Aumentano le chiamate d’emergenza di donne che subiscono violenza dal partner

In Europa crescono del 60 per cento le richieste di Sos di donne che hanno subito violenza entro le mura domestiche. Anche in Italia, dopo un brusco calo dall'inizio della pandemia, le richieste d'aiuto sono per il mese d'aprile maggiori rispetto all'anno precedente. E' il tempo di misure concrete e a lungo termine

di Stefano Piziali

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, alcuni stati Europei – prevalentemente dell’Est Europa, ma anche Francia, Belgio, Spagna e Gran Bretagna – hanno segnalato un aumento del 60% delle chiamate di emergenza da parte di donne aggredite dal partner in aprile, rispetto all’anno precedente. Anche in Italia, dopo un brusco calo all’inizio della pandemia, le richieste di aiuto ricevute dal numero nazionale 1522 sono andate via via crescendo, facendo registrare nel mese di aprile un aumento rispetto all’anno precedente. Anche il numero verde 800.13.17.24 che WeWorld, Organizzazione che da 50 anni difende i diritti di donne e bambini in Italia e nel Mondo, ha lanciato per affiancare il 1522, rivolgendosi soprattutto alle donne che vivono in famiglie in difficoltà sociale ed economica, con l’obiettivo di far emergere situazioni di violenza economica e psicologica ed aiutare le donne su cui è ricaduto gran parte del peso della chiusura imposta dalle misure anti COVID19, ha raccolto diverse richieste d’aiuto.

Il punto è che le donne trovano sempre il modo di farsi sentire se sanno di essere ascoltate e non sono lasciate sole. Per questo ogni occasione di ascolto è importante. WeWorld ha riaperto per i colloqui individuali (rispettando le disposizioni di protezione e sicurezza COVID19) nei propri spazi donna di Milano, Roma e Napoli. A breve aprirà anche il nuovo Spazio Cosenza. Operatrici specializzate incontrano le donne, spesso con figli, per aiutarle ad intraprendere un percorso di uscita dalle forme più subdole della violenza, e quindi più nascoste, anticamera della violenza fisica: il controllo economico da parte del partner, l’impossibilità di prendere decisioni sulla propria vita, l’isolamento tra le mura di casa (che per molte è stato aggravato dalle restrizioni per il virus).

In Italia malgrado la crescente attenzione degli ultimi anni da parte della opinione pubblica, del Dipartimento per le Pari Opportunità (DPO) e dell’indispensabile lavoro di Centri Antiviolenza e organizzazioni come WeWorld, siamo ancora lontani dall’avere una rete strutturata e capillare sul territorio che possa da un lato aiutare le donne e le famiglie in difficoltà e dall’altro prendere in carico le situazioni più gravi e proteggere le donne in case protette.

Mancano risorse e soprattutto manca una visione di lungo periodo che unisca interventi di sostegno alle famiglie e misure di prevenzione contrasto alla violenza. I Centri per la Famiglia sono pressoché inesistenti, salvo che in alcune Regioni, i centri Antiviolenza e le case rifugio, insufficienti e in perenne crisi di risorse.

La fine della emergenza COVID 19 dovrà portare con sé un ampio piano di sostegno alle donne, alle famiglie per favorire la loro autonomia economica e sociale: prevenire la violenza è possibile se si investe nei servizi sociali pubblici e privati e nel presidio del territorio. Non basta ricordarsene durante una pandemia.

Noi lavoriamo da anni per far sì che non sia tutto sulle spalle delle donne e in questo momento è importante dimostrare che a tante persone interessa questo tema. Con la ripartenza i più fragili rischiano di restare sempre più indietro, creando una distanza incolmabile. Anche per questo WeWorld ha lanciato la sfida #TogetherWeBalance per chiedere di rimettere al centro della ripartenza i diritti di bambini, bambine, donne e famiglie. perché non siano più le donne, da sole, a farsi carico di tutto.

*Stefano Piziali, Responsabile Advocacy WeWorld

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