Guerra

I bambini ucraini: ci sentiamo al sicuro nei Paesi che ci hanno accolto

Save the Children pubblica il rapporto “Esperienze, bisogni e aspirazioni di bambini, adolescenti e caregiver sfollati dall'Ucraina” sulla base di un sondaggio a quasi 15.300 rifugiati che vivono in 24 Paesi europei

di Redazione

Le bambine, i bambini e gli adolescenti ucraini rifugiati sentono la mancanza della famiglia, degli amici e dei propri animali domestici e si dicono preoccupati per il proprio futuro e perché non conoscono la lingua locale, ma non vogliono tornare a casa finché non sarà sicuro. È quanto emerge dal nuovo Rapporto di Save the Children e dell’organizzazione partner Impact Initiatives, dal titolo “Esperienze, bisogni e aspirazioni di bambini, adolescenti e caregiver rifugiati sfollati dall’Ucraina”.

Il Rapporto include i risultati di un sondaggio a cui hanno partecipato quasi 15.300 rifugiati adulti che vivono in 24 Paesi europei, e delle consultazioni con 307 bambine, bambini e adolescenti, 115 caregiver, 33 membri della comunità ospitante e 34 fornitori di servizi per l’infanzia in Polonia e Romania.

Dal rapporto emerge che la maggior parte dei bambini e dei caregiver si sente per lo più al sicuro e accolta nei Paesi, ma sente la mancanza della vita in Ucraina. A metà agosto di quest’anno, circa sei milioni di rifugiati ucraini – pari a circa il 14% della popolazione – erano sfollati in Europa.

La separazione dai propri cari influisce sul benessere di molti bambini rifugiati e di coloro che se ne prendono cura. «Vorrei che il nonno e il mio cane fossero qui. Mi mancano anche i miei amici», ha detto Oksana*, che frequenta la scuola secondaria in Polonia.

I bambini hanno raccontato che le loro principali esigenze sono quelle di avere più tempo libero e un migliore accesso alle attività extrascolastiche, soprattutto quelle sportive. «In Ucraina giocavo a calcio e praticavo il karate. Qui non ho queste opportunità», ha raccontato Nataliia*, che studia in una scuola secondaria in Romania.

La maggior parte delle famiglie – circa l’87% – intendeva rimanere per un breve periodo nel luogo in cui si trovava, soprattutto per motivi di sicurezza e per un migliore accesso all’istruzione e la maggior parte di loro prevedeva di tornare in Ucraina quando la situazione della sicurezza lo avrebbe permesso.

Le limitate opportunità di lavoro, unite alla crisi e al costo della vita, stanno avendo un impatto anche sui rifugiati ucraini. Gli intervistati hanno speso il 44% dei loro introiti delle spese mensili in cibo e bevande. «Gli ucraini sono preoccupati di trovare un lavoro. Lo stipendio di papà non è sufficiente per tutta la famiglia e la mamma, ogni giorno, cerca un lavoro, ha già fatto diversi colloqui di lavoro, ma lo stipendio è molto basso», racconta Denys*, alunno della scuola primaria in Romania.

Da quanto emerge nel Rapporto, la maggior parte dei bambini e dei loro adulti di riferimento si sono sentiti accolti dalle comunità ospitanti. «Se avessi un problema, parlerei con qualsiasi vicino della nostra strada: li conosco tutti», dice Ilya*. Tuttavia, alcuni bambini in Romania e in Polonia riferiscono anche di commenti xenofobi e di episodi di bullismo da parte di coetanei e di adulti della comunità ospitante. «Nel tram, un ragazzo parlava ucraino e alcuni polacchi lo hanno fatto scendere dal tram, lo hanno intimidito e gli hanno preso il telefono», ha raccontato Olena*, che frequenta una scuola secondaria in Polonia. Solo il 32% degli intervistati nell’ambito dell’indagine sui 24 Paesi ha dichiarato di frequentare corsi di lingua locale.

«Il rapporto fornisce una visione unica delle esperienze dei minori rifugiati dall’Ucraina. Le bambine, i bambini e gli adolescenti ci dicono che in genere si sentono al sicuro e accolti nelle comunità che li ospitano, ma che devono anche affrontare sfide emotive e pratiche», ha dichiarato Magdalena Rossmann, vicedirettore regionale per lo sviluppo e la qualità dei programmi in Ucraina e per risposta regionale ai rifugiati di Save the Children. «Hanno bisogno di accedere ad attività extrascolastiche, come lo sport e la musica, e di partecipare insieme ai bambini del posto. È fondamentale che i governi ospitanti forniscano un sostegno specializzato alle famiglie di rifugiati a basso reddito, in modo che nessun bambino venga lasciato indietro».

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Viste le sfide che i bambini ucraini e le loro famiglie devono affrontare, i governi, l’Unione europea , la società civile e le organizzazioni umanitarie possono adottare diverse misure per migliorare le loro vite. È importante che tutti coloro che forniscono assistenza, servizi o prendono decisioni relative ai bambini ucraini diano loro lo spazio per esprimere le proprie opinioni su questioni che li riguardano e che tengano conto delle loro opinioni quando prendono decisioni.

Save the Children ha stilato una serie di raccomandazioni per i governi ospitanti: dal supporto legale per i rifugiati, in modo che siano consapevoli dei loro diritti, fino all’inclusione dei bambini nella progettazione delle attività dedicate a loro. Dall’aumento delle attività extrascolastiche all’assistenza sanitaria specializzata, compresi i servizi di salute mentale e di sostegno psicosociale. Allo stesso modo, nel rapporto, ci sono una serie di raccomandazini per la società civile che vanno dall’assicurare la disponibilità di attività ricreative adatte all’età e al genere per sostenere il benessere psicosociale e l’integrazione nella comunità dei rifugiati ucraini fino all’assicurare che i programmi di assistenza in contanti e voucher siano personalizzati per supportare specifiche carenze di reddito. Alcune raccomandazioni anche per l’Unione Europea, tra cui: l’impegno a fornire protezione a tutti i rifugiati fuggiti dal conflitto in Ucraina, senza discriminazioni, per tutto il tempo in cui le ostilità saranno in corso nel Paese e fino a quando non sarà sicuro il ritorno; assicurarsi che i piani d’azione nazionali della Garanzia europea per l’infanzia includano i bambini ucraini, in particolare nei settori dell’istruzione, dell’alloggio e del sostegno alla salute mentale.

*I nomi sono stati cambianti per proteggere l’identità degli intervistati

Foto apertura Anna Spena


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