Famiglia

Femminicidio di Marisa Leo, in Sicilia un progetto si prende cura di questi orfani

Ieri il fratello di Marisa Leo, uccisa dal marito che poi si è suicidato, ha detto: «Crescerò la mia nipotina come fossi suo padre. Aiutatemi a dirle la verità». Alla bimba, di quattro anni, hanno raccontato che la mamma è via per lavoro. In Sicilia, però, è attivo un progetto che ha l’obiettivo di farsi carico degli orfani e delle loro famiglie. Si chiama Re.S.P.I.R.O. ed è uno dei quattro progetti selezionati da Con i Bambini

di Sabina Pignataro

Cosa succede solitamente ai figli delle donne ammazzate? Nulla, vengono dimenticati. Da un anno, quattro progetti nazionali finanziati da Con i Bambini puntano a modificare questa situazione.

Ieri il fratello di Marisa Leo, uccisa dal marito che poi si è suicidato, ha detto: «Crescerò la mia nipotina come fossi suo padre. Aiutatemi a dirle la verità». Alla bimba, di quattro anni, hanno raccontato che la mamma è via per lavoro.  

In Sicilia, però, è attivo un progetto che ha l’obiettivo di farsi carico degli orfani e delle loro famiglie. Si chiama Re.S.P.I.R.O. ed è uno dei quattro progetti selezionati dall’impresa sociale Con i Bambini (è attivo anche in Campania, Calabria, Basilicata, Puglia e Sardegna). In un anno di attività ha “intercettato” circa 200 orfani speciali e ne ha presi in carico 62.
(Per contattare la cooperativa “Irene ‘95”: direzione@progettorespiro.org · tel. 0818416349)

Lo Stato italiano è inadeguato nella tutela delle donne che denunciano

Marisa Leo,  direttrice della comunicazione delle cantine “Colomba bianca”, una cooperativa di LegaCoop,  un anno prima aveva denunciato il suo ex per stalking e per violazione degli obblighi di assistenza familiare.
Nel 2002, la Corte Edu, Corte Europea Dei Diritti Dell’uomo, aveva scritto in una sentenza che «Lo Stato italiano è inadeguato nella tutela delle donne che denunciano». (qui l’articolo)
Anche Giordana Di Stefano è stata uccisa nel 2015 a Nicolosi (Catania) dall’ex fidanzato e padre di sua  figlia con 48 coltellate, quando aveva solo 20 anni. Il giorno dopo il suo femminicidio si sarebbe dovuta tenere l’udienza per stalking in cui era imputato l’ex fidanzato Antonio Luca Priolo.

Come funziona

La presa in carico, chiarisce il responsabile Fedele Salvatore, strutturata territorialmente in nove équipes multidisciplinari, si è concretizzata nelle diverse forme delle azioni e attività previste dal progetto: percorsi psicoterapeutici per orfani e loro caregiver, laboratori scolastici con le loro classi e i loro insegnanti, sostegno e accompagnamento psicologico per tutto il sistema parentale e, in generale, dei caregiver,  accompagnamento educativo degli affidatari, doti educative per la fruizione di beni e servizi educativi, accompagnamento dei caregiver nei complessi meandri delle procedure burocratiche per la fruizione dei benefici previsti dalla normativa e nelle pratiche legali inerenti la condizione degli orfani, costituzione di piccole “reti di prossimità” intorno ai bisogni degli orfani».

Pronto soccorso immediato

Re.S.P.I.R.O prevede l’attivazione di un “Pronto Soccorso Psicosociale”, con un referente del progetto che – allertato dai servizi sociali, dalle Prefetture o dalle Asl – si trasferisce sul posto immediatamente e fa da raccordo tra i servizi. Il modello è quello già sperimentato dal Progetto Giada dell’Azienda Ospedaliera Giovanni XXIII di Bari, uno dei 16 partner.

Priorità agli orfani

Come VITA raccontava nell’istant book “A Braccia aperte. Un faro acceso sui figli delle vittime di femminicidio” (si scarica gratuitamente da qui), «spesso quando si verifica un femminicidio, le figlie e i figli delle vittime vengono trascurati come se fossero figurine di contorno, lo scialbo fondale di un palcoscenico troppo affollato. Eppure sono bambini e ragazzi gravemente lacerati e traumatizzati: non è raro che vengano trovati dalle forze dell’ordine accanto al cadavere della madre e anche quando questo non accade, molto spesso hanno assistito direttamente ai maltrattamenti precedenti oppure hanno visto con ferocia tavoli e sedie volare per casa. Una moltitudine di persone il cui destino e i cui drammi finiscono dentro un cono d’ombra (o peggio nella bacheca degli impicci) non appena le sirene della polizia tacciono e i riflettori dei media si spengono».

Nadia Teresa Muscialini, psicoterapeuta che da vent’anni si occupa di questi orfani e che è stata la responsabile di Soccorso Rosa, centro antiviolenza dell’ospedale San Carlo Borromeo di Milano, aveva raccontato come «spesso ci si preoccupa di attivare immediatamente la polizia, la scientifica, i tribunali, di informare la stampa… ma ci si dimentica di chiamare un terapeuta che accolga e parli con i figli e con i familiari e spieghi loro, con un linguaggio consono all’età, ciò che è accaduto».

Davanti a questi episodi, «un intervento tempestivo e qualificato è doveroso: prima si avvia la presa in carico degli orfani, maggiore sarà la possibilità che l’esperienza drammatica non pregiudichi interamente il futuro di questi orfani», sottolinea Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza.

Dite ai bambini la verità, portateli al funerale

Purtroppo, però, nella quotidianità le cose vanno diversamente.
«A volte i figli apprendono della morte della madre dagli organi di informazione, altre volte la notizia viene loro comunicata dai familiari, loro stessi sconvolti. A volte ai più piccoli viene nascosta la verità, ritenendo, erroneamente, che questo possa proteggerli. Tanti bambini così si ritrovano a vivere all’improvviso in una famiglia monca e colma di silenzi: invece è molto importante che ai piccoli, così come ai grandi, non si dicano bugie», chiarisce Muscialini. «Inoltre, a meno che ci siano elementi ostativi, agli orfani andrebbe offerta la possibilità di partecipare al funerale, perché l’elaborazione del lutto non può prescindere dalla consapevolezza della morte della propria madre».

A meno che ci siano elementi ostativi, agli orfani andrebbe offerta la possibilità di partecipare al funerale, perché l’elaborazione del lutto non può prescindere dalla consapevolezza della morte della propria madre

Nadia Teresa Muscialini, psicoterapeuta responsabile di Soccorso Rosa

Respiro è anche il nome del podcast ideato da Terre des Hommes e scritto da Roberta Lippi che in 6 puntate racconta le storie degli orfani di femminicidio e delle famiglie che si sono prese cura di loro. Bambini e bambine che sono orfani due volte: hanno perso la mamma e il papà, suicida o in carcere, ma anche
la loro capacità di sognare una vita normale e felice.

Quattro progetti accendono la luce sulle esperienze degli orfani

Nel 2022 le cose sono un po’ cambiate: sono partiti 4 progetti, finanziati dall’Impresa Sociale con i Bambini, che hanno l’obiettivo di accendere la luce sui vissuti di questi bambini e ragazzi, assicurare ai bambini orfani un intervento in emergenza, definire un modello di presa in carico degli orfani speciali; formare un numero consistente di professionisti e forze dell’ordine.

Come contattare i progetti che si prendono cura degli orfani di femminicidio

Pagina dell’Instant book A braccia aperte

Immagine in apertura: Sandy Millar by Unsplash


Scegli la rivista
dell’innovazione sociale



Sostieni VITA e aiuta a
supportare la nostra missione


17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.