Non profit

Pillole senza frontiere

La buona cura della società civile

di Carlotta Jesi

Il diritto alla vita nei Paesi poveri oggi costa il 97% in meno di tre anni fa: 1 invece di 27 dollari al giorno. È il prezzo di un cocktail di tre farmaci anti Aids e, allo stesso tempo, il simbolo dei grandi successi ottenuti dalla campagna per l?accesso alle cure essenziali lanciata dalla società civile. Da ong e associazioni che non s?accontentano di aver spinto le aziende farmaceutiche ad abbassare i prezzi, spiega Nicoletta Dentico, direttore di Medici senza frontiere: «Perché il diritto alla salute continua ad avere un prezzo». E perché quel prezzo può raggiungere i 20mila dollari l?anno: il costo, a paziente, del Fuzeon, il primo, in sette anni, nuovo farmaco anti Aids prodotto dalla Roche. Un lusso anche per i sieropositivi occidentali, figuriamoci per quelli dei Paesi poveri alle prese con la mancata applicazione dell?accordo di Doha sull?esportazione di farmaci generici tra i Paesi in via di sviluppo! Accordo che il Wto doveva rendere operativo nel dicembre 2002 e che, invece, ora rischia di essere riscritto a danno dei malati e a beneficio delle multinazionali. Segno che le mobilitazioni della società civile non sono poi così efficaci? Le cose cambiano Le ong, da Oxfam a Medici senza frontiere, sono convinte di no. E anche chi conosce le multinazionali da vicino è pronto a giurare il contrario: «Dall?inizio della campagna per l?accesso ai farmaci, sono cambiate molte cose: le aziende hanno intensificato i rapporti di solidarietà e mi sembra che alcune siano pronte ad accettare una normativa più flessibile sui brevetti», spiega Ivan Cavicchi, docente di sociologia sanitaria alla Sapienza ed ex direttore generale di Farmindustria. Qualche buon effetto della campagna delle ong in Italia? «Un?inversione culturale importante: le aziende investono di più sui farmaci generici e il pubblico li acquista con maggiore serenità». La pensa così anche il direttore di Msf: «I generici rappresentano ancora solo l?1% dei farmaci utilizzati nel nostro Paese, ma la loro defiscalizzazione e il loro maggiore utilizzo dimostrano che è possibile orientare diversamente i consumi ». Il modo per farlo, spiega Nicoletta Dentico, esclude il boicottaggio: «Bisogna essere più creativi, per esempio puntando su partnership tra pubblico e privato come la Drugs for Neglected Disease Initiative (DnDi) lanciata da Msf che mira a produrre farmaci per utenti del Sud del mondo». Fine dei monitoraggi sul comportamento delle multinazionali, dunque? Pessime pressioni No, spiega il presidente di Msf: «Continueremo a denunciare i loro comportamenti poco etici: dai ritardi con cui la Boehringer distribuisce il suo farmaco Viramune in Ucraina, alle pressioni che le aziende americane stanno facendo in seno al Wto per modificare l?accordo di Doha. Ma, allo stesso tempo, siamo pronti a batterci per nuove regole sul commercio dei farmaci». Sulle nuove tecniche con cui continuare la battaglia per il diritto alla salute, Cavicchi ha un suggerimento da dare alle ong: «Entrate in azienda. Per evitare che l?etica sia usata in modo strumentale, come spesso accade, bisogna ridefinire i meccanismi di produzione e incentivare i comportamenti virtuosi. Se fossi un amministratore delegato, la prima cosa che farei è far sedere la società civile nel consiglio di amministrazione. Però non sono sicuro che il mondo farmaceutico sia già pronto a questo salto». Sul cambio di coscienza che anni di battaglie per l?accesso alla salute nel Sud del mondo hanno portato dentro l?universo delle multinazionali, la società civile si è fatta un?idea precisa. «Si è capito più di quanto si voglia ammettere», spiega Nicoletta Dentico, «lo vediamo dalle persone che abbandonano le aziende farmaceutiche per venire a lavorare nel non profit».


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