Economia

Agci: apriremo alle imprese sociali

La terza centrale cooperativa col presidente Brenno Begani annuncia che inserirà nel Dipartimento del sociale anche le imprese sociali: «Al nostro interno ci organizzeremo per lavorare in questa direzione e per questo intendo dare in tempi molto brevi, anche un assetto definitivo, attraverso la celebrazione di un congresso, del nostro dipartimento del sociale»

di Paolo Biondi

Il mondo della cooperazione si candida a rappresentare l’impresa sociale e chiede di entrare nel Consiglio nazionale del Terzo settore. Lo ha detto il presidente dell’Agci (Associazione generale delle cooperative italiane) Brenno Begani concludendo i lavori del convegno sulla «Riforma del Terzo settore e dell’Impresa sociale: cosa cambia per la cooperazione sociale e quali prospettive».



«All’interno dell’Agci inseriremo nel Dipartimento del sociale anche le imprese sociali perché sono un modello che appartiene a pieno titolo al mondo della cooperazione e chiederemo al Ministero il riconoscimento ottenendo la delega per gestire e svolgere le revisioni. Il nostro obbiettivo è quello di essere una associazione di cooperative e di imprese sociali», ha detto Begani. Il presidente ha poi aggiunto che «siamo presenti nel Forum, ma inspiegabilmente assenti nel Consiglio del terzo settore. Non mi interessa ricercare le colpevoli ragioni del passato che ci hanno collocato fuori dalla porta, ma voglio, e dobbiamo capire come poter rientrare a pieno titolo, perché il titol non lo abbiamo acquisito per vocazione divina, ma perché siamo l’espressione diretta, e non mediata da alcuno, delle nostre cooperative che lo hanno apposto sul nostro petto».

Per raggiungere questi obbiettivi l’Agci è pronta a realizzare un decentramento su base regionale, «al nostro interno ci organizzeremo per lavorare in questa direzione e per questo ritengo dare in tempi molto brevi, anche un assetto definitivo, attraverso la celebrazione di un congresso, del nostro dipartimento del sociale».

Questa serie di novità e di considerazioni è scaturita al termine di analitiche relazioni sugli aspetti fiscali e di governance imposti dalla riforma del Terzo settore e dell’impresa sociale. Portando il suo saluto ai lavori l’ex sottosegretario Luigi Bobba, considerato uno dei padri della riforma, ha detto che la nuova normativa deve essere intesa dagli operatori dal punto di vista delle opportunità che propone: «L’atteggiamento degli operatori sul campo è più importante di quello che è scritto nelle norme. Ci sono molte norme che hanno carattere regolatorio ma molte hanno un carattere diverso e indicano delle opportunità. Gli operatori devono capire che hanno a disposizione nuove leve per attrarre opportunità di crescita e di sviluppo».

Per quel che riguarda il testo della riforma ne sono stati sviscerati gli aspetti tecnici, a iniziare da quelli fiscali con una osservazione: «Oggi una impresa sociale non ha ancora un vantaggio fiscale perché si deve attendere l’intervento della Commissione europea», ha detto Gabriele Sepio, membro del Consiglio nazionale del Terzo settore. E il commercialista Marco Petrillo, vicepresidente dell’Uneba, ha aggiunto: «Ancora per quest’anno e per tutto il prossimo si dovrà portare avanti la governance fiscale delle imprese secondo le vecchie norme» in attesa dell’intervento della Ce su una riforma nella quale «c’è un miglioramento netto dal punto di vista dell’inquadramento fiscale».

Fra gli appunti alla riforma l’osservazione che nell’elenco dei settori interessati «non si comprende perché non debbano rientrare attività come l’agricoltura sociale, l’housing sociale, il turismo sociale», come ha notato sempre Begani.

Agci Solidarietà raggruppa 1.200 cooperative e imprese, con 70mila occupati e un fatturato di un miliardo di euro, con un trend di crescita del 20%.

Nel corso del convegno è stato firmato un accordo-quadro fra l’Agci e Unicredit, rappresentati da Brenno Begani e da Dario Prunotto, responsabile per la banca del settore Territorial Development & Relations.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.