Formazione

Ragazze, pronte a partire?

Allo studio un programma di servizio civile nazionale aperto a uomini e donne, sull’esempio di quanto accade da tempo in Europa. Le prime cento pioniere partiranno da Emilia e Toscana.

di Federico Cella

Si parla tanto delle donne-soldato – e dopo aver visto Demi Moore in ?Soldato Jane? si può anche capire il perché -, ma delle ?donne-obiettrici di coscienza? non si parla affatto. Ossia, per essere più chiari, la nuova legge sul servizio civile apre sì nuove frontiere di diritto per chi vuole spendere un anno al servizio della comunità; ma certo non apre neanche uno spiraglio all?estensione del suddetto diritto/dovere anche all?universo femminile. Un passo indietro rispetto allo slogan elettorale dell?Ulivo sul servizio civile nazionale aperto a tutti? Non proprio, o almeno non completamente. Infatti, la triade ministeriale preposta – Difesa, Pari opportunità e Affari sociali – ha questa settimana varato una Commissione apposita per studiare le future possibilità per un servizio civile scevro da discriminazioni sessuali. In realtà, arrancante lungo il percorso parlamentare, è da qualche tempo in discussione una legge che dovrebbe varare una specie di servizio civile nazionale, come possibilità formativa e, magari, anche occupazionale. Tuttavia i posti disponibili per questo servizio futuro, ovviamente limitati, andrebbero occupati, nelle intenzioni del legislatore, prima dagli obiettori di coscienza, poi da chi ha intrapreso il servizio militare e quindi, se ci fosse ancora disponibilità, dalle ragazze che ne facessero richiesta. Impari opportunità? «Diciamo: politica dei piccoli passi», spiega Lea Battistoni, dirigente del ministero per gli Affari sociali. «Con questo primo esperimento, di cui stiamo discutendo nella Commissione, si vuole proprio cercare di testare la disponibilità, e l?interesse, delle ragazze a questo sbocco formativo. Se i risultati, come penso, saranno un successo, allora non si potrà che andare verso la strada dell?apertura totale». Durante la riunione di insediamento della Commissione si è quindi discusso su come sviluppare questo progetto di percorsi femminili, per la prima volta proposto dagli Enti regionali dell?Emilia Romagna e della Toscana, ma che interesserebbe in sede di realizzazione anche le città di Roma e Napoli. «L?idea, di cui abbiamo già discusso in Commissione europea, sarebbe quella di appoggiarsi al programma comunitario del Servizio volontario europeo aperto a tutti», continua Lea Battistoni, chairwoman della Commissione. «Un progetto ancora poco sfruttato dai ragazzi italiani – 270 partenze nei primi due anni -, che comunque si situano al secondo posto per numero di partecipazione tra i Paesi europei». Così dai lavori della Commissione dovrebbe risultare una sorta di servizio civile diviso in due tronconi: una prima parte svolta in Italia (circa 4 mesi), e una seconda in un Paese europeo (6 mesi). Le prime partenze, di un numero di ragazze tra le 100 e le 150, potrebbero avvenire già dal prossimo gennaio. «Il progetto parte da un accordo stipulato tra i due ministri, Finocchiaro e Turco, a seguito della visita di una delegazione negli Stati Uniti, per valutare il loro sistema di civil service», spiega ancora la Battistoni. «E quelli che da loro vengono definiti benefits, ossia gli incentivi all?impegno sociale, verrebbero costituiti nelle nostre intenzioni da un successivo finanziamento a singoli progetti presentati dalle giovani a seguito della loro esperienza». Un terzo livello di questo servizio civile, che permetterebbe alle partecipanti di mettere a frutto le competenze acquisite, sviluppando attività di utilità sociale inizialmente sostenute da soldi pubblici. La sensazione finale è che, esattamente come è accaduto per i colleghi maschi, il percorso per la totale integrazione femminile partirà dal versante militare, per poi giungere finalmente a quello civile. «Le ragazze che vorrebbero fare la leva, e magari anche intraprendere una carriera militare, mi sembra anche dall?ultima manifestazione romana che siano tante», conferma Lea Battistoni. La legge che dovrebbe aprire le caserme anche alle donne appare, dunque, vicina. Molto più vicina rispetto a quella di un servizio civile nazionale realmente aperto a tutti.


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