Cronache russe
Kara-Murza: cara Russia giudica e condanna il tuo passato
Dalla lettera dell'intellettuale russo spedito in Siberia e condannato a 25 anni: “Affinché il male non ritorni, esso deve essere compreso, condannato e punito pubblicamente e a livello istituzionale, in modo che né l'ideologia alla base del precedente regime, né le strutture e gli individui che ne hanno attuato le politiche repressive possano influenzare unaa giovane democrazia”
Vladimir Kara-Murza, alla vigilia del suo compleanno, è stato trasferito in un carcere di massima sicurezza in Siberia, per 25 anni o più precisamente finché Putin sarà vivo. Dopo che il tribunale di Mosca ha respinto il suo appello e dopo essere stato rinchiuso, appena arrivato in prigione, in cella di punizione. Una sentenza così dura e un trattamento così crudele possono essere spiegati solo dal fatto che il potere ha paura. Ha paura di questo intellettuale di 42 anni che, pur sapendo che avrebbe potuto essere arrestato, è tornato in Russia dagli Stati Uniti, perché è un vero patriota che ama la sua Patria e crede che il suo posto sia con coloro che sono già stati ingiustamente condannati a lunghe pene e soffrono in prigione.
Il 5 settembre, poche settimane prima della decisione del suo trasferimento in Siberia, Vladimir Kara-Murza ha pubblicato sul sito web “Eho Moskvy” un articolo intitolato “Uccidere il drago”, in risposta alla lettera “La mia paura e il mio odio” del suo amico e alleato Alexej Navalny, condannato a 19 anni. Nella lettera Navalnyj racconta il proprio odio e denuncia la connivenza con il potere anche delle forze liberali e dell’opposizione, e definisce “affaristi” i riformatori, guidati da Eltsin, la figlia di Eltsin Tatyana e suo marito, ex capo dell’amministrazione presidenziale Valentin Yumashev, Anatoly Chubais, gli oligarchi e molti altri, e li accusa di avere realizzato le privatizzazioni in modo non corretto e soprattutto, manipolando le elezioni e le istituzioni democratiche, di avere messo al potere in tutto il paese ex ufficiali del KGB. Questo articolo ha creato grande scandalo nell’opposizione russa, ma poi si è pensato che Navalnyj è in prigione, e non può essere di conseguenza criticato. E così molti pensano che con lui ci si debba comportare come con i defunti: o se ne parla bene, o si tace.
Un’importante lettera di Kara-Murza
Personalmente penso, forse in modo più pacato, che Navalny abbia ragione nel dire che tutto ciò che è accaduto sia negli anni ’90 che negli anni 2000 si è svolto senza un coinvolgimento reale ed educativo delle persone nel processo di governo dello Stato. Al contrario, sfruttando le condizioni di vita insopportabili create proprio dai riformatori negli anni ’90, con la demolizione del modello economico sovietico e la nascita di nuove relazioni economiche molto simili al Far West, i riformatori stessi hanno deliberatamente perseguito una politica mirata ad estraniare il popolo dalla possibilità di influire sui processi politici nel paese. Ciò ha creato una condizione favorevole perché Putin e il suo entourage potessero impossessarsi di tutte le leve del potere.
Navalny scrive che gli eventi che si sono susseguiti, il colpo di stato del 1993, la nuova costituzione che ha consolidato la natura autoritaria dell’istituto presidenziale, il fallimento della riforma del sistema giudiziario, quanto fatto dei media “indipendenti” per truccare l’elezione del presidente Eltsin per un secondo mandato nel 1996, hanno portato all’attuale catastrofica situazione dello Stato e della società civile.
Parlando del proprio odio per tutti coloro che hanno costruito la Russia fino alla guerra con l’Ucraina, Navalny avverte che non bisogna perdere l’opportunità storica, la “finestra delle possibilità” che presto si aprirà.
Ma ecco cosa scrive Kara-Murza in risposta a Navalnyj:
“È ingiusto accusare i leader della Russia democratica degli anni ’90 di aver sprecato un’occasione storica unica. L’occasione storica in realtà è stata sprecata molto prima degli eventi di cui scrive Alexey… Le “finestre delle possibilità” che portano a cambiamenti rivoluzionari sono generalmente molto piccole e si chiudono molto rapidamente. Il nuovo governo aveva solo pochi mesi, o nel migliore dei casi un anno, per dare una svolta decisiva al passato totalitario e impedire che esso si prenda la rivincita.
Fu questa l’occasione che la squadra di Eltsin perse in quei mesi decisivi del 1991-1992, quando ogni giorno valeva oro. Una società che aveva attraversato il trauma di una dittatura brutale, una massiccia repressione interna e guerre esterne aggressive, vivendo per decenni in condizioni di totale menzogna e di deliberata distorsione dei normali valori umani, aveva bisogno, prima di tutto, di pulizia morale. Questo è il percorso che – sotto forme diverse, ma contenuti identici – hanno percorso diversi paesi nella storia moderna… Affinché il male non ritorni, esso deve essere compreso, condannato e punito pubblicamente e a livello istituzionale, in modo che né l’ideologia alla base del precedente regime, né le strutture e gli individui che ne hanno attuato le politiche repressive possano influenzare la giovane democrazia, soprattutto nei primi, più importanti anni della sua formazione…
Pochi giorni dopo gli eventi del colpo di stato dell’agosto 1991, in una manifestazione presso il monumento a Mayakovsky, Vladimir Bukovsky, scrittore, prigioniero politico e tra i fondatori del movimento democratico in URSS, pronunciò parole che si rivelarono profetiche: “Non dobbiamo illuderci: il drago non è ancora distrutto. È ferito a morte, la sua schiena è stata spezzata, ma tiene ancora nei suoi artigli anime umane e interi paesi”. Nel corso dell’anno successivo, Bukovsky e molti altri leader democratici più lungimiranti – tra cui Galina Starovoitova, deputata del popolo russo e consigliere del presidente Eltsin – convinsero la leadership russa a “uccidere il drago”: aprire gli archivi del PCUS Centrale (il comitato centrale del Partito Comunista) e del KGB, rendere pubblici i documenti sui crimini del regime sovietico e sui suoi organi punitivi, condannare questi crimini a livello statale e assicurare così che le persone colpevoli di questi crimini non potessero decidere il destino del nuova Russia.
Come sappiamo, non ha funzionato. Eltsin non era pronto a rompere definitivamente con il passato sovietico; i leader occidentali, temendo di trovare molte informazioni interessanti su se stessi negli archivi di Mosca, fecero pressioni su Eltsin affinché non li rendesse accessibili; Il Consiglio Supremo non prese nemmeno in considerazione il disegno di legge della Starovoytova e la Corte Costituzionale prese una decisione di compromesso, eludendo la questione principale: valutare l’illegittimità delle attività dello stesso PCUS (con l’assurdo pretesto che non esisteva più)… Gli archivi rimasero dunque per lo più chiusi. Il KGB se la cavò nemmeno con una ristrutturazione estetica, ma solo con la riprogettazione della facciata. “E’ come con un animale ferito: se non lo finisci, ti attaccherà”, avvertì Bukovsky l’entourage di Eltsin, lasciando Mosca dopo il fallimento dei suoi tentativi. I crimini mostruosi del sistema sovietico e dei suoi organi punitivi (il KGB) non hanno mai ricevuto un giudizio né morale né legale da parte dello Stato russo. Non abbiamo il diritto di ripetere questo errore la prossima volta che si aprirà la “finestra delle possibilità”. Tutti gli archivi devono essere aperti e resi pubblici. Tutti i crimini commessi sia dal regime sovietico che da quello di Putin devono ricevere un adeguato giudizio a livello statale. Tutte le strutture coinvolte in questi crimini – in primis l’FSB – devono essere liquidate e le persone che hanno commesso questi crimini devono essere ritenute responsabili davanti alla legge. Coloro che hanno favorito le politiche repressive devono essere interdetti dalle cariche pubbliche – e questa non è una “caccia alle streghe” (come certamente diranno), ma una difesa necessaria contro una nuova svolta autoritaria. E lo dico separatamente, anche se è ovvio: per indagare sui crimini di guerra e contro l’umanità commessi dal regime di Putin durante l’aggressione contro l’Ucraina, è necessario creare un Tribunale internazionale (sul modello di quelli dell’ex Jugoslavia e del Ruanda), cui dovranno essere riferiti tutti i sospettati, a prescindere dal loro grado e dalla loro posizione”, scrive Vladimir Kara-Murza.
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Perché questa lettera mi sembra più importante di quella di Navalny? Perché introduce la categoria morale del male, che deve essere condannato pubblicamente per aprire la strada al pentimento e all’accettazione della responsabilità per i crimini del passato e del presente, per lo Stato e le persone.
Ecco come conclude la sua lettera Vladimir Kara-Murza, “solo così – dopo avere pienamente compreso e condannato questi crimini – la Russia potrà liberarsi davvero dal peso del passato e procedere verso la creazione di uno Stato libero e moderno basato sul diritto e sui valori umani universali”.
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