Non profit

Fanatismi e punti esclamativi

Il fanatico cresce e fa proseliti solo in un contesto di eccitazione, mentre si estingue appena gli uomini accettano la logica del compromesso. Anteprima dell'editoriale di VITA in edicola

di Giuseppe Frangi

È uscito un libro che raccomandiamo di tutto cuore ai nostri lettori. Lo ha scritto Amos Oz, ebreo, nato a Gerusalemme, di sentimenti progressisti ma molto sensibile alla causa di Israele. Stanco di assistere alla degenerazione folle che lo circondava, ha preso carta e penna e ha vergato tre stupende, travolgenti lezioni Contro il fanatismo (in realtà le ha tenute fuori patria, in Germania. Ora da noi le pubblica Feltrinelli). Cosa ci dice Oz? Innanzitutto confessa di essere lui stesso un estremista pentito. Cioè di aver sentito sulla sua pelle, o meglio, nel proprio cervello, la follia del fanatismo. E di averne conosciute così, in presa diretta, le pieghe nascoste, le paranoie, i veri fini. Ora che si è sottratto alla sua presa, Oz lo guarda con una punta di umorismo: non perché lo sottovaluti. Affatto. Ma perché sa che l?esagerazione dei toni è già una sua vittoria. Che la contrapposizione frontale è già una sua legittimazione. Oz ci spiega, così, come il fanatismo non sia una conseguenza di una posizione culturale e religiosa sbagliata. Perché sta prima di tutte le culture e nessuna ne è immune. Come nessuna è immune, per fortuna, dal suo più potente antidoto: il pragmatismo. E qui si concede un tocco di umorismo: “Se avete per caso notizia di un?accademia o di un?università in procinto di aprire un dipartimento di studi sul fanatismo comparato, faccio subito domanda”, scrive. Come dire: neanch?io sono garantito e immune. Se c?è da lavorare per irrobustire la mia capacità immunitaria, sono pronto a farmi studente. Annotiamo questo suggerimento. Oz, come detto, non sottovaluta affatto il fanatismo. Lo teme, tanto da identificarlo con quella “componente sempre presente nella natura umana, un gene del male”; ma insieme sa che per sconfiggerlo bisogna guardarlo con ironia. Per questo immortala il fanatico con un?immagine straordinaria ed esilarante: “Un punto esclamativo ambulante”. Poi tratteggia questo formidabile ritratto: “Ritengo che l?errore del fanatico stia nel desiderio di costringere gli altri a cambiare, quell?inclinazione comune a rendere migliore il tuo vicino, educare il tuo coniuge, programmare tuo figlio, raddrizzare tuo fratello, piuttosto che lasciarli vivere. Il fanatico è la creatura più disinteressata che ci sia, ansiosa di salvare il prossimo a misura dei propri ideali. E nel caso si dimostrasse particolarmente recalcitrante, eliminandolo dalla scena per incompatibilità”. Ma il fanatico cresce e fa proseliti solo in un contesto di eccitazione. E al contrario si estingue, come se gli venisse a mancare l?aria, appena gli uomini accettano la logica del compromesso. Perché ci è sembrato giusto raccomandare questo libro? Perché lo abbiamo messo in relazione a un fatto che abbiamo vissuto tutti un po? in sordina, tra soprassalti di retorica e assurdi spauracchi. Ci riferiamo all?allargamento dell?Europa a 10 Paesi dell?Est, un evento che è stupido guardare con il solito scetticismo e che invece conferma, pur tra mille difficoltà, come un grande processo continui. Quante volte abbiamo sentito che quest?Europa non ha un collante, che è solo un apparato burocratico incapace di incidere, un insieme di Paesi imborghesiti e decadenti. Ecco, Oz ci suggerisce un?ipotesi. Che proprio questo continente appesantito sia il continente più refrattario al grande pericolo che incombe sul resto del mondo, Stati Uniti compresi: il fanatismo. Il limite dell?Europa, paradossalmente, può essere la sua forza: questi 25 Paesi, così sospettosi e dispettosi, per storia, per consuetudine e per necessità praticano l?arte del compromesso. Quell?arte che in tanti hanno sdegnosamente archiviato. Certo, manca un passaggio fondamentale: perché non basta tenere per sé l?arte del compromesso, bisogna anche farsene una coscienza. E avere l?energia per esportarla. Ma da quell?arte, dice Oz, dipende il destino del mondo, a cominciare dalla pace: “La pace non è uno scoppio emotivo: è semplicemente un compromesso. La pace in cui credo è pragmatica: la si fa e la si mantiene a denti stretti”. L?Europa, da 60 anni, ne sa qualcosa.

  • Leggi il sommario completo di VITA in edicola

  • Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
    fondamentale per supportare il lavoro di VITA