Welfare

Gli anziani? daranno buoni dividendi

Il gruppo Cir quota in Borsa le case di ricovero

di Redazione

L’annuncio è apparso giovedì 7 maggio a pagina intera su Avvenire, Corriere della Sera e Sole 24ore. Un lungo testo a firma Ucid, l’Unione cristiana imprenditori dirigenti, dal titolo perentorio: «Gli anziani non autosufficienti sono persone, non posti letto». La pietra dello scandalo è annunciata nelle prime righe: «Si sta accompagnando il lancio della prima operazione di Borsa italiana, mirante – nel compiacimento per aver messo assieme in pochi anni, comprando a destra e a manca, migliaia e migliaia di posti letto – a raccogliere capitali da impiegare nelle residenze per persone anziane non autosufficienti». Nomi non se ne fanno, ma i riferimenti sono chiari e basta poco per arrivare a capire a chi ci si riferisce. La società in questione è la Kos del gruppo Cir di Carlo De Benedetti. La notizia della quotazione era apparsa sui siti di informazione finanziaria il 30 aprile, con una dichiarazione di Rodolfo De Benedetti (nella foto), ad di Cir, in cui si spiegava che «in questo momento il mercato è interessato a queste aziende che hanno dimostrato di saper tenere nella fase di crisi e di avere prospettive interessanti».
La Kos è attiva dal 2003 e negli anni, attraverso una serie di acquisizioni di strutture, ha ampliato la sua presenza nel settore sanitario ed assistenziale. Oggi controlla 40 residenze per anziani non autosufficienti (la catena Anni Azzurri) e una serie di strutture di riabilitazione e di servizi ad alta tecnologia medica: in tutto sono oltre 5.500 posti letto disponibili e quasi 400 in realizzazione. Ma i numeri che Kos in questo momento mette in vetrina sono soprattutto altri: quelli dell’incremento di fatturato (da 246 a 273 milioni nel 2009) e quello dell’ultimo Ebitda (gli utili prima delle tasse e degli ammortamenti) di 33 milioni.
Come si generano questi numeri? Questo è il punto che, a livello di principio, l’Ucid contesta con forza. I conti della cura degli anziani non autosufficienti non sono numeri che lasciano margini a chi opera nel settore. I conti ce li fa Roberto Volpe, presidente dell’Uripa, l’associazione che raduna il 90% delle strutture in Veneto: «Un anziano non autosufficiente costa in media sui 110/120 euro al giorno. 70 euro vanno nelle spese per il personale sanitario, il resto nelle mille voci indispensabili per garantire un servizio dignitoso, dal vitto alle pulizie, sino alle spese di struttura». Alla voce “entrate” una residenza per anziani mette i circa 50 euro che vengono dalla convenzione con le rispettive Regioni, i 10/15 di integrazioni per medicinali e prestazioni mediche; il resto è a carico delle famiglie. Se i numeri sono questi, come può accadere che si generi addirittura un utile? O si aumentano le rette per le famiglie, o si fanno pagare tutti i servizi supplementari – dall’acqua minerale in su -, o si risparmia sulla qualità dei servizi. Oppure succede che queste strutture vengano prese come strutture di passaggio per rispondere ad un’emergenza in attesa che si trovi posto nel pubblico o nel privato sociale. Spiega Volpe: «È davvero difficile pensare alle strutture per anziani come fonte di business. L’investimento per un nuovo posto letto è nell’ordine dei 100/130mila euro. Facendo tutte le economie di scala, è una cifra che si ripaga in 40 anni». Tempi decisamente insostenibili per le prospettive della Borsa. «E non dobbiamo dimenticare che qui non siamo in una logica di vero mercato, perché comunque le strutture private si avvalgono del contributo pubblico. E quindi è improprio che grazie a un contributo pubblico si arrivi a generare un utile a beneficio degli azionisti», incalza Volpe.
A proposito di mercato. Nel testo dell’Ucid si ricorda che «la costante interazione tra domanda e l’offerta in par condicio è ciò che esalta il positivo del mercato». Una par condicio che viene evidentemente meno nel caso degli anziani, proprio per la loro condizione di “non autosufficienti”, che quindi non possono «esercitare quel ruolo della domanda come controparte dell’offerta». Un’asimmetria che è negazione del mercato. Se per mercato non si intende semplicemente speculazione?

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.