Sostenibilità

Acqua e guerre: l’allarme del Forum di Firenze

Un articolo di Damiano Rizzi (Soleterre) e Simona Mori (Mlfm) dal Forum Alternativo Mondiale dell’Acqua

di Redazione

Il 21 e il 22 marzo si è tenuto a Firenze il primo Forum Alternativo Mondiale dell?Acqua, in cui ancora una volta sono stati espressi i concetti fondamentali già enunciati nel Manifesto dell?Acqua che si fonda su quattro idee chiave: – fonte insostituibile di vita, considerata un bene comune, patrimonio dell?umanità e degli organismi viventi; – l?accesso all?acqua, potabile in particolare, è un diritto umano e sociale imprescrittibile che deve essere garantito a tutti gli esseri umani indipendentemente da razza, sesso, classe, reddito, nazionalità, religione, disponibilità locale d?acqua dolce; – la copertura finanziaria dei costi necessari per garantire l?accesso all?acqua effettivo di tutti gli esseri umani all?acqua, nella quantità e qualità sufficienti alla vita, deve essere a carico della collettività. Lo stesso vale per la gestione dei servizi d?acqua (pompaggio, distribuzione e trattamento); – la gestione della proprietà e dei servizi è una questione di democrazia. Essa è fondamentalmente un affare dei cittadini e non (solo) dei distributori e dei consumatori. Fatta questa premessa, assolutamente non scontata, ciò che è emerso al Forum può essere riassunto nelle parole di Riccardo Petrella, coordinatore dell?inziativa: ?La disponibilità d?acqua è diminuita negli ultimi 50 anni di tre quarti in Africa e di due terzi in Asia. E? inevitabile che nei prossimi anni si comincierà a combattere per l?oro blu. Dobbiamo uscire da questo vicolo cieco?. A seguire, la stessa Danielle Mitterand, moglie dello scomparso Presidente francese e fondatrice dell?associazione France Libertés, denuncia che già in Iraq si combatte per il controllo dei rubinetti del Medioriente. Il Paese, attraversato dal Tigri e dall?Eufrate, ha enormi disponibilità d?acqua; il suo controllo implicherebbe, oltre che un accesso diretto al Golfo Persico, anche mano libera nella zona del Kurdistan Irakeno dove si concentrano le maggiori fonti idriche. Si spega così perché l?Iraq abbia sottratto il controllo del territorio alle comunità curde, perché dopo il trattato di pace del 1975 Iraq e Iran abbiano esercitato il loro potere sul bacino creato dal Tigri e dall?Eufrate e perché la Turchia abbia moltiplicato gli attacchi, avendo bisogno di nuove falde per il suo sviluppo industriale. Certo è che il caso dell?Iraq è solo uno dei molti esempi che si possono citare. Da non dimenticare le guerre per il controllo delle acque del Giordano fra Israele, Palestina, Giordania e Siria, delle acque del Rio Grande, fonte di contenziosi tra Stati Uniti e Messico o delle acque del Mekong contese e ?proprietà? di Vietnam, Cambogia, Thailandia, Laos, Mianmar e Cina. Il problema è grave e non è decisamente sufficiente porsi l?ipotetico obiettivo di assicurare entro chissà quale data del ventunesimo secolo la garanzia di facilitare l?accesso all?acqua potabile ad almeno metà della popolazione mondiale. Perché ciò accada, deve essere avviata una guerra culturale e politica che miri ad una giustizia nell?uso delle acque e dei bacini idrografici che uniscono i vari popoli. Emerge, così, quasi fosse una costante, il bisogno di formazione a partire dalla scuola. Bisogna premere perché davvero l?acqua venga percepiata come bene comune: l?acqua non è di nessuno in particolare (stato o singolo individuo che sia). Chi ne abusa deviandone il corso naturale o inquinandola o impedendone il suo accesso ad altri commette un reato. Bisogna, inoltre, educare alla buona gestione del bene e alla forte limitazione degli sprechi: l?Italia è leader in Europa per lo spreco delle risorse idriche, insieme a Spagna e Belgio. Il nostro paese è il secondo stato al mondo che usa più acqua per usi domestici (73mc pro capite all?anno), preceduta da Finlandia e seguita da Spagna, Portogallo e Grecia. Bisogna far comprendere che i fiumi non sono una risorsa da sfruttare a livello economico da parte di pochi (si pensi alla diffusione incontrollata di piccole centraline idroelettriche o al proliferare delle cave di ghiaia). Tutti questi ?bisogna? si fanno sentire in maniera prepotente. Ma come muoversi se le istituzioni sopranazionali, se la Banca Mondiale, il Fondo Monetario, il WTO con i suoi accordi commerciali, applicano per primi i paradigmi del liberismo economico dell?acqua, vissuta come merce e non più come diritto e sottoposta quindi alle normali leggi del mercato? Come far fronte al nuovo modello di privatizzazione della gestione dell?insieme dei servizi d?acqua, denominato ?P.P.P.? (Partenariato Pubblico-Privato)? Alcune risposte sono state date al forum di Firenze: realizzare un P.P.P. (Partenariato Pubblico-Pubblico) in cui venga a concretizzarsi un servizio pubblico democratico e partecipativo sia a livello locale che mondiale, arrestare la mercificazione e la privatizzazione dell?acqua, combattere il rischio della desertificazione, tutelare e salvaguardare la biodiversità degli ambienti, sostenere un sistema produttivo meno idroesigente, mettere in atto di un sistema pubblico di finanziamento degli investimenti necessari per garantire il diritto all?accesso all?acqua. La svolta deve avvenire in tempi molto brevi. Il 2025 è vicino e i 5,5 miliardi di persone che rischieranno di non poter aver accesso all?acqua potabile sono una cifra davvero enorme. Siamo disposti ad accettare tutto questo? Crediamo proprio di no! Simona Mori ? Movimento per la Lotta contro la Fame nel Mondo www.movimentolodi.it Damiano Rizzi ? Soleterre – Strategie di Pace www.soleterre.it


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