regina d’Inghilterra nell’Irlanda del Nord, i due leader ricordano che quella contro l’Iraq e’ ”una guerra di liberazione e non di conquista”, che avra’ come risultati il rovesciamento di una dittatura e la restituzione della liberta’ agli iracheni e l’eliminazione di arsenali di armi di distruzione di massa e la liberazione del Mondo dalla minaccia da esse rappresentata. Finora, le armi di sterminio, che sono il motivo scatenante di questo conflitto, non sono state trovate, ma Blair afferma: ”Sappiamo che il regime le ha e, appena sara’ crollato, le troveremo”, perche’ qualcuno finalmente dara’ alla coalizione la dritta giusta. PASSI RAPIDI VERSO UN GOVERNO IRACHENO – Senza, pero’, aspettare quella legittimazione postuma del loro operato, Bush e Blair intendono muoversi -dice il presidente americano- ”il piu’ rapidamente possibile verso l’instaurazione di un’autorita’ provvisoria irachena”, che sara’ costituita da iracheni di tutte le etnie e di tutte le Regioni vissuti sotto il regime di Saddam Hussein e da esuli. Per consentire l’insediamento dell’Autorita’, che preparera’ una nuova Costituzione ed elezioni democratiche, e’ da oggi all’opera a Umm Qasr un’avanguardia dell’amministrazione provvisoria civile e militare americana. Quali sono le scadenze? Bush e Blair non ne danno, ma si calcola che l’amministrazione provvisoria potrebbe ”passare le consegne”, fra tre e sei mesi, all’autorita’ provvisoria: l’incognita maggiore e’ la sicurezza del Paese, quando la fase offensiva delle operazioni militari si sara’ conclusa. Per la nuova Costituzione e le elezioni potrebbero invece volerci due anni. Il RUOLO DELL’ONU – Quanto al ruolo dell’Onu, Bush e Blair, che, fino a ieri, sembravano non pensarla allo stesso modo, trovano l’intesa, come aveva anticipato il segretario di Stato Colin Powell, sulla definizione ”vitale”. Stati Uniti e Gran Bretagna intendono definire, addirittura con risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, compiti e funzioni delle Nazioni Unite nel dopoguerra iracheno, ‘in tutti gli aspetti’, dice proprio Bush: non solo gli aiuti umanitari e la gestione del programma ‘petrolio in cambio di cibo’, dunque, ma anche la ricostruzione e la democratizzazione. Nella loro dichiarazione congiunta, i due leaders alleati, protagonisti della Guerra del Golfo 2, ricordano i passi fatti da Kofi Annan, segretario generale delle Nazioni Unite, per incoraggiare la presenza dell’Onu. Ma, in conferenza stampa, Bush pare, a un certo punto, dare un colpo di freno: ricorda, piu’ di una volta, che ”la scelta di chi governera’ l’Iraq non spetta ne’ alla coalizione ne’ all’Onu ma al popolo iracheno”; e rispondendo a una domanda parla di ”partecipazione dell’Onu e di altre organizzazioni internazionali al dibattito sul futuro dell’Iraq”. Blair, pero’, si preoccupa di non riprodurre, al Palazzo di Vetro di New York, nel dopoguerra iracheno, i contrasti che hanno segnato la fase precedente il conflitto, creando fratture fra partners tradizionali degli Stati Uniti e all’interno dell’Unione europea. A ricordarlo a Bush, arriva il consigliere per la sicurezza nazionale Condoleezza Rice: e’ appena stata a Mosca, a cercare di calmare i malumori russi per guerra e dopoguerra. PRESTO il TRACCIATO per il MEDIO ORIENTE – Sulla vittoria in Iraq, che sentono imminente, c’e’ da costruire la cascata d’effetti positivi che era stata prospettata, a cominciare dal reinnesco del processo di pace in Medio Oriente. ”Chi pensa che la pace in Medio Oriente sia impossibile, venga a vedere qui in Irlanda”, dice Blair, che, con questo vertice, e’ finalmente riuscito a coinvolgere un riluttante Bush nella questione irlandese. Bush esprime apprezzamento per il premier palestinese appena insediato, Mahmud Abbas, e conferma l’impegno a pubblicare il tracciato, la ”roadmap”, verso la ripresa dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi non appena Abbas avra’ fatto e messo all’opera il suo governo. Per il Medio Oriente, dice il presidente, e’ ”una stagione di speranze” in ”grandi progressi” verso la pace.


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