Mondo

Giovani inviati crescono. Quei bimbi in fuga dai bordelli

Chiara Ludovisi vince il concorso di Terre des hommes per giovani giornalisti. In premio un viaggio in bangladesh. Ecco il suo reportage.

di Redazione

Un paio di amici, prima della mia partenza: “Parti? Dove vai?”. “Ho vinto un concorso. Vado per una settimana in Bangladesh”. “Che bello, in Bangladesh! È in Africa, no??”. Una donna, una madre, nel bordello di Jessore, un villaggio del Bangladesh occidentale: “Hai dei figli?”. “Non ancora”. “Ma ne vorresti?”. “Sì, certamente”. “Allora, perché non prendi lui?”. Seria, con gli occhi pieni di speranza, mi offre tranquillamente suo figlio, che accanto a lei segue incuriosito e inconsapevole la conversazione. Il Bangladesh si svela già all?aeroporto di Dakha, a 12 ore da Roma. Una realtà difficile da immaginare, per quanto si possa cercare di documentarsi, prima di partire. Il frastuono dei rickshaw, il traffico impossibile, la povertà, la folla che sfila senza meta lungo le strade, inventando i mestieri più strani e le strategie più ingegnose per sopravvivere alla fame, al clima ostile e alla miseria. Soprattutto, non avevo immaginato che potesse esistere una realtà come quella dei bordelli di Jessore. Un vero e proprio microcosmo, con le sue regole, le sue gerarchie, i suoi orari, i suoi suoni, le sue tradizioni, i suoi costumi, i suoi colori, soprattutto i suoi abitanti: clienti dallo sguardo spento e il passo lento e stanco, prostitute dai volti giovani e allegri, i sorrisi vivaci, le voci squillanti, donne ospitali, accoglienti, affettuose. Non sono stranieri, i clienti del bordello. Sarebbe troppo pericoloso, soprattutto a causa delle condizioni igieniche inimmaginabili, che scoraggiano i più perversi istinti di eventuali turisti del sesso. Il turismo, d?altronde, in Bangladesh deve ancora arrivare. Un Paese ancora sconosciuto, difficile da localizzare; lo straniero è una rarità, un?eccezione, una meraviglia. I clienti delle prostitute, qui, sono piuttosto gli abitanti dei villaggi, gente povera, che con poche taka si concede qualche ora di lussuria, tra le baracche e i vicoli insalubri del rumoroso bordello. I protettori, invece, sono per lo più personaggi potenti, non raramente autorità politiche, che lucrano su questo traffico illegale e immorale. I boss di Jessore hanno fiutato il business del turismo sessuale internazionale e, sempre più spesso, comprano i figli delle prostitute più deboli economicamente, per rivenderli ai loro compari che gestiscono i bordelli nepalesi e tailandesi. Fino a pochi mesi fa il bordello di Jessore era pieno di bambine e bambini. Figli e figlie di prostitute. Non solo. Anche bambine prostitute: ufficialmente, la prostituzione in Bangladesh è illegale fino al compimento dei 18 anni; in pratica, tra le ?WIP? (Women In Prostitution) che mi hanno accolto cordialmente mentre visitavo i bordelli di Jessore, alcune non avranno avuto 14 anni. Il bordello, per i bambini, è la negazione del loro bisogno più naturale: l?affetto di una famiglia e delle cure di una madre. Ma una madre disposta a lasciare suo figlio a una sconosciuta, a rinunciare a lui per tutta la vita, è il segno più evidente di un?umanità dilaniata e sfigurata dalla rassegnazione. Un bambino o una bambina che vivono in un bordello, aspettando fuori dalla baracca, o sotto il letto, mentre la mamma riceve i suoi clienti; che non possono uscire per le strade, perché la società li rifiuta; che non possono ricevere un?istruzione di base, perché la scuola non li accetta; che devono rinunciare alla possibilità di scegliere un futuro diverso dal loro passato e dal loro presente: tutto ciò costituisce per il Paese e per le sue possibilità una minaccia gravissima. Ben radicato in questa realtà, consapevole di tutte queste condizioni, nasce e cresce il progetto di Terre des Hommes e Aparayeo Bangladesh: portare i bambini fuori dai bordelli, offrire loro un luogo sano in cui vivere e crescere, un ?microcosmo? diverso, con le sue regole e la sua disciplina, con i suoi orari e le sue attività: la scuola, l?orto, il laboratorio artigianale, la sartoria… E, soprattutto, imparare a non cadere nelle grinfie dei commercianti di esseri umani. Così, oggi i figli delle prostitute vivono, a pochi passi dai bordelli di Jessore, nel ?Drop-in centre?: qui, dopo aver appreso, grazie alla pazienza e alla disponibilità di maestre motivate ed entusiaste, le norme di condotta fondamentali, ora imparano a leggere e scrivere, a esprimersi correttamente nella loro lingua e in inglese, a curare l?orto, a confezionare vestiti tradizionali, a cantare e ballare e a svolgere diverse attività artigianali; qui apprendono, infine, i loro diritti e scoprono quello fondamentale: il diritto di scegliere il proprio futuro. Le loro mamme, che possono incontrare quando vogliono, ricevono intanto l?assistenza sanitaria, legale e sociale di cui hanno bisogno, grazie al lavoro che alcuni membri dell?équipe locale svolgono all?interno del bordello. Il 28 febbraio è stato un giorno importante: a Jessore si è svolto il Children Congress. Tutti i bambini del villaggio, quelli più ricchi e quelli più poveri, si sono riuniti per presentare, di fronte a genitori, insegnanti e autorità politiche, un documento comune, nel quale avevano evidenziato obiettivi, problemi e possibili soluzioni rispetto alla condizione dell?infanzia nel loro Paese. Ho riconosciuto i volti dei bimbi del Centro, quelli che fino a pochi mesi prima vivevano nel bordello: ora, di fronte a una platea affollatissima, senza difficoltà né imbarazzo salivano sul palco per esporre il proprio punto di vista, o per esibirsi in canti e danze tradizionali, mostrando a tutti le proprie capacità e la propria volontà. Su quel palco hanno affermato di essere soggetti politici, cittadini sovrani, com?è giusto che sia. Tutti insieme, per scrollarsi di dosso la rassegnazione e la miseria che hanno conosciuto fino ad oggi e per affermare il diritto a un futuro diverso che oggi stanno iniziando a costruire. Chiara Ludovisi


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