Cultura & integrazione

Georgina, nei cui sogni non ci sono più bombe

di Rossana Certini

Georgina Mbayed è una giovane siriana arrivata in Italia per laurearsi alla magistrale in Gestione delle risorse umane all’Università degli studi della città Meneghina. Con la sua storia si conclude il viaggio di VITA tra i giovani scappati dalla guerra, dalle persecuzioni e dalla fame che, grazie al sostegno di progetti di cooperazione internazionale, sono arrivati nel nostro Paese per studiare

Georgina Mbayed ha 31 anni e nel 2020 è arrivata dalla Siria nel nostro Paese grazie al corridoio educativo del monastero di Mar Musa, una borsa di studio che consente agli studenti siriani di beneficiare sia di un contributo economico sia di un alloggio in una residenza universitaria.

In Italia ho ricominciato ad apprezzare la vita. Ogni giorno di più la guerra è lontana dai miei pensieri

— Georgina Mbayed

Georgina ha così potuto concludere i due anni di laurea magistrale in Gestione delle risorse umane all’ Università degli studi di Milano e iniziare un tirocinio nella sede italiana della Volkwagen financial services con il ruolo di HR specialist.

Fino a 28 anni ha vissuto ad Aleppo sotto le bombe della guerra civile che, secondo fonti Onu, tra marzo 2011 e agosto 2015 hanno causato in Siria la morte di circa 250mila.

«Avevo 23 anni quando ho terminato gli studi in sociologia nell’università della mia città», racconta, «ho subito cominciato a collaborare con le parrocchie vicino casa su progetti di sostegno psicologico alle persone, soprattutto bambini, traumatizzate dalla guerra. Tutta la popolazione era sottoposta costantemente a stress psicologico dovuto alla paura, alla precarietà e a tutto il dolore che ognuno aveva intornao a sé. Per i bambini, poi, questi traumi sono profondi».

È in questi anni che Georgina viene a conoscenza della borsa di studio della comunità monastica di Mar Musa. Le viene consigliato di partecipare al bando. Vince e arriva a Milano.

Georgina Mbayed con i suoi amici (foto: Vita.it)

«Ho capito il segno profondo che la guerra aveva lasciato in me solo quando sono arrivata in Italia», prosegue, «qui, uscendo con i miei nuovi amici ho ricominciato a fare conversazioni spensierate, programmare serate per mangiare una pizza o fare gite. Ho iniziato, pian piano, a pensare a cose belle. Ad Aleppo da anni parlavo solo di guerra, di persone care morte, di come sopravvivere o della fortuna di essere sopravvissuti a un altro attacco aereo. Discorsi che i ragazzi non dovrebbero mai fare. Qui in Italia ho ricominciato ad apprezzare la vita. E a volte mi stupisco perché i ricordi della guerra cominciano a non abitare più la mia mente».

L’Ateneo milanese ha attivato il primo corridoio educativo attraverso l’intermediazione del monastero di Mar Musa nell’anno accademico 2019/2020. Da allora ha accolto una decina di studenti. L’attuazione del progetto si avvale della collaborazione della Diaconia valdese, che mette a disposizione un educatore professionale dedicato agli studenti che arrivano in facoltà.

«In Siria», conclude Georgina, «la situazione è più tranquilla ma l’inflazione è alle stelle e questo rende difficile la vita delle persone che non hanno più nulla per vivere. Sapere che parte della mai famiglia è ancora lì mi preoccupa. Sento di essere stata fortunata. Posso liberamente sognare il mio futuro nel mondo

Nella foto di apertura Georgina Mbayed il giorno della sua laurea (foto: Vita.it)

3 puntata

1 puntata Abdullahi, dal campo profughi alla facoltà di Mario Draghi

2 puntata Storia di Solomon, che voleva fare l’urbanista


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