Salute
Aids: per Cassazione no carcere per malati
I supremi giudici: "solo in casi estremi". Aiuti, una buona sentenza
di Paul Ricard
I malati di Aids conclamata indagati per aver commesso un reato devono essere mandati in carcere solo in casi ‘estremi’. Quando la loro pericolosita’ e’ tale da mettere a rischio la collettivita’ e vi sono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. Ma anche in questo caso, i giudici devono verificare che la prigione in cui vengono accompagnati sia dotata di strutture sanitarie adeguate a non aggravare la condizione di salute dell’imputato, ne’ quella dei suoi vicini. La Cassazione, con una sentenza massimata della terza sezione penale, lo afferma affrontando il caso una giovane nigeriana, malata di Aids. La Suprema Corte ha accolto il suo ricorso ed ha annullato l’ordinanza del tribunale di Firenze che disponeva nei suoi confronti la custodia cautelare in carcere. Secondo la cassazione, non si tratta di creare una casta di nuovi intoccabili, soprattutto a seguito di fenomeni di cronaca come quelli delle bande dell’aids degli anni passati, ma di osservare la legge (rivisitata negli ultimi tempi proprio a seguito di critiche sul trattamento particolare riservato ai malati di aids rispetto a quelli affetti da patologie altrettanto gravi) che contempera il diritto alla salute con le esigenze di sicurezza. Per la Suprema Corte in caso di Aids conclamato il potere del giudice di disporre la custodia in carcere e’ limitato a poche ipotesi di eccezionale allarme sociale e resta addirittura precluso quando la malattia si trovi allo stato terminale. Non solo, se il giudice ritiene di non poter concedere gli arresti domiciliari o un’altra misura alternativa al carcere, deve verificare che l’istituto sia dotato di apposite strutture sanitarie , verificare se la permanenza possa ledere la salute dell’indagato o degli altri detenuti e motivare adeguatamente la pericolosita’ sociale del soggetto. Nel caso in cui i giudici, invece, nutrano dubbi sullo stato della malattia, hanno il dovere di disporre una perizia medica che verra’ svolta con l’imprescindibile partecipazione della difesa. Sul caso dovra’ dunque pronucniarsi di nuovo il tribunale di Firenze.
”Una sentenza che condivido e che dimostra la sensibilita’ dei giudici”. Cosi’ il professor Fernando Aiuti, presidente dell’Anlaids, commenta la sentenza della Corte di Cassazione, secondo la quale i malati di Aids nella forma conclamata, indagati per aver commesso un reato, devono essere mandati in carcere solo in casi estremi, quando la loro pericolosita’ e’ tale da mettere a rischio la collettivita’ e vi sono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. Anche in questo caso, comunque, i giudici devono verificare che la prigione sia dotata di strutture sanitarie adeguate. ”E’ una sentenza importante – aggiunge Aiuti, commentando in una nota il pronunciamento della Suprema Corte sul caso di una giovane nigeriana – perche’ a volte i giudici, in passato, per altri malati di Aids, avevano purtroppo ritardato o omesso di applicare la legge. E la legge parla chiaro: non deve essere rinchiuso in carcere un malato di Aids nella forma conclamata come pure un sieropositivo con meno di 200 CD4. Nell’eventualita’ che il detenuto malato di Aids fosse estremamente pericoloso per la collettivita’ e, quindi, obbligato in carcere – conclude Aiuti – gli deve essere garantita l’assistenza sanitaria, compresi i farmaci salva-vita dell’ultima generazione. Ma questi medicinali, spesso, in carcere non ci sono”.
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