Cultura

Cresce l’Italia del riciclo

Presentato a Roma l'XI rapporto realizzato da Fise Unire e Fondazione per lo sviluppo sostenibile

di Maurizio Regosa

 

Anzitutto le buone notizie contenute nel rapporto L’Italia del riciclo 2011 realizzato da Fise Unire e Fondazione per lo sviluppo sostenibile  («confezionato con la collaborazione delle imprese del riciclo», ha sottolineato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile). Con la ripresa (parziale) dei consumi, nel 2010 è tornata a salire l’attività di riciclo. Che segna, nei diversi settori, il segno più (fa eccezione però la plastica: -0,7%). A cominciare dal vero e proprio exploit dei rottami ferrosi (+67,9%), dai buoni risultati di alluminio (+18), legno (+15,4) e carta (+9,3) per arrivare alla tenuta del vetro (che si assesta su un + 7,5%). di contro il saldo import-export nel 2010 continua a essere negativo: importiamo più di quanto esportiamo (ovvero 2,5 milioni di tonnellate, più o meno lo stesso valore di importazioni del 2009) tranne per quel che riguarda la carta (settore in cui siamo più esportatori con un saldo di 1,1225 milioni di tonnellate). Buoni risultati anche nel settore imballaggi: nel 2010 le quantità avviate al riciclo hanno raggiunto quota 7,34 milioni di tonnellate (il 5,6% in più rispetto all’anno precedente). In crescita sia pure lieve il settore del riciclo anche delle apparecchiature elettriche ed elettroniche: sta entrando a regime con un incremento in un anno del 27% (in termini assoluti, abbiamo raggiunto la raccolta di 4 chilogrammi procapite).

La politica europea

Percentuali positive che vanno salutate senza trionfalismi. Un po’ perché non abbiamo ancora raggiunto altri paesi europei. Un po’ perché sono numerosissime le questioni che ancora rimangono aperte. A livello globale, ad esempio, l’Europa continua a far lievitare il suo consumo di risorse naturali (cresciuto del 25% fra 2000 e 2007). Tuttavia «l’Europa punta alla green economy», ha precisato Ronchi, «e dunque all’aumento dell’efficienza, alla riduzione dei consumi e propone un doppio disaccoppiamento fra consumo e sviluppo, tra uso delle risorse e impatto ambientale». Tradotto, si deve cercare di far sì che lo sviluppo sia svincolato dal consumo, di incentivare il riciclo e il riutilizzo, anticipando i possibili ostacoli (fra i quali l’inerzia nei sistemi di produzione che talvolta non si adeguano anche se la tecnologia lo consentirebbe) e magari «operando con incentivi mirati. Non è detto», ha continuato il presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, «che tutti i settori abbiano bisogno di incentivi eguali».

Lo specifico italiano

Per quanto riguarda il Belpaese, non mancano ostacoli specifici alla crescita ulteriore del riciclo. Anzitutto l’incertezza normativa (siamo ancora in attesa dei decreti attuativi della direttiva 98/2008 Ce) e la non compiuta attività di definizione per quanto riguarda ad esempio i criteri per i sottoprodotti e la cessazione della qualifica di rifiuto, e per quel che concerne le modalità e i criteri di introduzione della responsabilità estesa del produttore. Mancano inoltre dati certi sulla produzione e la gestione dei rifiuti inerti e speciali: in Italia per dire siamo al 10% (contro il 79% della Gran Bretagna e il 37 della Germania, alla quale nel rapporto è dedicato un interessantissimo focus: nel paese di Angela, nel 2008 sono stati prodotti 344 milioni tonnellate rifiuti, il 75% dei quali però è stato recuperato). «In più», ha sottolineato sempre Ronchi, «c’è una crescente concorrenza da parte dei paesi emergenti anche nel settore del riciclo. L’Italia, che è povera di materie prime, dovrebbe riconoscere il valore strategico del riciclo, intervenire per favorire lo sviluppo la filiera, incoraggiare investimenti tecnologici e stimolare il mercato dei materiali riciclati». Si potrebbe cominciare dall’applicare l’idea di acquisti verdi e di materiali di riciclo da parte dello Stato, in tutte le sue articolazioni.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA