Cultura

La fiaba gotica della Oates, grande scrittrice

Recensione del libro "Bestie" di Joyce Carol Oates.

di Domenico Stolfi

Gillian Brauer è una studentessa molto dotata del Catamount college, un?istituzione oppressiva che ricorda gli ?asylum? (carceri, caserme, ospedali) di cui parlava il sociologo Erving Goffman, quei luoghi, cioè, che reificano chi li abita, scarnificando fino all?osso l?esistenza umana. Gillian segue con passione un corso di poesia tenuto dal carismatico professor Andre Harrow, uomo di una malia seduttiva irresistibile. Gillian se ne innamora, attratta da una sensibilità estetica, da un anticonformismo, da uno stile di vita bohémien che rappresentano raggi di luce nel buio di un ambiente tetro e opprimente. Ad affascinare Gillian è anche l?atteggiamento ribelle della moglie di Harrow, Dorcas, maestosa e luciferina scultrice, impegnata con le sue opere hard a ?épater le bourgeois?. Joyce Carol Oates, una delle più grandi scrittrici americane contemporanee, firma con Bestie (Mondadori, 14 euro), una delle sue opere più intense ed enigmatiche. Una fiaba gotica narrata in prima persona da Gillian, uno di quei personaggi letterari che si dimenticano difficilmente per la capacità che hanno di insinuare un dubbio doloroso ma fecondo nella mente del lettore, avvertendolo che il bene può essere male e viceversa, che l?identità d?un individuo può perdersi nel suo contrario, che esistono effetti senza cause e che, infine, il desiderio e l?avversione si attraggono respingendosi.


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