Economia

La marmellata che lascia impronte a sud

Anche una marmellata al fresco profumo di bergamotto, frutti peraltro provenienti da un terreno confiscato alla mafia, può contribuire a dare segnali a un territorio che, attraverso lo spirito di mutualità territoriale, va in aiuto a chi è meno fortunato. Accade a Reggio Calabria grazie a “Impronte a Sud”, progetto promosso dal Consorzio Macramè con il sostegno di Fondazione con il Sud e Fondazione Vismara

di Gilda Sciortino

Insieme si crea una comunità responsabile e coesa

Laura Cirella

Può una colazione considerarsi libera, oltre che buona come dovrebbe solitamente essere per dare alla giornata lo sprint necessario? Sicuramente, se è composta di prodotti frutto di un percorso di legalità pensato per aiutare le persone che versano in difficoltà economiche e sociali.È il bergamotto l’ingrediente principe di Aniti Jam, la  prima marmellata grazie al cui ricavato si alimenta il Fondo Mutualistico di Impronte a Sud, progetto promosso dal Consorzio Macramè con il sostegno di Fondazione con il Sud e Fondazione Vismara che ha consentito la ristrutturazione complessiva di un immobile confiscato stile liberty in pieno centro storico al cui interno oggi sono attivi una serie di servizi rivolti alla comunità, un community lab e un laboratorio di ricerca sociale e documentazione.

Una marmellata veramente speciale, quella che si può trovare sugli scaffali della bottega equosolidale “Le Botteghe delle Terre del Sole” di Via del Torrione 89, a Reggio Calabria, dove si respira lo spirito di mutualità territoriale che alimenta tutto il progetto, rendendolo ogni giorno più forte.

La Bottega delle Terre del Sole nella quale trovare i prodotti della mutualità (foto: ufficio stampa)

Dopo le collaborazioni con il Birrificio Reggino e la Libreria Ave Ubik, con la quale è stata lanciata l’iniziativa del libro sospeso, infatti, a unirsi alla rete solidale da cui prende vita la marmellata, c’è Il Vernacolo di Campolo, una delle più importanti realtà di trasformazione e vendita di prodotti a base di bergamotto di Pellaro (RC). È, tra l’altro tra le aziende che aderiscono a “La libertà non ha pizzo”, campagna che unisce le imprese e i consumatori che dicono no al racket e alle mafie e che, proprio per questo, a giugno del 2021 ha ricevuto il logo ReggioLiberaReggio alla presenza di don Luigi Ciotti e delle istituzioni locali.  

I bergamotti dal fresco profumo della libertà dall’oppressione mafiosa

Grazie a questa azienda virtuosa i bergamotti, prodotti e raccolti dalla cooperativa sociale Demetra, socia di Macramè, sul terreno confiscato alle mafie di Placanica, a Melito Porto Salvo (RC), dove opera con percorsi di accompagnamento e inserimento lavorativo soprattutto di braccianti migranti, vengono poi lavorati per diventare quella delizia che i calabresi e non solo amano gustare per sentire il sapore di una terra libera da ogni condizionamento imposto soprattutto in un settore come quello agricolo dalla criminalità mafiosa.

Un percorso avviato già con Aniti Beer, la birra prima alla “cucuzza” e oggi anche al bergamotto, realizzata dal Birrificio Reggino, una delle 80 imprese che aderisce alla stessa campagna contro il pizzo donando il proprio tempo e lavoro per la realizzazione della birra; la prima impresa profit a siglare formalmente la nascita del Fondo Mutualistico “Impronte a Sud”. Una modalità nuova per mettere in rete aziende che scelgono di essere tasselli di un meccanismo circolare nel quale anche i singoli cittadini giocano un ruolo fondamentale, come consumatori critici e come parte di una comunità che si attiva.

La filosofia della mutualità crea relazioni

 «I nostri percorsi sperimentano una mutualità che non  è e non  deve essere relazione di aiuto», – afferma Laura Cirella, responsabile della Comunicazione del Consorzio Macramè – «ma reciprocità, dignità, collettività, beni pubblici e beni comuni. Accresce le relazioni, responsabilizza le persone, ne conserva la dignità. È un dare, ricevere, ricambiare costante in una relazione al cui centro c’è la parola “insieme”. Non è, infatti un caso che Aniti, in calabrese, voglia dire proprio questo perché “insieme” è il modo giusto per costruire comunità».


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