Fine Vita, una questione ancora aperta
Il diritto alla salute e alla dignità umana, un piano di cure condiviso, l'autodeterminazione della persona e le cure palliative volte ad alleviare la sofferenza fisica, psicologica ed esistenziale di chi vive con una malattia per la quale non esistono trattamenti risolutivi sono stati i temi al centro del primo incontro formativo organizzato dall'Associazione
di Redazione
«Fine Vita: una questione ancora aperta» è il titolo del primo appuntamento della Road Map di AISLA, iniziativa del mese dedicato alla formazione Ecm gratuita promossa da AISLA e rivolta ai professionisti e agli operatori sanitari, che ha esordito a Palermo affrontando i temi, sempre più attuali, di diritto alla salute e di dignità umana. Centrale è qui il tema delle cure palliative volte ad alleviare la sofferenza fisica, psicologica ed esistenziale della persona. Un’occasione importante per promuovere la consapevolezza e favorire un dibattito costruttivo sulla cura delle persone affette da Sla e sulle tematiche bioetiche legate al fine vita.
La Sla è, infatti, una malattia che pone la persona di fronte a scelte esistenziali, un vero paradigma della complessità assistenziale e della necessitò della transizione dal tradizionale modello prestazionale della medicina alla scelta della persona. Lì dove la vita e la sua qualità sono l’obiettivo verso cui tendere, «Aisla supporta convintamente la cooperazione tra i professionisti della cura affinché l’area medica possa assolvere in modo appropriato al suo ruolo» si legge nel comunicato di presentazione dell’evento.
In questa logica, la figura del medico palliativista è quella figura specialistica con le adeguate competenze per supportare le famiglie nell’affrontare situazioni complesse, quali manifestazioni comportamentali destruenti, quadri di demenza frontotemporale, revoche di consenso informato e problematiche sintomatologiche difficili. «La Sla è una malattia terribile che colpisce le persone senza pietà, portando con sé sfide incommensurabili. Ed è in queste circostanze che dobbiamo dimostrare la nostra responsabilità nel continuare le nostre azioni nella sensibilizzazione, nell’educazione, per far sì che le persone comprendano meglio questa malattia, superando i pregiudizi e gli stereotipi che possono creare barriere sociali» hanno dichiarato Fulvia Massimelli e Michele La Pusata, rispettivamente presidente e vicepresidente nazionali Aisla «Insieme, dobbiamo costruire una società inclusiva, dove ogni individuo, indipendentemente dalla sua condizione, possa vivere una vita dignitosa e felice».
Un piano di cure condiviso e uniforme per tutte le persone con Sla è necessario, ancor più considerata l’assenza di risposte di cure risolutive, e il tema centrale è quello delle cure palliative volte ad alleviare la sofferenza fisica, psicologica ed esistenziale della persona, così come previsto dagli articoli 2 e 32 della Costituzione e dalla L.38/2010. Il dibattito ha quindi messo al centro il lavoro di condivisione e di riflessione avviato dall’Associazione in merito alla Pianificazione condivisa delle cure, così come definita nell'articolo 5 della Legge n.219 del 2017, che recita «Ogni persona capace di agire ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso».
Sin dal 2014, Aisla si è impegnata nella stesura di un documento di consenso sulle scelte terapeutiche della persona affetta da Sla, un lavoro che si è sviluppato nel tempo e grazie al lavoro di equipe multidisciplinari. «L’imprevedibilità della Sla è differente da persona a persona e mai univoca» dichiara Daniela Cattaneo, medico palliativista Aisla «Bisogna investire in un legame empatico con gli esperti delle cure palliative. La sinergia con un team specializzato può delineare percorsi personalizzati per il benessere della persona, offrendo un supporto che riduce l'eventualità di ricoveri urgenti o di emergenza».
«Il complesso delle leggi rispetto all’etica cambia rapidamente, ma il nostro sentire comune cambia in maniera molto più lenta e meno lineare» ha dichiarato Lucia Craxi, dell’Università degli Studi di Palermo e vicepresidente della Consulta di bioetica «Prendersi cura focalizzato sì, ma focalizzato sulla persona. La nostra narrazione della medicina vede il medico come eroe guerriero, io vorrei una narrazione in cui l’eroe è il paziente, che può anche decidere di non essere necessariamente un guerriero. Quindi il dovere di cura del senso biomedico deve spostarsi verso il rispetto dell’autodeterminazione della persona. La vita è un bene inviolabile».
Dopotutto, come ha ricordato ha ricordato Pietro Cognato, teologo bioeticista della Pontificia facoltà teologica di Sicilia, tra tutti i diritti umani, incluso il diritto alla vita, fondamentale è quello della dignità umana. Questo diritto, non considerato un obbligo, trova la sua radice nella dignità intrinseca dell’individuo e non può mai essere strumentalizzato per ledere tale dignità.
Il convegno, sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica, è patrocinato da: Regione Siciliana; Comune di Palermo; Università degli Studi di Palermo e Fondazione Sant'Elia.
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