Non profit

«Quando sembra tutto tranquillo è il momento di preoccuparsi»

di Redazione

Il loro primo disco si chiamava A camorra song’io, «La camorra sono io». Nascono nel 2005 e si danno come nome A’67, che sta per «La ’67», la legge di riqualificazione urbanistica che ha partorito il mostro Scampia. Quest’anno, insieme all’associazione (R)Esistenza e con il sostegno del Csv di Napoli, hanno curato «Scampia Trip» (Edizioni Ad Est dell’Equatore), un progetto multimediale che, attraverso un mix di parola scritta, suoni e immagini offre un affresco di Scampia e, soprattutto, dei suoi abitanti, con storie di devianza e di riscatto sociale. Insieme all’antologia di racconti, un documentario (firmato da Luigi Pingitore) e un cd curato dal giovane leader degli A’67, Daniele Sanzone.
«”Scampia trip” voleva fare rete e raccontare attraverso il locale il globale», dice Daniele. «C’era questa presunzione nel nostro progetto, che è uscito in un momento di stasi mediatica: quando non si scrive di Scampia e di camorra si pensa che sia stata debellata. Invece quando non se ne parla è perché è più forte, ed è ora che è finita l’ultima faida che l’attenzione dei media andrebbe sollecitata. Dall’anno scorso la situazione è peggiorata perché apparentemente non succede nulla». Daniele Sanzone ha 31 anni: suo padre è un pittore, la mamma fa la casalinga, lui è uno dei ragazzi che ruotavano attorno a Felice Pignataro, l’artista dei murales.
«Volevamo darci una connotazione fortemente territoriale», racconta Daniele, «ma poi ci siamo resi conto che, parlando di Scampia, si parla di qualsiasi altro luogo abbandonato del mondo. Anche se Scampia è come se fosse un gattopardo, cambia pelle ma non cambia mai veramente. E qui le istituzioni latitano sempre di più». Non esiste una ricetta, secondo Daniele, ma servirebbe insistere sul fronte lavoro «per dare un’alternativa reale a chi vive ai margini, dove la camorra riesce a supplire alle mancanze dello Stato. Solo con un lavoro onesto e dignitoso si può uscire dalle dinamiche perverse. È facile criticare chi non si ribella, ma qui il sistema dà da mangiare a intere famiglie».

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