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Iraq: Andreotti, forse no vincitori in campagna 2003

In un editoriale che comparira' sul mensile '30Giorni' in edicola la prossima settimana, il senatore a vita Giulio Andreotti mette in evidenza le difficolta' del dopo-conflitto in Iraq

di Paolo Manzo

Lo spiegamento di forze in Iraq ”e’ talmente impari che gli anglo-americani non potranno non vincere”. Ma e’ il ”dopo” l’incognita. ”La regola della rapidita’ nel distruggere e della lentezza nel ricostruire e’ inesorabile”, e ”forse, alla resa dei conti, nessuno uscira’ vincitore dalla campagna del 2003”. In un editoriale che comparira’ sul mensile ’30Giorni’ in edicola la prossima settimana, il senatore a vita Giulio Andreotti mette in evidenza le difficolta’ del dopo-conflitto in Iraq. L’ex presidente del Consiglio pone una serie di interrogativi. ”Potra’ rianimarsi l’Onu o dovranno cercarsi altre formule di cooperazione mondiale? Si passera’ sopra alle dichiarate accuse di Stati-canaglia estese ad altri Paesi dell’area, oppure -si chiede ancora Andreotti- si avranno nuove guerre anglo-americane? Quale ordinamento interno reggera’ l’Iraq, dato che non si possono ripristinare vecchie formule democratiche perche’ non esistono? E i politici, iracheni e stranieri, potranno mantenere il controllo o il mondo degli affari prendera’ il monopolio?”. Nel lungo editoriale dedicato alla ‘campagna del 2003′, Andreotti afferma che su Saddam la ”valutazione negativa e’ pressocche’ generale”. Ma evidenzia anche che ”fino al ’90” il rais ”godeva di ampie simpatie non solo occidentali”, per essere ”sceso in campo contro l’Iran di Khomeini”, il che ”gli conferiva un ruolo di benemerito”. E anche una volta finita la guerra, ”continuo’ a godere di concrete simpatie”. L’ex premier ricorda anche che nel ’78 conobbe Saddam, il quale in quell’occasione auspico’ una ”normalizzazione” del rapporto con gli Usa. Poi, Andreotti affronta il capitolo della guerra del Golfo, nel ’91. Fu ”rapidissima”, scrive, e lascio’ aperto un quesito ”tuttora di attualita”’: ”Perche’ gli iracheni sconfitti non furono inseguiti occupando Baghdad e provocando la crisi del regime?”. Si chiede ancora Andreotti: ”E’ vero che furono gli alleati ad impedire la marcia su Baghdad? In verita’ e’ cosi’ -sostiene- a cominciare dalla fortissima posizione del presidente Mitterand. Ma nel nostro piccolo anche noi avevamo ottenuto l’adesione del Parlamento per restituire il Kuwait all’Emiro e non altro”. Da allora pero’, ricorda ancora Andreotti, ”non sono mancati tentativi di defenestrare Saddam”. E ora? Se dopo l’11 settembre gli Usa avessero reagito ”all’impazzata”, sarebbe stato ”irresponsabile”, osserva, ma ”forse avrebbe scaricato una drammatica tensione”. Invece, e’ ”relativo” il successo politico della guerra in Afghanistan, visto che ”il regime talebano e’ caduto, ma Bin Laden non si trova e, al di fuori della capitale Kabul, la situazione e’ instabile”. E, ora che ”si e’ aperta la caccia al tiranno iracheno”, non puo’ non preoccupare il ”dopo”.

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