Volontariato
Al volante da Como all’Ucraina: «Esserci, questa è la risposta»
Hanno già raccolto 80 tonnellate di beni materiali. Li caricano sui furgoni e una volta al mese da Como si mettono al volante: direzione Ucraina. Ventuno le missioni realizzate. «Abbiamo scelto di esporci per esserci. Guardare negli occhi chi invoca giustizia, incarnare la fratellanza prima nell'azione che nel pensiero», dice uno dei volontari
di Nicola Gini
Prinsengracht 263. La prendo larga, per provare a spiegare la mia scelta di entrare in profondità in Ucraina come volontario delle missioni umanitarie organizzate dal gruppo “Frontiere di Pace”, che ha base nella parrocchia di Maccio, in provincia di Como, e coinvolge benefattori su tutto il territorio lariano e non solo. Parto dall’indirizzo della Casa di Anna Frank, ad Amsterdam.
Solo lo scorso 17 agosto ho salito le strette scale del Secret Annex: addentrarsi tra i locali del rifugio, celati dietro una corta libreria di legno, è un viaggio dentro di sé. Un viaggio in cui ritrovare – tutti in una volta – i punti interrogativi che mi inquietano da mesi quando penso alla guerra. Anzi, alle guerre. Come avrei agito se fossi stato lì (dalla parte dei potenti o dei perseguitati)? Avrei condannato o protetto il più debole? Avrei ceduto alla paura o dato prova, almeno per un secondo, di fede resistente?
Sostando davanti alla parete tappezzata di ritagli di giornali dell’epoca, respirando l’annullamento della famiglia Frank, immaginando il banale sgocciolio di un rubinetto accompagnato al rischio di essere scoperti, un tentativo di risposta è emerso. Da una casa sospesa nel tempo – il tempo della Shoah – alle case che oggi la guerra continua a devastare in Ucraina.
Ucraina, terra abbondante e complessa. Terra di conflitto. Terra lontana e, però, vicina. Un pulmino, una giornata di viaggio e la raggiungi. Un po’ di paziente attesa (qualche ora di lenta e macchinosa burocrazia) alla dogana polacca di Budomierz per varcare il confine di un Paese in guerra. Altre 12 ore e riconosci la grande Kharkiv, seconda città più popolosa (quasi un milione e mezzo di abitanti) dell’Ucraina, e i suoi quartieri, come Saltivka, dagli enormi palazzi distrutti. Qualche ora in più e sei già nell’Oblast di Donetsk, nel martoriato Donbass. Si può fare, mi sono detto. Si deve fare, ci siamo detti con i volontari di “Frontiere di Pace”.
Ecco la risposta: agire, incontrare il prossimo in condizioni di precarietà e di oppressione. Condividere luoghi e speranze. Se possibile, dare sollievo. Da un anno e mezzo lo facciamo trasportando in Ucraina aiuti umanitari
Nicola Gini, volontario di “Frontiere di pace”
Ecco la risposta: agire, incontrare il prossimo in condizioni di precarietà e di oppressione, condividere luoghi e speranze. Se possibile, dare sollievo: da un anno e mezzo lo facciamo raccogliendo e trasportando in Ucraina aiuti umanitari. Portiamo cibo, farmaci, prodotti per l’igiene personale, vestiti, libri e giocattoli. Il metodo è focalizzato sulla consegna di beni materiali e, direi soprattutto, sull’esporsi, affiancando chi soffre.
Tra volontari, condividiamo competenze e passioni differenti: da cronista si è aggiunta l’esigenza di registrare testimonianze, nomi e cognomi, volti e storie. Così è stato anche nella mia terza missione, dal 23 agosto al 2 settembre: Lviv, Kharkiv, Izjum, Kramatorsk, Konstantinivka, Lyman, Virnopillia, Studenok, Ivanchukirka, Dovhenke, Kharkiv, Lviv. Anche scendendo e dormendo quattro notti nell’umida cantina del russofono Andri, nella devastata Izjum: è lo stesso sotterraneo dove 60 persone, più cani e gatti in abbondanza, hanno trovato rifugio nei mesi dell’occupazione russa. Occupazione che Andri contesta apertamente, definendo illogica l’invasione su larga scala.
Il metodo è focalizzato sulla consegna di beni materiali e, direi soprattutto, sull’esporsi, affiancando chi soffre. Esserci, ecco la risposta ineludibile. Guardare negli occhi chi invoca giustizia: incarnare fratellanza nell’azione prima che nel pensiero
Nicola Gini
Esserci: a Kramatorsk, Kostantinivka, Lyman e nelle comunità rurali di Virnopilla, Studenok, Dovhenke e Ivanchukirka, camminando tra le macerie di case e scuole distrutte dai bombardamenti, guidando nell’alternarsi di infinite strisce d’asfalto e piste sterrate, contornate da campi minati: qui l’80% dei terreni agricoli è incolto, ormai compromesso.
Esserci, con la popolazione oppressa dalla guerra. Tra il latrare dei cani, il reiterarsi delle sirene e il rumore sordo dei bombardamenti che si propaga dal fronte.
Ecco la risposta, ineludibile: aprire spazi di pace, presagio di libertà. Guardare negli occhi chi invoca giustizia, incarnare fratellanza prima nell’azione che nel pensiero.
Chi siamo
Frontiere di pace è un gruppo di volontari, aggregatisi attorno alla parrocchia Santa Maria Assunta di Maccio in Villa Guardia (Como). Il loro obiettivo è portare cibo e solidarietà alla popolazione ucraina con la loro presenza diretta, sul campo, mettendoci il corpo. Per raccogliere i bisogni reali della popolazione si appoggiano a padre Ihor Boyko, del seminario greco cattolico di Lviv. L’idea è quella di realizzare un viaggio al mese: le missioni umanitarie sono state già 21 e altre due sono in programma tra fine settembre e fine novembre. Sono stati consegnati circa 80mila kg di aiuti umanitari, trasportati con pulmini messi a disposizione dalla parrocchia di Maccio e da altre parrocchie (Albiolo, Caversaccio/Casanova Lanza, Cermenate, Rebbio): Frontiere di Pace infatti organizza missioni in sinergia col coordinamento provinciale di Rebbio, radunato attorno a don Giusto Della Valle. «Puntiamo molto sul collegamento tra chiese “sorelle”: le nostre comunità e la nostra diocesi e le chiese greco cattoliche ucraine», dice Gini.
Tra i progetti realizzati, anche il rifacimento del tetto di una piccola abitazione di una famiglia a Kharkiv. Tre i progetti in corso: riqualificazione della sala bambini nella biblioteca comunale di Izjum, appoggiando il progetto del Claun Pimpa, che ha già partecipato ad alcune missioni; sostegno all’ospedale di Izjum con l’acquisto di un macchinario per il reparto di oftalmologia (la sala operatoria e i macchinari sono stati distrutti dai bombardamenti); ristrutturazione della chiesa del Santo martire Juri a Izjum, per i quali sono già stati stanziati 4mila euro da una donazione di Caritas diocesana di Como. Info su https://www.facebook.com/frontieredipace.
Al volontariato, nelle sue nuove forme, è dedicato il numero di settembre di VITA, dal titolo “Volontario, dove sei?”. Lo trovate qui.
Tutte le foto dell’articolo sono di Nicola Gini, giornalista e volontario di “Frontiere di pace”
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