Politica
Parola d’ordine : ridare speranza
In Puglia il mondo del non profit si caratterizza soprattutto per laccoglienza nei confronti di chi è diverso o si trova in difficoltà.
«Il volontariato? Per molti è un lusso. Qui nel Salento la gente pensa a guadagnarsi il pane e si dedica ai più deboli saltuariamente. Per alcuni amministratori invece il disabile, l?anziano o il tossicodipendente rappresentano persone scomode, non produttive per la società. Cosi spesso il volontariato, per chi amministra e per l?uomo della strada, è solo una perdita di tempo». Così don Michele Marangello, da anni impegnato per il reinserimento di ragazzi tossicodipendenti e responsabile della comunità Emmaus 3 di Otranto.
L?amarezza di don Michele
La sua analisi si riferisce a una realtà particolare, la provincia di Lecce, che presenta per tanti aspetti caratteristiche atipiche rispetto al resto della regione. Qui è dura, si combatte su più fronti, racconta don Michele. Nella sua comunità vivono una ventina di giovani, accolti in una vecchia masseria ristrutturata da loro stessi, vengono seguiti da un gruppo di volontari e da un?équipe di medici, psicologi, assistenti sociali. Le istituzioni locali da tempo si sono arrese, sostituendo l?eroina con un?altra droga: il metadone. C?è amarezza nelle parole di don Michele quando ci riferisce che la Regione Puglia deve ancora dare finanziamenti risalenti ad otto anni fa e che quotidianamente i volontari della comunità Emmaus devono fare i conti con la totale assenza di una programmazione politica. La comunità Emmaus 3 è riuscita a crescere grazie ai salentini sensibili che operano nel volontariato con energia, contribuendo non solo a salvare giovani vite ma anche allo sviluppo del territorio. Molto si è mosso dunque dal quel lontano 1976 quando a Foggia un gruppo di parrocchiani di una chiesa di periferia decise di mettere da parte la pietà e di rimboccarsi le maniche. Ma molto ancora resta da fare, don Michele vorrebbe poter fare di più, curare i rapporti con la stampa e gli enti locali. Problemi comuni a tanto volontariato, anche a strutture ormai consolidate come la Fondazione Emmanuel di padre Mario Marafioti, gruppo nato come comunità tanti anni fa.
Così come ne sa qualcosa Vinicio Russo, presidente del CtmMovimondo di Lecce: un?associazione non governativa che è riuscita a portare le proprie istanze anche a livello nazionale, raggiungendo un buon livello di notorietà. Qui oltre trenta operatori e venti volontari ogni giorno si dedicano all?assistenza e alla tutela di immigrati, minori e detenuti. Fabrizio, detenuto in semilibertà e con altri quattro anni e mezzo di pena da scontare, è cambiato molto da quando frequenta il centro. È arrivato, racconta Russo, quando aveva 17 anni, ora ne ha dieci in più e vuole costruirsi un futuro. Il Ctm Movimondo è dotato di laboratori artigianali, dove gli assistiti possono imparare varie attività, biblioteca e videoteca e anche un magazzino di merce che, importata dai paesi poveri dell?Africa, Asia e America Latina, viene commercializzata in Puglia e nelle regioni limitrofe, favorendo il commercio equosolidale e lo sviluppo economico del Terzo mondo. Ma il pezzo forte, continua Vinicio Russo, è il servizio immigrati, che nella provincia di Lecce, sono in costante aumento. Proprio la problematica dell?immigrazione, infatti, caratterizza l?impegno di tante associazioni pugliesi. «La nostra associazione provvede alla prima accoglienza, poi a chi decide di stabilirsi definitivamente nel territorio offre una serie di servizi di consulenza legale, amministrativa e sanitaria oltre a mettere a disposizione laboratori artigianali, libri, riviste, videocassette in lingua straniera e sostegno per i minori».
L?ospedale modello di padre Pio
Sono due anni che il CtmMovimondo rivolge l?attenzione anche verso i piccoli salentini che hanno problemi con la giustizia e che non possono essere reclusi né rimanere in famiglia. «In tutto ciò», conclude Vinicio Russo, «le istituzioni locali stanno a guardare: dal 1985 il Comune di Lecce ha contribuito alla crescita dell?associazione con un milione e mezzo, la Provincia con venti». Ma se le istituzioni stanno alla finestra, non la gente, soprattutto nella zona di Taranto e Brindisi. Qui opera l?Ant (Associazione nazionale tumori), una realtà fondata dall?oncologo Franco Pennuti, ex primario dell?ospedale Sant?Orsola di Bologna. «Ant», spiega il responsabile Arcangelo Sapio, «in inglese vuol dire formica, ed è proprio come questi piccoli insetti che in tanti raccogliamo un pochino per ciascuno per costruire quel molto che senza ciascuno di noi rimarrebbe niente». Otto medici, due infermieri e ottanta volontari hanno permesso all?Ant di costituire l?ospedale domiciliare oncologico di Taranto, garantendo 24 ore al giorno assistenza medica ai malati di tumore. «Non siamo secondi a nessuno», continua il dottor Sapio. «Le difficoltà ci sono, ma possiamo vantare un notevole sostegno della gente». Il problema è dunque solo la poca attenzione da parte degli enti locali e della Regione, che aveva promesso leggi nuove. Tutto è ancora fermo. Eppure l?Ant va avanti. Un esempio di come il Meridione non sia fatto sempre e solo di assistenzialismo. Come testimonia ampiamente un?altra realtà sanitaria modello della Puglia, la Casa della sofferenza di San Giovanni Rotondo, voluta da padre Pio fin dal 1940 e fondata nel 1956. Oggi conta 2000 dipendenti e ricovera ogni anno oltre 300 mila ammalati. Uno dei più grandi ospedali del Sud, che a differenza di molti altri funziona e, guarda caso, è un ente non profit. ?
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