Migranti

«Via i salvagenti»: l’ordine disumano alla ong

Mentre riprendono gli sbarchi a Lampedusa, la Ocean Viking di Sos Mediterranee è costretta a raggiungere il porto di Ancona. A Trapani, a bordo della Mare Jonio, della ong Mediterranea, l’ispezione della Guardia Costiera: «Abbiamo ricevuto l'ordine di rimuovere salvagenti, battelli gonfiabili, farmaci e tutto il necessario per salvare vite umane in pericolo», dice l'equipaggio

di Alessandro Puglia

Dopo una pausa di qualche giorno e con il miglioramento delle condizioni climatiche sono ripresi gli arrivi di migranti a Lampedusa. In poco più di un’ora ci sono stati sette sbarchi per un totale di 302 persone, che si aggiungono alle altre 300 arrivate durante la notte. I migranti erano tutti a bordo di barchini in ferro partiti dalla Tunisia, dalle 30 alle 50 persone in ogni singola imbarcazione. Una traversata estremamente pericolosa in mezzi instabili, definiti con l’appellativo di “bare galleggianti” dalla Procura di Agrigento che recentemente in Tunisia ha appurato l’esistenza di mercati illeciti dove queste barche in ferro vengono continuamente realizzate.     

Le poche Ong in questo momento in mare testimoniano la presenza di numerose imbarcazioni in pericolo e la difficoltà della guardia costiera italiana di far fronte a tutte le richieste di soccorso. Stando ai dati raccolti dal progetto Missing Migrants dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni – Oim dall’inizio dell’anno sono 2.335 i migranti morti o dispersi nel Mediterraneo centrale. Sono 116.028 invece i migranti arrivati in Italia all’11 settembre, l’anno scorso nello stesso periodo erano 63.498, quasi la metà.

Nonostante i numeri e il peso degli arrivi che ricade sull’isola di Lampedusa le navi di soccorso della società civile rimangono ostacolate nei salvataggi. L’Ocean Viking con 68 migranti ha infatti avuto assegnato come porto quello di Ancona: «Dista 1560 km, quattro giorni di navigazione mentre c’è un bisogno vitale di mezzi Sar (ricerca e soccorso) nel Mediterraneo. Le partenze sono molte, il rischio di perdere la vita è elevato», scrive la ong internazionale Sos Mediterranee. 

Altre 44 persone, tra cui sei donne e 17 minori sono state soccorse dalla ong SeaPunk che su indicazioni della guardia costiera sta accompagnando i naufraghi verso Lampedusa. Nel porto dell’isola è pronta a riprendere le attività di soccorso la nave Aurora della ong Sea Watch dopo il sequestro dell’imbarcazione per 20 giorni. L’equipaggio, il 21 agosto, dopo un soccorso di migranti, aveva disobbedito al decreto Piantedosi per non aver raggiunto il porto di Trapani e per non essersi coordinata con le autorità marittime tunisine.

Il caso Mediterranea


Ad essere oggetto di un altro “accanimento” amministrativo da parte del governo è stata la nave Mare Jonio della ong Mediterranea che a Trapani è stata sottoposta ad una visita ispettiva da parte delle autorità marittime locali, ispezione iniziata il 22 agosto e terminata il 6 settembre: «è stato ordinato di rimuovere dalla nave prima della partenza le attrezzature e gli equipaggiamenti imbarcati a bordo per lo svolgimento del servizio di salvataggio».

Scrive Mediterranea in un comunicato: «con l’assurdo ordine impartito alla Mare Jonio di sbarcare i dispositivi di soccorso si fa un ulteriore passo nella direzione della disumanità: che senso ha imporre a una nave, che si prepara a navigare nel tratto di mare più pericoloso e mortifero del pianeta – dove oltre 2.300 persone hanno perso la vita dall’inizio dell’anno – di privarsi di salvagente, battelli gonfiabili, farmaci ed equipaggiamenti medicali e quant’altro è necessario per salvare vite umane in pericolo? Questo ordine è per noi semplicemente oltraggioso e inaccettabile, così come la minaccia di conseguenze penali per i nostri armatori. Insieme a tante e tanti altri lo rifiutiamo e da subito contesteremo questo provvedimento in ogni sede». 

La Guardia Costiera nega tutto

La Guardia Costiera con un comunicato stampa ha smentito la ricostruzione della ong italiana: «La commissione ha ritenuto necessario prevedere la rimozione di alcune attrezzature presenti a bordo oggettivamente pericolose per lo svolgimento in sicurezza delle attività richieste: come ad esempio, alcuni container e battelli presenti in coperta, incompatibili con lo svolgimento in sicurezza delle operazioni di rimorchio e di antinquinamento, per le quali la nave è stata certificata. Non è stato richiesto lo sbarco di mezzi individuali di salvataggio né di medicinali».

Ma Mediterranea controreplica con una notazione: «Replichiamo anche con dispiacere, oltre che con disappunto, perché – nonostante il potere politico continui a utilizzare cinicamente pezzi di questo Corpo nella sua insensata guerra contro la solidarietà – la nostra stima e gratitudine nei confronti delle donne e degli uomini della Guardia Costiera italiana, che solo negli ultimi mesi hanno soccorso e sbarcato in Italia almeno 70mila persone, restano immutate».

Nel Mediterraneo centrale sono sempre più numerose le richieste di aiuto di imbarcazioni in pericolo. La guerra alla flotta della società civile è appena ricominciata.

Credit Foto/ Alisha Vaya Sos Mediterranee

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