Mondo
Il vantaggio di accogliere i profughi
L'editoriale dell'economista Luigino Bruni, con cui si apre il numero del magazine in distribuzione. «La nostra capacità di trasformare questi arrivi da problemi in opportunità dipenderà se sapremo vedere di più il potenziale di mutuo vantaggio rispetto alla paura e alla diffidenza»
Perché all’origine della civiltà occidentale ritroviamo la legge di ospitalità? Per quali ragioni l’ebraismo, il mondo greco e poi quello cristiano hanno posto la sacralità dell’ospite come pietra angolare? La prima ragione per la condanna morale dei ciclopi (Odissea) e degli abitanti di Sodoma (Genesi) fu infatti la violazione della legge di ospitalità: invece di accogliere i loro ospiti li divorarono e uccisero. La giustificazione profonda di una norma sociale, codificata anche nei nostri libri sacri, è una intelligente regola di reciprocità: “siate ospitali con i forestieri oggi perché ieri anche noi siamo stati forestieri in Egitto” e, quindi, potremmo tornare ancora forestieri domani.
L’ospitalità è una norma razionale di reciprocità, che si è dimostrata nei millenni altamente generativa
Il forestiero che oggi accolgo nella mia casa per ottemperare ad una regola universale e sacra, domani potrei essere io o un mio figlio. Se fosse stata quella dei ciclopi a diventare norma universale, la nostra civiltà non sarebbe sopravvissuta.
L’ospitalità è una norma razionale di reciprocità, che si è dimostrata nei millenni altamente generativa. Si è dimostrata evolutivamente stabile perché più intelligente e feconda della norma dei ciclopi e dei sodomiti. Perché lo straniero accolto nelle nostre case porta anche e soprattutto benedizione, vita, opportunità, biodiversità, colori, ricchezze, storie diverse dalle nostre, che ci arricchiscono e ci fanno migliori.
È l’assenza di questo paradigma di mutuo vantaggio e di reciprocità che manca nelle letture del flusso migratorio del nostro tempo. Dietro la crisi che stiamo vivendo si nasconde una profonda carestia narrativa, una povertà di categorie adeguate per trasformare ciò che ci appare “ferita” in benedizione collettiva.
Qualche anno fa, l’Italia ha vissuto una esperienza analoga, e l’ha vissuta bene e con intelligenza. Quando arrivarono nel nostro Paese centinaia di migliaia di donne dall’Est, per occuparsi dei nostri genitori anziani e dei nostri bambini. Il contesto era diverso, e fu la domanda a trainare l’offerta, ma quel flusso migratorio, che all’inizio faceva anche un po’ paura, si rivelò un autentico dono per le nostre famiglie e per la nostra società — meno per il Terzo settore, che non ha saputo, se non in minima parte, generare con queste donne migranti forme di lavoro cooperativo e associativo. Prima ancora, un’altra migrazione fu invece occasione per nuovo lavoro e per la più grande innovazione socio-economico dell’ultimo secolo. Quella dai manicomi, quando altri “migranti” in cerca di libertà e vita degna diedero vita anche a migliaia di cooperative sociali, che rappresentano ancora un orgoglio nazionale sempre più imitato fuori dai confini nazionali.
E, prima ancora, durante l’ultima guerra mondiale, gli italiani vissero sulla loro carne quanto l’economista-filosofo Amartya Sen ci ha poi spiegato con la teoria, che il prossimo non è il vicino geografico, religioso o etnico — che è anche uno dei grandi insegnamenti della parabola del Buon Samaritano.
Quelle porte aperte e insicure furono le prime lettere della Costituzione repubblicana e dei Trattati europei, scritte spesso da analfabeti di lettere ma da maestri di pietas e di intelligenza umana
Scrissero il loro libro bellissimo accogliendo altri “migranti”, soldati inglesi e tedeschi che bussavano fuggiaschi e impauriti alle porte delle case dei nostri nonni. Aprirono le loro porte e rischiando la vita li nascondevano nelle cantine e nelle stalle, condividevano con loro il poco pane, divenendo loro compagni (cum panis). Quei ragazzi dentro casa li resero meno sicuri, ma li fecero più umani, e quelle porte aperte e insicure furono le prime lettere della Costituzione repubblicana e dei Trattati europei, scritte spesso da analfabeti di lettere ma da maestri di pietas e di intelligenza umana. Siamo di fronte ad una nuova stagione di ospiti che si a affacciano sulle nostre coste, che arrivano, ancora, dal mare-nostrum.
Li possiamo vedere come una minaccia e un’invasione ostile, in competizione con i lavori dei nostri gli e le nostre poche ricchezze, e quindi respingerli per tutelare i nostri interessi. Oppure li possiamo vedere come li ho visti recentemente in Spagna (a Valencia), dove sono stato per l’inaugurazione di un centro di accoglienza di giovani migranti…
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