Formazione

Il mondo (digitale) è piccolo

Dal 7 al 9 la Prima conferenza sull'innovazione sociale

di Maurizio Regosa

Maria è una ginnasiale di Matera. Ha letto La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano, le è piaciuto e ha scritto una recensione. Gerardo, un coetaneo che frequenta lo stesso liceo classico Duni, l’ha tradotta in inglese. Il risultato è uscito sul mensile Matera online news. Giornalismo più traduzione sommati a tecnologia eguale scuola innovativa. Mica male, no?

Non pensiate però che quelli di Matera siano mosche bianche. Il Mol è uno dei 109 progetti finalisti al Global junior Challenge 2009, un concorso organizzato dalla fondazione Mondo digitale guidata da Tullio De Mauro (www.mondodigitale.org) che ha il merito illuminare i riflettori su iniziative di tutto il mondo che, con l’aiuto del digitale, puntano a promuovere sinergie e alleanze, in nome della cittadinanza, della solidarietà, della partecipazione (in occasione della Prima conferenza sull’innovazione sociale che si svolge a Roma dal 7 al 9 ottobre, saranno resi noti i vincitori del Global junior). E molti dei progetti sono italiani. Eccone alcuni.

Una piazza virtuale

Nato un po’ in sordina nel 2000, il Mol è cresciuto fino a diventare un appuntamento per studenti di varie scuole europee. Cliccare per credere (www.molnews.it). C’è la studentessa rumena che discetta del lavoro creativo dei matematici. La russa che presenta la sua città, San Pietroburgo. C’è una V elementareche esprime il suo (collettivo) parere su un film. Altro che quelli del muretto. Questi ragazzi hanno creato una piazza virtuale in cui si parla italiano e inglese e in cui il confronto è reale e continuativo. «Coordinare tutto questo lavoro è estenuante», spiega Maria Teresa Asprella, docente al Duni, «ma grazie anche a una redazione di veri e propri stakanovisti realizziamo un portale aperto a tutti gli studenti e che ormai coinvolge più di dieci paesi non solo europei». Funziona così. Primo giro di mail per lanciare e raccogliere proposte. Secondo giro e via. Operativi. «I ragazzi si appassionano. Questa esperienza li rende più consapevoli della realtà locale e al tempo stesso li sensibilizza a ciò che succede nel mondo, li allena alla diversità di prospettive e di opinioni», prosegue Asprella. Risultati possibili con un investimento molto relativo: «sui 5mila euro all’anno». La soddisfazione ve la lascio immaginare. Il portale è stato copiato persino in Finlandia…

A lezione di metodo

Se il Mol partecipa nella sezione fino ai 18 anni, in quella per gli under 10 c’è un altro progetto che supera decisamente i confini della scuola che siamo soliti immaginare. È il cartone animato realizzato dagli alunni delle elementari di Cassola, provincia di Vicenza (per le fasi di realizzazione: http://civillifelab.ning.com/page/edemocracy-e-minori). S’intitola Blablabla i bambini ci mandano a dire e nasce dall’impegno condiviso di molte classi: «tutte le settimane, a gruppi, i bambini vengono in laboratorio e riprendono il lavoro là dove altri sono arrivati», spiega Adriana Sartore che si occupa di multimedialità dal 1977 ed è la coordinatrice del progetto (sostenuto anche dal Consiglio regionale del Veneto). Fare un cartone, del resto, è una insostituibile lezione di metodo (dall’ideazione al sonoro non si può saltare alcun passaggio), implica l’apprendimento di molte competenze e costituisce un percorso moderno per esprimere il proprio punto di vista. Dalla creatività unita alla tecnologia, è sortita la richiesta di questi studenti: adulti, fate sì che i vostri discorsi si intreccino… «Un messaggio fatto dai bambini e diretto ai bambini. Un appello», prosegue Sartore, «che è anche una riflessione sulla cittadinanza».

Gli under 29                                                                                                             

Un , quest’ultimo, assai presente nella categoria under29. E si capisce perché. Naturalmente è un’idea di cittadinanza più matura e più esigente. Prova ne sia il portale www.youmap.eu: giovani “mappers” di diverse metropoli europee (Roma, Madrid, Parigi, Barcellona, Berlino e Ankara) che stanno ripensando lo spazio urbano delle loro città scortati dalle esperienze personali e sociali. «Sono giovani autoctoni e immigrati di seconda generazione», spiega Grazia Naletto vicepresidente di Lunaria (che ha promosso l’iniziativa), «una scelta che abbiamo fatto assieme ai nostri partner  per favorire l’integrazione». I ragazzi, quasi tutti universitari, hanno partecipato a diversi incontri e avviato quel cammino di personalizzazione dell’ambiente urbano. Il risultato potrebbe essere un nuovo social network internazionale, capace di produrre visioni e informazioni dalle città. «Visto l’alto costo della piattaforma tecnologica», continua Naletto, «vorremmo continuare a portar avanti questo progetto, anche oltre la sua scadenza».

Sempre di gittata internazionale, ma con una vocazione più solidaristica è l’iniziativa di Patologi oltre frontiera, un’associazione di medici che, fra i numerosi progetti in Africa, ha creato in Zambia un laboratorio di telemedicina virtuale: «grazie a uno scanner digitale e dopo aver addestrato due tecnici locali per la predisposizione dei vetrini, riusciamo a interpretare gli esami istologici che riceviamo grazie a una connessione satellitare. In questo modo analizziamo 350 referti l’anno», spiega Fabio Pagni, uno dei due specializzandi in anatomia patologica dell’Università Bicocca di Milano che mandano avanti questo innovativo servizio (www.patologioltrefrontiera.it).

Un gioco solidale

Tecnologia e solidarietà è anche il binomio vincente per Not Equal (www.not-equal.eu), un originale videogioco elaborato da un team guidato da Giuseppe Cacace: «chi partecipa assume il punto di vista di una persona con disabilità. Ma lo fa in maniera ludica, senza pensarci troppo, risolvendo i mille trabocchetti che impediscono a Elli, una quattordicenne che si muove su una sedia a rotelle, di uscire di casa». Vince chi riesce a farle superare l’uscio, superando le difficoltà che tali non sono per i più. «Abbiamo intervistato molti disabili ed esperti, fra cui architetti in sedia a rotelle», continua Cacace, «In seguito abbiamo testato il gioco su un pubblico di giovani e di adulti. Ognuno coglie uno specifico aspetto». Tutti però si appropriano di una prospettiva cui non sono abituati. Not Equal (in concorso nella categoria Creatività e innovazione sociale) non è ancora disponibile: «Ci piacerebbe trovare dei finanziamenti nel Terzo settore per poterlo terminare e per poi distribuirlo gratuitamente».


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