Famiglia

Esce la prima biografia su Lula. Corri, Brasile, corri

Il famoso compositore-cantante bahiano, neoministro della cultura, ha scritto l’introduzione del libro Lula, il presidente dei poveri. In esclusiva Vita ne pubblica un estratto

di Paolo Manzo

Lula, il presidente dei poveri (Editrice Baldini & Castoldi, 11,90 euro) è uscito il 25 marzo. L?autore è Paolo Manzo, redattore di Vita, che conosce approfonditamente il continente sudamericano e in particolare il Brasile. Grazie ai contatti stabiliti durante i suoi numerosi viaggi, Manzo ha potuto ricostruire una biografia suggestiva e inedita dell?uomo nuovo che potrebbe cambiare il destino di quel grande Paese. Dopo un capitolo che inframmezza alla vita di Lula gli stralci più significativi del suo intervento durante la cerimonia d?insediamento, il libro analizza i primi mesi di governo. A corredo tre interviste: all?amico Frei Betto, all?economista Celso Furtado e al leader dei Sem Terra, João Pedro Stédile. L?introduzione (di cui segue un estratto) è del ministro della Cultura, il cantautore Gilberto Gil. Il Brasile di Lula L?elezione di Lula è stata la manifestazione più eloquente della necessità di un rapido cambiamento… Io, come ministro della Cultura, interpreto così il segnale che hanno dato i brasiliani, attraverso la consacrazione popolare di Lula, un lavoratore, un uomo profondo, semplice e che parla chiaro. Un brasiliano identificato da ognuno di noi come un suo pari, come un suo compagno. Proprio per questa voglia di cambiamento capisco la volontà del presidente Lula di nominarmi ministro della Cultura. La mia è stata una scelta pratica ma anche simbolica. Perché sono uno che s?è impegnato per il sogno di una generazione, per cambiare il Brasile, sono un bahiano meticcio impegnato nei movimenti della sua gente? Compiti dello Stato e cultura Non è compito dello Stato fare cultura, ma offrire le condizioni necessarie per la creazione e la produzione di beni culturali. Perché l?accesso alla cultura è un diritto fondamentale di cittadinanza. Proprio come il diritto all?educazione, alla salute e alla vita in un ambiente salutare. Perché investendo nella creatività, prenderemo un?iniziativa dalle conseguenze imprevedibili, ma di certo brillanti dal momento che la creatività popolare brasiliana è sempre stata superiore alle condizioni educative, sociali ed economiche del Paese? Lo Stato non deve scaricarsi dalle spalle la responsabilità della formulazione e dell?esecuzione di politiche pubbliche, puntando tutte le sue carte sulle manovre fiscali e lasciando la politica culturale in balia dei capricci del dio mercato. È ovvio che le leggi e i meccanismi degli incentivi fiscali sono di grande importanza. Ma il mercato non è tutto. Non lo sarà mai. Sappiamo molto bene che per la cultura, così come per la salute e l?educazione, è doveroso esaminare e correggere le distorsioni della logica di mercato. Sempre sorretta, in ultima analisi, dalla legge del più forte. Sappiamo che è doveroso andare al di là della visione dell?immediatezza, del breve periodo, delle carenze e dell?ignoranza del mercato. Sappiamo che è doveroso sopperire alle nostre grandi carenze in materia… La violenza e la disuguaglianza Credo che Lula abbia ragione quando dice che l?ondata di violenza che minaccia di distruggere i valori essenziali della formazione del nostro popolo, non debba essere automaticamente attribuita alla povertà. Abbiamo sempre avuto povertà in Brasile. Ma non c?è mai stata tanta violenza come oggi. Questa violenza proviene dalle disuguaglianze sociali?. Nelle ultime decadi il Brasile si è trasformato in uno dei Paesi più diseguali del mondo, ed è lo Stato che ha avuto la peggiore distribuzione dei redditi dell?intero pianeta terra. È questo lo scandalo sociale che spiega la violenza urbana tra noi e che ha persino soppiantato gli antichi valori del banditismo brasiliano. O il Brasile elimina la violenza o la violenza eliminerà il Brasile. Il mio Paese non può continuare a essere sinonimo di processi generosi ma sempre interrotti. O di conquiste, solidali solo a parole. Il Brasile non può continuare a essere, come diceva Oswald de Andrade, un “Paese di schiavi che hanno paura di essere uomini liberi”. Dobbiamo terminare la costruzione del Paese, incorporando i settori esclusi? Il ruolo della cultura, in questo processo, è centrale per contribuire al superamento delle disparità sociali. Puntando sempre sulla piena realizzazione dell?uomo? Un nuovo modello per la pace Dobbiamo sapere quale messaggio il Brasile deve dare al mondo, in quanto esempio di convivenza d?opposti e d?attenzione per il diverso. In un momento in cui a livello planetario si fanno discorsi feroci e si brandiscono stendardi di guerra, siamo perfettamente consapevoli del fatto che le guerre sono mosse, quasi sempre, per interessi economici. Ma non solo. Le guerre nascono anche negli anfratti del fanatismo e dell?intolleranza. E, su questi temi, il Brasile può insegnare molto. Nonostante certi rappresentanti d?istituti internazionali e i loro portavoce che si sforzano d?inserirci in una cornice d?ipocrisia e discordia, tracciando un quadro interessato della nostra gente. Un quadro che a mala pena convince loro stessi. Sì, con la sua realtà sincretica e transculturale, il Brasile ha lezioni da dare sulla pace?


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