Non profit
La capitale rossa diventa verde
Una giornata nella sezione "padana" della città simbolo
La sede da dove ha spiccato il volo la campagna elettorale del governatore Zaia
è diretta da un operaio figlio di operai: «Qui è cambiato tutto» C’era una volta, sulle sponde della laguna, un quartiere operaio per antonomasia: persino una delle parrocchie non faceva eccezione, essendo dedicata a Gesù Lavoratore. Il quartiere c’è ancora e si chiama Marghera, la chiesa anche, ma gli operai sono ormai merce rara: e anche il rosso ne è uscito alle ultime amministrative un po’ sbiadito, mentre ha fatto capolino in modo sorprendente la Lega: 1.888 voti, che ne fanno il terzo partito dopo Pd e Pdl. Un risultato che è arrivato dopo l’apertura di una sede che possiamo definire “fortunata”: perché proprio dalla sua inaugurazione è partita la cavalcata vincente di Zaia alla conquista del Veneto.
Aprire una sede di partito può sembrare anacronistico. Invece qui a Marghera ha avuto un significato particolare: «Se non altro per dire che ci siamo, che siamo disposti ad ascoltare tutti e a confrontarci con tutti per far rinascere Marghera, una realtà che si sta svuotando sempre di più», dice il segretario Leonardo Righetto, 41 anni, “margherotto doc” in tutti i sensi, figlio e genero di operai, operaio lui stesso. Lo incontriamo proprio nel suo quartier generale, un ufficio a piano terra di una palazzina a pochi metri dal centro, che apre quando può: «Dipende dagli orari di lavoro», spiega Righetto. «C’è però un appuntamento fisso, quello del mercoledì alle 20.30. Aperto a tutti, non solo ai nostri iscritti, che sono un centinaio».
Il segnale dell’apertura è dato dalle bandiere con il Sole delle Alpi esposte all’angolo: l’interno della sede è tappezzato dai manifesti e “presidiato” perennemente da una bella armatura medievale, che ricorda un po’ l’Alberto da Giussano. Che partendo da qui la Lega facesse bottino a Marghera era impensabile qualche tempo fa, nonostante il crescente disincanto: «Ma non è un voto di protesta», dice il segretario. «Se siamo stati eletti è perché abbiamo ricevuto tante preferenze. Hanno scelto le persone, non solo il simbolo. Un voto che proviene in gran parte dai giovani. In altri termini ci hanno dato fiducia, dopo anni di promesse non mantenute e di decisioni assurde che pesano sul futuro di questa città nella città, ma soprattutto di chi ci vive. O vorrebbe viverci. Tra cui il sottoscritto». Già, perché anche il Righetto operaio, figlio di operaio, non vive più a Marghera: «Colpa dei prezzi delle case che sono diventati proibitivi e di una politica della casa assurda: dobbiamo rifare i bandi per gli alloggi popolari che attualmente sembrano fatti apposta per non farli vincere ai residenti, ma ad altri…». Il porto poi è in crisi nera: «Se continua così, qui tra un paio di anni qui si chiude baracca e burattini, rendiamocene conto».
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