Cultura
Servizio civile: non siamo la stampella del Welfare
Bufera sulla delega alla Solidarietà sociale. Volontari, associazioni e sindacati: «Togliere le competenze alla Presidenza del Consiglio è un errore». Anteprima da Vita in edicola da venerdì a 1
Fronte compatto. Il trasferimento delle competenze sul servizio civile nazionale dalla Presidenza del Consiglio alla Solidarietà sociale non piace proprio a nessuno. Né all?Unsc, l?ufficio nazionale, che la legge del 2001 istituisce esplicitamente a Palazzo Chigi. Né, tanto meno, agli enti e alle associazioni.
Due le ragioni. La prima di ordine culturale. «Non siamo una stampella del welfare», tuona Fausto Casini, presidente della Cnesc – Conferenza nazionale enti di servizio civile. Nessuna indulgenza nemmeno da parte di Massimo Paolicelli, referente dell?Aon – Associazione obiettori nonviolenti: «Mai avrei pensato di scontrarmi con il centrosinistra proprio su questi temi (Paolicelli è candidato al XIX municipio di Roma con i Verdi, ndr), ma in questo modo si mette in discussione il valore di difesa della Patria del servizio civile, affermato, fra l?altro, dalla stessa Corte Costituzionale». Dietro l?angolo c?è «il rischio di una deriva dei progetti sul versante dell?assistenza sociale», osserva la Cnesc. Emanuele Pizzo e Concetto Russo, i due rappresentanti dei volontari nella Consulta nazionale sono arrivati addirittura a scrivere una lettera aperta al neo premier Romano Prodi chiedendo «la ratio di questo trasferimento di competenze», spiegando la loro preoccupazione in ragione «dei tradizionali tagli a cui è sottoposto quel ministero» e ricordando che «il servizio civile è concepito innanzitutto come difesa non violenta della Patria: un esempio di cittadinanza attiva che merita un rilievo di prim?ordine».
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Obiettivo: sciogliere il nodo della delega alla Solidarietà sociale
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