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O si è muri o si è ponti

ANTICIPAZIONE - Editoriale di Giuseppe Frangi del numero di VITA in edicola da domani. Dove potrete trovare anche uno speciale "1 dicembre: Giornata mondiale di lotta all'aids"

di Giuseppe Frangi

Anche Galli della Loggia, a passi felpati, ha fatto marcia indietro. Ha scritto, con mille distinguo, che la scelta della guerra non è stata una bella idea. E che il pasticcio in cui vincitori e vinti oggi si trovano è frutto di quella aggressione avventata che, come ha scritto Eugenio Scalfari con scrittura immaginifica, ha aperto le porte dell?Inferno. Anche dalla Chiesa, che s?è distinta in questi mesi per intelligenza storica e sensibilità umana, arrivano segnali nuovi: il cardinal Ruini, con fermezza, ha spiegato che la missione italiana in questo momento è giusta e che sarebbe un errore imperdonabile pensare di ritirarsi. E chi ha interpretato, con malizia, quella di Ruini come una correzione della linea papale, quasi come una giustificazione morale del conflitto, deve fare i conti con le parole di un altro presule, certamente non incasellabile nelle diatribe ecclesiali di casa nostra: il nunzio apostolico a Bagdad, Fernando Filoni, dalle colonne del Corriere della Sera, implorava il popolo italiano di non lasciare gli iracheni al loro destino. «Se ve ne andaste», ha detto Filoni «ne verrebbe una crisi terribile, impossibile da affrontare, perché sono stati annullati tutti i poteri e non resterebbe più nulla, solo il caos». Tra i tanti poteri che gli americani hanno improvvidamente cancellato, ci sono anche le rappresentanze diplomatiche: «Come nunziatura la richiediamo ma loro la pensano diversamente».

Questo drammatico dopoguerra iracheno sta rimettendo in gioco tutti i punti di vista. E, paradossalmente, chi non se ne accorge e s?irrigidisce sulle posizioni preguerra sembra del tutto fuori gioco: pensate al caso della Francia che, dopo aver difeso caparbiamente la propria autonomia di scelta dalla potenza unica americana, si è arroccata nell?anacronistica difesa della propria laicità, proibendo il velo alle ragazze musulmane che frequentano la scuola pubblica. Risultato: la Francia ieri protagonista, oggi è tagliata fuori, come ai margini delle questioni cruciali.

Tutto sta cambiando, anche la strategia del terrorismo, uno degli improvvidi regali che la guerra ha fatto all?Iraq (che sotto Saddam aveva conosciuto tante sciagure, ma questa certamente gli mancava): ieri il terrorismo puntava la sua ferocia cieca contro il grande nemico, l?America di Bush. Oggi il terrorismo non punta più la sua carica distruttrice contro i muri, ma contro i ponti. Prima l?Onu, poi la Croce Rossa, poi i soldati italiani («Hanno mostrato che non esiste solo la guerra, che la pace è costruzione di convivenza civile», ha detto sempre monsignor Filoni). Infine la Turchia, che pur con tutte le sue ambiguità, rappresenta un?esperienza di Islam moderato e moderatamente tollerante.

Per questo oggi è più che mai necessario costruire con ostinazione nuovi ponti. è necessario non chiudersi e non farsi chiudere tra i muri dei vecchi schemi. Per questo il ruolo della società civile non è mai stato tanto decisivo e delicato quanto oggi.

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