Le sfide globali per i donatori di sangue

Il 5 ottobre a Lucca il convegno internazionale della Fiods (la federazione mondiale delle organizzazioni dei donatori di sangue). Si parlerà di scenari internazionali anche in un confronto tra il modello italiano e quello di altri Paesi

di Redazione

Arrivano da 26 Paesi del mondo a Lucca, sabato 5 ottobre, per partecipare al terzo Convegno internazionale di Fiods, la Federazione internazionale che raccoglie le organizzazioni dei donatori di sangue di tutto il mondo.
Nella sede di Fondazione Campus, dalle ore 9 alle 17 gli oltre 110 partecipanti affronteranno il tema: “Le sfide globali per i donatori di sangue”, argomento che dà il titolo alla giornata di studi organizzata da Fiods e Fondazione Campus per per parlare degli scenari internazionali della donazione del sangue e del ruolo delle associazioni di donazione nei Paesi in cui operano; permetterà, fra le altre cose, di confrontare il modello italiano della donazione del sangue con quelli adottati nelle altre parti del mondo

«Questo seminario ha riscosso un grandissimo successo di affluenza: parteciperanno infatti 26 Paesi da Europa, Africa e America Latina e saranno rappresentate tutte le regioni italiane con medici e membri delle associazioni di donatori» spiega il presidente Fiods, Gianfranco Massaro. «Il macro-obiettivo del convegno è quello di approfondire realtà e problematiche dei singoli Paesi e cercare soluzioni comuni sul sistema di raccolta e di reclutamento dei donatori».
Massaro prosegue spiegando che cosa si intenda quando si parla di “sfida globale” «intendiamo che il nostro sforzo principale va verso il raggiungimento dell’autosufficienza di sangue da donazione volontaria e non remunerata per ogni singolo Paese entro il 2020, come stabilito dalla dichiarazione di Melbourne del 2009. Ci sono continenti, come Asia e Africa, nei quali la situazione oggi è disastrosa: l’obiettivo di Fiods è aiutare questi continenti ad avviare quantomeno il percorso per l’autosufficienza. Quella italiana è una grande realtà perché ha un indice di 43 donatori ogni 1000 abitanti ed ha raggiunto l’autosufficienza per quanto riguarda la donazione di sangue (ma non per quella di plasma). Dobbiamo comunque porci obiettivi sempre più virtuosi, guardando ad esempio alla Danimarca che, con 78 donatori ogni 1000 abitanti, è uno dei sistemi più efficienti al mondo. C’è bisogno di lavorare molto di più per costruire una rete con le realtà e le istituzioni più importanti a livello mondiale. È un compito che non compete alle associazioni dei donatori, ma alla politica».

Il programma della giornata prevede: dopo il saluto del sindaco di Lucca Alessandro Tambellini, del presidente di Fiods Gianfranco Massaro e del direttore della Fondazione Campus Paola Pardini, l’inizio delle numerose relazioni fra cui quella di Giuliano Grazzini, trasfusionista lucchese e direttore del Centro Nazionale Sangue, che parlerà delle politiche per l’autosufficienza del sistema di donazione del sangue, di Vincenzo Saturni, presidente nazionale Avis, che si soffermerà sul ruolo di Avis in Italia, di Claudio Velati, presidente di Simti, la Società Italiana di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia, che presenterà il tema della medicina trasfusionale nell’era della crisi finanziaria, di Danilo Medica, Country Manager Italia dell’industria biofarmaceutica Kedrion, che parlerà del ruolo dell’azienda come partner industriale del Sistema Sangue italiano.
Fra i moderatori della giornata il vicedirettore di Fondazione Campus Fulvio Calia, il presidente di Avis Toscana Luciano Franchi e Michel Monseilleir di Fiods.

«L'Italia è orgogliosa di ospitare il convegno scientifico della Fiods e di mettere le proprie competenze al servizio dei donatori di tutto il mondo», commenta il presidente di Avis Nazionale, Vincenzo Saturni. «Riteniamo che sia il modo più giusto per proseguire il sogno di Vittorio Formentano, fondatore di Avis e Fiods e primo a credere nell'importanza della donazione gratuita, anonima, consapevole e associata in un mondo in cui la donazione a pagamento rappresentava la normalità. Questi valori, purtroppo, non sono ancora garantiti in tutti i Paesi. Dobbiamo impegnarci e dare il nostro contributo per renderli sempre più vivi e diffusi».
 


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