Mhuse, la sfida delle competenze di chi opera nel sociale

Inaugurata la seconda edizione dell'Executive Master in Social Entrepreneurship nato dalla collaborazione con Altis della Cattolica. Tra i temi trattati nella tavola rotonda il Forward Looking Procurarment, cioè il passaggio dalle gare al massimo ribasso a quelle al massimo d’innovazione

di Giovanna Melandri

Quando lo scorso anno abbiamo ideato con Altis (Alta Scuola impresa e Società) dell’Università Cattolica di Milano, un master per l’impresa sociale sapevamo di rispondere a un bisogno. Quello che non immaginavamo è che fosse tanto impellente. La quantità di richieste di iscrizione alla II edizione dell’executive master in social entrepreneurship Emse – Mhuse, seppur in un periodo di restrizioni economiche per le famiglie, ci ha dato conferma di aver intrapreso una strada giusta e che questo percorso costituisce una risposta sia al bisogno di alta formazione sull’imprenditoria sociale che a quello di fare rete tra innovatori.

La giornata inaugurale si è svolta il 23 novembre a Milano, tra la sede di Altis e le bellissime aule del Mudec, Museo delle Culture. Il museo è stato realizzato con la rivalutazione dell’area ex Ansaldo ed è ora in gestione al gruppo Sole 24 Ore, partner, fra gli altri, del nostro progetto formativo. E non è un caso che, al centro dell’evento e dopo i saluti istituzionali dell’assessore alle politiche per il lavoro di Milano, Cristina Tajani, attentissima sperimentatrice di innovazioni sociali, abbiamo costruito la tavola rotonda “L’imprenditoria sociale come nuovo modello di sviluppo” moderata dal direttore di Vita, Riccardo Bonacina. «Siamo in attesa – ha spiegato il direttore ai nuovi studenti – di un cambio di scenario importante per il Paese; la legge delega di riforma del Terzo Settore, se mantiene le premesse con le quali è stata concepita, realizzerà un tassello importante per la costruzione di un ecosistema favorevole alla finanza impatto sociali».

Ricordo che la Social Impact Task Force, nata in ambito G8, ha da tempo consegnato ai governi nazionali una lista di raccomandazioni. Direi che la legge delega prova a realizzare la prima di queste: non trattare più in maniera residuale l’aspetto sociale degli investimenti ma guardare altresì all’impatto sociale sul territorio. Esiste uno spazio intermedio tra Stato e mercato nel quale possono essere affrontate e risolte alcune delle difficoltà del nostro tempo. Penso per prima cosa alla politiche di prevenzione, il “brutto anatroccolo” dei sistemi di welfare, mai finanziate a sufficienza. Oppure alla gestione dei beni comuni o di quelli culturali. Gli investimenti ad impatto sociale, infatti, introducono, oltre al rischio e al rendimento, una terza dimensione: quella del valore sociale prodotto. Senza tralasciare il discorso dell’efficienza della spesa nella pubblica amministrazione. Le poche risorse disponibili vanno spese meglio.

I meccanismi di Pay for Result offrono un gigantesco terreno in cui si può sperimentare l’affidamento delle risorse sulla base della valutazione del risultato prodotto. Bene ha detto Luca De Biase, direttore di Nòva- Sole 24 Ore, durante la tavola rotonda: occorre cominciare a parlare di Forward Looking Procurarment, cioè di passare dalle gare al massimo ribasso alle gare al massimo d’innovazione. «L’ecosistema – ha spiegato De Biase – non è una metafora ma un processo, una costruzione. Serve all’Italia affinché non subisca l’innovazione ma partecipi ad essa risolvendo diversi problemi sociali». Pensiamo solo ai migranti economici e ambientali e ai rifugiati. Il direttore della Fondazione IBM, Angelo Failla, ha raccontato agli studenti del Mhuse le soluzioni tecnologiche offerte a Intersos e a Medici senza Frontiere, per migliorare l’efficienza nell’accoglienza. Allo stesso tempo la Svizzera sta sperimentando il suo primo social impact bond (SIB) proprio sull’inserimento lavorativo dei rifugiati e richiedenti asilo.

Human Foundation da tempo lavora su questi temi affrontando i nodi legislativi e di sistema e contribuendo al cambio di paradigma. L’obiettivo del master è quello di rispondere al fabbisogno di competenze manageriali, organizzative e finanziarie di quanti operano nel sociale. Sbaglia chi pensa che sia una sfida di nicchia. È una sfida alta, certo, che l’Italia ha bisogno di vincere.

*presidente Human Foundation

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