Non profit

Legge cooperative, secondo round

Riforma del diritto societario. Quel maledetto art. 5. Le cooperative italiane, 50mila, si mobilitano unite per impedire che l’economia sociale venga confinata in un angolo

di Redazione

Così no. Così non si fa del male solo al mondo cooperativo, ma a tutto il Paese e all?economia. E’ pressoché un grido unanime quello che sale dai soggetti, diversi, dell?economia sociale italiana. Protesta la Legacoop con 10 mila cooperative associate, centrale della mutualità operaia e contadina tradizionalmente di sinistra e raccoglie un milione di firme (per aderire andate al sito www.legacoop.it), protesta la Confcooperative, centrale bianca e cattolica, con le sue 18 mila realtà associate e propone una valanga di emendamenti, protestano le coop della Compagnia delle Opere con il loro migliaio di realtà non profit associate. Insomma, sui principi costituzionali che riconoscono la realtà antica dell?economia sociale non si scherza, e non si gioca. E allora ecco l?intero arco costituzionale delle forze sociali e mutualistiche che proprio il giorno in cui la Riforma sul diritto societario riprende il suo iter al Senato, sparano bordate ad alzo zero. Stiano attenti l?onorevole La Malfa e tutti i pasdaran confindustriali e corporativi perché le bocche di fuoco sono tante. Ecco i numeri che, al di là delle metafore guerresche, spiegano bene quanto sia solida e quanto sia cresciuta l?economia sociale in questo Paese. E di conseguenza spiegano anche i malumori, le invidie e spesso gli odi di tutte le new economy e old corporation. Sono 50 mila le realtà cooperative in Italia e servono quasi 10 milioni di soci, il fatturato aggregato è di circa 135 mila miliardi. Ivano Barberini, presidente Legacoop, è categorico: «Con l?approvazione dell?art. 5 della legge delega sul diritto societario, si è consumato un attacco alla Cooperazione che non ha precedenti dal dopoguerra. Si tende a colpire la cooperazione che è cresciuta non in virtù di privilegi ma della capacità imprenditoriale e della rinuncia di molte generazioni di soci a beneficiare personalmente della ricchezza, destinandola a riserve indivisibili: un fatto che si tende ad ignorare da parte della maggioranza che ha approvato l?art.5 e che rappresenta l?esatto contrario della ?prevalente finalità lucrativa? con la quale si pretende di giustificare lo stravolgimento operato del diritto societario cooperativo». Più compassato, ma non meno severo, è il professor Carlo Borzaga, docente di Economia del lavoro e studioso del movimento cooperativo. Borzaga ci spiega il nodo del contendere: «Non c?è dubbio che l?articolo 5 della Riforma del diritto societario nasca dalla paura, magari da una certa invidia, di altri soggetti del mercato. Insomma, l?idea è punitiva. Gli emendamenti già apportati alla Camera rispetto al testo originale, ne attenuano in parte gli effetti, ma resta il fatto che si riduce il concetto di mutualità ai soli soci. Mentre la Costituzione e la dottrina economica riconoscono la funzione sociale della cooperazione, risconoscono che la mutualità è un bene comunitario. Ma, vedete, di tutto si può discutere, si possono porre problemi accettabili, per esempio dare una possibilità di uscita dalla cooperazione, o ragionare sulla destinazione delle riserve indivisibili, ma non si può entrare a gamba tesa su una delle realtà economiche più vive e interessanti del Paese». Ivano Barberini ribadisce: «A quelli che protestano, senza sapere nulla, per i nostri presunti vantaggi, dico: ?trasformatevi in cooperativa! Rinunciate ai vostri profitti, fate come noi?. Ma non è questo il punto, la verità è che vogliono chiudere la cooperazione in un ghetto protetto. Oggi hanno tagliato i rami dei consorzi agrari e delle banche di credito cooperativo, domani taglieranno le cooperative di consumo, e ci spingeranno dentro una marginalità protetta, quella da cui il movimento, a prezzi di sacrifici grandi, era risucito ad uscire. Per questo siamo mobilitati in maniera unitaria, dalla Lega alla Compagnia delle opere». Marzocchi, presidente di Federsolidarietà, non dispera che a colpi di emendamenti quel maledetto articolo 5 si possa migliorare: «Prevedere che le coop si possano trasformare in società lucrative, deve essere un provvedimento temporaneo, non può diventare norma. Se la si introducesse tout court si affermerebbe un principio sbagliato e distruttivo, permettendo di creare un valore aziendale per poi intascarsi il patrimonio. Noi siamo i primi a sostenere che il fine non giustifica i mezzi, che la solidarietà non può essere perseguita senza mutualità e coinvolgimento dei soci. Ma questo articolo è confuso, nato da una preoccupazione fiscale, interviene sulla natura stessa della cooperazione. Così no». Salviamo la cooperazione, si mobilitano i prof “Appello per la cooperazione, contro il disegno distruttivo della cooperazione italiana contenuto nella Riforma del diritto societario”. Un manifesto dei docenti La Costituzione riconosce la funzione sociale della cooperazione come forma di gestione di impresa a carattere mutualistico. La Costituzione riconosce in questa forma di impresa senza fini di speculazione privata la via per creare ricchezza inter-generazionale, e, soprattutto, capitale sociale. La Costituzione riconosce nella cooperazione uno strumento essenziale per il pluralismo economico e per le politiche di concorrenza anti-monopolistiche.La storia economica e istituzionale della Repubblica ha confermato la validità di questa visione costituzionale. La cooperazione, con 80 mila cooperative e 8 milioni di soci cooperatori, è diventata componente essenziale della nostra economia sociale di mercato. La cooperazione con il meccanismo del costante riferimento ai bisogni dei soci e della collettività, assume un ruolo di contrasto nei confronti di tutto ciò che attenta alla coesione sociale del pa ese. Tutte le Regioni italiane hanno istituzionalmente riconosciuto nei loro Statuti i legami territoriali della cooperazione e la specificità della sua funzione economica. Contro la Costituzione e la sua storia applicativa si è ora concretizzato alla Camera un disegno distruttivo della cooperazione italiana. Questo disegno è articolato in tre fasi, tutte e ciascuna viziate da illegittimità costituzionale. La prima fase consiste nella arbitraria rottura dell’unitario concetto costituzionale di cooperazione e nella artificiosa restrizione della nozione di cooperazione che la costituzione voleva a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La seconda fase consiste nella anacronistica riduzione della cooperative costituzionalmente riconosciute” alle sole cooperative di “gestione di servizio”. Si minimizzano così lo spazio e il ruolo delle cooperative e si elimina di fatto quella che è la funzione costituzionale della cooperazione: la sua capacità di far fronte ai bisogni in modo più completo di quanto non possano fare le imprese lucrative. La terza fase consiste nell’assorbimento della parte più vasta e più dinamica della cooperazione nell’area della impresa capitalistica, favorendone la trasformazione con procedimenti semplificati. La funzione sociale è così smontata e, in definitiva, è disincentivato lo stesso agire cooperativo. Il contrario esatto di quanto dice la Costituzione. Noi denunciamo questo tentativo di distruzione di una forma di pluralismo in cui si riconosce tanta parte dell’identità economica e culturale degli italiani. Questo tentativo non ha alcuna onesta giustificazione. La lotta contro fenomeni di deformazioni in senso capitalistico e burocratico della cooperazione va condotta, come dice la Costituzione, “con gli opportuni controlli”. Con la espulsione cioè delle “false cooperative” dal sistema e non con la frattura dell’unità di insieme. La nostra denuncia è fatta in nome della Costituzione, ma anche in nome della storia del nostro Paese che, prima e dopo la Costituzione repubblicana, ha visto nella cooperazione l’incontro delle sue diverse anime popolari, il segno concreto della solidarietà nazionale. Prof. S. Biasco (Università di Roma); Prof. A. Manzella (LUISS); Prof. G. Bonfante (Università di Torino); Prof. S. Zamagni (Università di Bologna); Prof. R. Costi (Università di Bologna); Prof. E. Minardi (Università di Teramo e Fondazione Giovanni Dalle Fabbriche) Il contestato… art. 5 Art. 5. (Società cooperative) 1. La riforma della disciplina delle società cooperative di cui al titolo VI del libro V del codice civile e alla normativa connessa è ispirata ai princìpi generali previsti dall?articolo 2, in quanto compatibili, nonchè ai seguenti princìpi generali: a) assicurare il perseguimento della funzione sociale delle cooperative, nonchè dello scopo mutualistico da parte dei soci cooperatori; b) definire la cooperazione costituzionalmente riconosciuta, con riferimento alle società che, in possesso dei requisiti richiamati dall?articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, svolgono la propria attività prevalentemente in favore dei soci o che comunque si avvalgono, nello svolgimento della propria attività, prevalentemente delle prestazioni lavorative dei soci, e renderla riconoscibile da parte dei terzi; c) disciplinare la cooperazione costituzionalmente riconosciuta, conformemente ai princìpi della disciplina vigente, favorendo il perseguimento dello scopo mutualistico e valorizzandone i relativi istituti; d) favorire la partecipazione dei soci cooperatori alle deliberazioni assembleari e rafforzare gli strumenti di controllo interno sulla gestione; e) riservare l?applicazione delle disposizioni fiscali di carattere agevolativo alle società cooperative costituzionalmente riconosciute; f) disciplinare la figura del gruppo cooperativo quale insieme formato da più società cooperative, anche appartenenti a differenti categorie, con la previsione che lo stesso, esercitando poteri ed emanando disposizioni vincolanti per le cooperative che ne fanno parte, configuri una gestione unitaria; g) prevedere che alle società cooperative si applichino, in quanto compatibili con la disciplina loro specificamente dedicata, le norme dettate rispettivamente per la società per azioni e per la società a responsabilità limitata a seconda delle caratteristiche dell?impresa cooperativa e della sua capacità di coinvolgere un elevato numero di soggetti. 2. In particolare, la riforma delle società cooperative diverse da quelle di cui al comma 1, lettera b), è ispirata ai seguenti princìpi e criteri direttivi: a) prevedere che le norme dettate per le società per azioni si applichino, in quanto compatibili, alle società cooperative a cui partecipano soci finanziatori o che emettono obbligazioni. La disciplina dovrà assicurare ai soci finanziatori adeguata tutela, sia sul piano patrimoniale sia su quello amministrativo, nella salvaguardia degli scopi mutualistici perseguiti dai soci cooperatori. In questa prospettiva disciplinare il diritto agli utili dei soci cooperatori e dei soci finanziatori e i limiti alla distribuzione delle riserve, nonchè il ristorno a favore dei soci cooperatori, riservando i più ampi spazi possibili all?autonomia statutaria; b) prevedere, al fine di incentivare il ricorso al mercato dei capitali, salve in ogni caso la specificità dello scopo mutualistico e le riserve di attività previste dalle leggi vigenti, la possibilità, i limiti e le condizioni di emissione di strumenti finanziari, partecipativi e non partecipativi, dotati di diversi diritti patrimoniali e amministrativi; c) prevedere norme che favoriscano l?apertura della compagine sociale e la partecipazione dei soci alle deliberazioni assembleari, anche attraverso la valorizzazione delle assemblee separate e un ampliamento della possibilità di delegare l?esercizio del diritto di voto, sia pure nei limiti imposti dalla struttura della società cooperativa e dallo scopo mutualistico; d) prevedere che gli statuti stabiliscano limiti al cumulo degli incarichi e alla rieleggibilità per gli amministratori, consentendo che gli stessi possano essere anche non soci; e) consentire che la regola generale del voto capitario possa subire deroghe in considerazione dell?interesse mutualistico del socio cooperatore e della natura del socio finanziatore; f) prevedere la possibilità per le società cooperative di trasformarsi, con procedimenti semplificati, in società lucrative, fermo il disposto di cui all?articolo 17 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, concernente l?obbligo di devolvere il patrimonio in essere alla data di trasformazione, dedotti il capitale versato e rivalutato, ed i dividendi non ancora distribuiti, ai fondi mutualistici di cui all?articolo 11, comma 5, della legge 31 gennaio 1992, n. 59; g) prevedere anche per le cooperative il controllo giudiziario disciplinato dall?articolo 2409 del codice civile, salvo quanto previsto dall?articolo 70, comma 7, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385. 3. Sono esclusi dall?ambito di applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo i consorzi agrari, nonchè le banche popolari, le banche di credito cooperativo e gli istituti della cooperazione bancaria in genere, ai quali continuano ad applicarsi le norme vigenti salva l?emanazione di norme di mero coordinamento che non incidano su profili di carattere sostanziale della relativa disciplina. Scadenzario Il termine del 28 settembre è stato deciso ieri al Senato dalla conferenza dei capigruppo. Se si escludono improbabili modifiche il testo della Camera, che già ieri ha avuto l?ok delle commissioni riunite giustizia-finanze di Palazzo Madama, finirà oggi l?iter in commissione con l?esame degli ordini del giorno. Da martedi? prossimo comincerà la discussione in aula, dove si prevede un altro scontro durissimo maggioranza-opposizione. Ma l?approvazione del testo è ormai data per scontata, considerati i numeri delle forze in campo. Link utili

  • Testo del disegno di Legge: Delega al Governo per la riforma del diritto societario
  • Confcooperative;
  • Lega delle Cooperative;
  • ACI Alleanza Cooperativa Internazionale;
  • CGM Consorzio Nazionale della Cooperazione Sociale;
  • CIRIEC Centro Internazionale di Ricerca e di Informazione sull?Economia Pubblica, Sociale e Cooperativa;
  • COPAC Commissione per la promozione e lo sviluppo delle cooperative;
  • ILO Organizzazione Internazionale per il Lavoro;
  • WOCCU Commissione Mondiale del Credito Cooperativo.

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