Cultura

Intervista a monsignor Martino. Il papa all’Onu? Non lo escluderei

La Santa Sede le sta tentando tutte per evitare il conflitto. E per Renato Martino, vescovo, può anche accadere che Wojtyla tenti l’arma estrema, parlando al mondo.

di Paolo Manzo

Un no alla guerra preventiva duro e fermo. Un monito senza appelli alle politiche di Bush & company perché, come ha detto lui stesso all?Università Cattolica di Milano in occasione dei quarant?anni dell?enciclica Pacem in Terris, “la pace non si consegue regolando i rapporti umani con la violenza, ma riconoscendo e sviluppando l?ordine morale di cui si trovano tracce in ogni coscienza”. Il ?lui? è monsignor Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, uno dei consiglieri più fidati di Giovanni Paolo II e, per 16 anni, rappresentante del Vaticano all?Onu. Vita ha parlato con lui del difficile momento internazionale che stiamo attraversando. Vita: L?Osservatore Romano fa titoli degni de Il manifesto. Come spiega una posizione così netta? Renato Martino: Parliamo ad alta voce perché è il dovere che sentiamo oggi, e vogliamo trasmetterlo al mondo intero. Guardi, io stesso non ho più voce a forza di parlare di pace. Proprio come fa il Papa. È questo il nostro obbligo, e io che, a quanto dicono, sono il collaboratore più estroverso di Sua Santità, parlo di pace con tutti i giornalisti. E lo faccio volentieri, perché i miei 16 anni d?esperienza alle Nazioni Unite mi fanno comprendere meglio le ragioni che consigliano di evitare questa guerra. Vita: Mai la diplomazia vaticana si era mossa così massicciamente come adesso? Martino: È l?unica via, dati gli strumenti a nostra disposizione: fare incontri e lanciare appelli a favore della pace. Costantemente. Abbiamo messo in campo tutti i mezzi a nostra disposizione, che sono quelli diplomatici. Tutti sanno ciò che vuole il Papa, e le missioni del cardinale Pio Laghi a Washington e del cardinale Roger Etchegaray a Bagdad sono lì a testimoniarlo. Vita: Laghi, però, non è stato accolto a ?braccia aperte? da Bush? Martino: Sarà stato per? simmetria con quello che è accaduto a Bagdad con Etchegaray. No, scherzi a parte, l?attitudine di Bush non ci meraviglia. Vita: E se i vari Bush e Blair non ascolteranno la parola del Papa? Martino: Commetteranno peccato. Guardi, il ruolo che oggi ricopre il Papa è simile a quello del prete che, durante la messa, dice ai fedeli ciò che si deve e ciò che non si deve fare. Terminata la messa, però, ognuno va a casa sua, e può decidere se comportarsi secondo la parola di Dio o no. Ma, di certo, non si può impedire al prete di dir messa, o al Papa di battersi per la pace. Se poi non lo ascolteranno, le ripeto, commetteranno peccato. Vita: Quarant?anni fa con la Pacem in Terris Giovanni XXIII aiutò a scongiurare un conflitto. Ci sono analogie con l?attualità? Martino: Allora c?era il pericolo atomico, oggi la situazione è un po? diversa. C?è stato l?11 settembre, l?Afghanistan, oggi l?Iraq. A fatica si sta materializzando l?osservazione della risoluzione Onu 1141; speriamo che gli ispettori Onu siano soddisfatti e possano riportare ulteriori progressi. Ma non dimentichiamo che, nel 1998, gli ispettori non furono cacciati da Saddam: fu il capo dell?allora Unscom a decidere di ritirarli, di testa sua, senza alcuna risoluzione Onu. E, se non fosse stata presa quella decisione, probabilmente oggi la situazione sarebbe diversa. Vita: Se n?è parlato tanto in questi giorni: il Papa andrà all?Onu? Martino: Non so risponderle, ma non escludo nulla. Il Papa è un uomo che sorprende. Vita: Un Papa, Wojtyla, che nel 1979 e nel 1995 è già stato davanti all?Onu? Martino: Sì e in quelle occasioni parlò di diritti umani e della “famiglia delle Nazioni”, indicando i pilastri della pace: verità, libertà, giustizia e amore. E poi parlò di “promesse non mantenute”. Vita: Quali? Martino: Quelle fatte ai popoli poveri e ai Paesi in via di sviluppo e che, come tutte le promesse non mantenute, sono pericolose e lasciano amareggiato chi le ?subisce?. Possono generare frustrazione e, persino, essere causa di quel terrorismo che oggi si vuole combattere con la guerra preventiva. Vita: Cos?ha rappresentato il digiuno del 5 marzo? Martino: Un gesto di pace importante, assieme alla preghiera. E poi, aver provato un po? di fame, noi che siamo iperalimentati, ci ha fatto sentire più vicini a quel miliardo di persone che va a letto con lo stomaco vuoto. E ai due miliardi di esseri umani che ?vivono? con meno di due dollari al giorno.


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