Mondo
Il Tribunale che verr
Ancora troppe resistenze fra i Paesi che hanno partecipato alla Conferenza Onu fra giugno e luglio. Nonostante lopposizione di Stati Uniti e Cina, la Corte penale internazionale permanente ...
Agli sgoccioli del Novecento, il secolo più tremendo della storia per i suoi due conflitti mondiali e gli innumerevoli conflitti locali, l?uomo ha pensato finalmente a un Tribunale permanente contro i crimini di guerra. Una Corte penale internazionale stabile. Dopo Norimberga, dove c?erano da giudicare le efferatezze dei nazisti che avevano riguardato mezzo mondo, i più recenti casi di tribunali chiamati a valutare le violenze perpetrate nella ex Jugoslavia e in Ruanda, non hanno, finora, funzionato efficacemente. Forse perché troppi governi, a iniziare da quelli europei, hanno pensato che un criminale di guerra è meno criminale se il conflitto a cui partecipa produce qualche centinaia di migliaia di morti piuttosto che qualche milione. Per cui può sorgere il dubbio che anche la positiva conclusione dei lavori svoltisi a Roma per cinque settimane al mastodontico bianco palazzo della Fao non debba dare adito a eccessive illusioni. Analizziamo dunque tutti i limiti con cui nasce la nuova Corte penale internazionale.
I ?ma?, pesanti, esistono eccome. Uno su tutti: ma come si fa ad acciuffare i Mladic o i Pol Pot del terzo millennio se i Paesi che non aderiscono al Trattato di istituzione del Tribunale possono continuare indisturbati a produrre criminali di guerra al loro interno, e pure a ospitare gli efferati compari di altri Stati contrari ai diritti umani?
Organizzazioni umanitarie specializzate in diritti umani, come Amnesty International o Human Rights Watch hanno subito manifestato il loro disappunto. Medici senza frontiere (Msf) si è vista costretta a distribuire ai 160 rappresentanti degli Stati presenti a Roma foto-shock sui massacri di guerra del Ruanda, sperando di scuotere le loro coscienze. A ?scannerizzarle? al computer il dottor Rony Zachariah, uno dei soli tre testimoni della comunità internazionale che al tribunale Onu di Arusha, in Tanzania, ha dichiarato una verità del tipo ?il-re-è-nudo?: ossia che in Ruanda, nel 1994, si sono compiuti massacri contro il genere umano. Un esperto suo malgrado, poiché si è praticamente visto tagliare a pezzi, di fronte agli occhi, oltre 150 pazienti dell?ospedale di Butare. I suoi slogan, che precedevano immagini di file di bambini sventrati o di corpi di persone carbonizzate vive e poi ammucchiate sui rimorchi dei trattori, erano altrettanto espliciti, duri come le foto: «Quando guardate alle vittime, trovate una differenza fra le guerre internazionali e quelle intestine?» Eppure per alcuni Paesi, fra cui gli Stati Uniti, che hanno ricalcato esattamente il comportamento ?distaccato? già tenuto in materia di mine antiuomo, questa domanda non è suonata nemmeno retorica. Proprio, non è suonata affatto. Nemmeno la violazione estrema dei diritti umani è ritenuta motivo sufficiente per andarsi a ficcare in una guerra, anche se ?regionale?, come la Bosnia prima e il Kosovo oggi, tanto per restare in Europa, insegnano.
Quale compito attende adesso i volontari? Le associazioni umanitarie di Usa, Cina, India, Israele e Turchia avranno un bel da fare, visto che ai rispettivi governi il nuovo Tribunale ?puzza? ancora alla grande. Per quelle che operano in Italia invece tutto appare più semplice, visto che la Farnesina ha definito ?storico? l?evento. «Adesso comincia il lavoro più duro», afferma proprio il direttore esecutivo di Msf – Italia, José Imbernon, «perché il trattato di istituzione della Corte penale internazionale dovrà essere ratificato dai singoli parlamenti. È necessario che tutte le ong italiane sostengano la Coalizione nazionale e facciano sentire la propria voce perché, in questi casi, la ratifica non è sempre automatica. Msf vorrebbe in particolare che non fosse utilizzata, da parte degli Stati, la clausola del cosiddetto opting-out. Comunque, una volta che 60 Paesi avranno ratificato il Trattato si potrà passare, al più presto, alla costituzione vera e propria del Tribunale».
Da Milano gli fa eco la direttrice della sezione italiana di Terre des Hommes, Donatella Vergari: «Quello che sarà davvero difficile sarà convincere i Paesi che non hanno sottoscritto lo Statuto a firmarlo. È davvero grave che Cina e Stati Uniti non facciano parte dei Paesi costituenti la nuova Corte».
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