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Sicilia, il nuovo progetto di legge sulle dipendenze lo scrivono gli universitari

Gli studenti del Dipartimento di Giurisprudenza di Palermo hanno elaborato una proposta di legge regionale, pensando a un sistema integrato e diffuso di prevenzione, trattamento, riduzione del danno e inclusione sociale sulle dipendenze patologiche. Un percorso nato in un territorio che vede il Terzo settore molto presente

di Gilda Sciortino

La Sicilia continua a bruciare. Questa volta, però, non per mano dei piromani che, puntuali arrivano ogni estate e, non curanti delle conseguenze che provocheranno le loro azioni, distruggono centinaia di migliaia di ettari di vegetazione (ben 31.078 solo dal 25 al 27 luglio). No, questa volta si tratta di fuochi di altra natura. «Ci sono incendi che divampano fuori e incendi che bruciano dentro le persone, le famiglie, e queste sono le dipendenze patologiche. In molti casi ci sono piromani che appiccano direttamente il fuoco così come ci sono piromani di altro genere; i trafficanti gli spacciatori, la mafia».

Parla così Clelia Bartoli, la docente di sociologia del diritto del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Palermo, che ha coordinato il lavoro dal quale ha preso vita il progetto di legge intitolato “Dalla dipendenza all’interdipendenza”.

Noemi, Giulio e Diego non ce l’hanno fatta, ma tanti altri giovani si possono salvare ancora

Victor Matteucci

Una proposta normativa che ha coinvolto gli studenti che hanno frequentato il suo corso durante il 2023 (Sonny Mazzola, Francesco Messina, Giuseppe Messina, Dario Palermo, Giuseppe Pappagalli, Myriam Picone, Alessia Pipitone, Sophia Pizzuto, Angela Presti, Clara Rappa, Chiara  Rigano, Andrea Russo, Matilde Rusticano, Maria Rita Salvia, Emanuele Scattarreggia, Alessandro Timo, Chiara Tocco e Silvia Trubia), il cui risultato è frutto di un percorso di studio del fenomeno e dell’ideazione legislativa partecipata che parte dal lavoro compiuto dallo specifico da un cartello di associazioni, espressione dell’antimafia sociale, come l’associazione “Casa di Giulio” (guidata da Francesco Zavatteri, il papà di Giulio), Arci Porco Rosso, Awakening –  gruppo di muto aiuto, CGIL regionale e Camera del Lavoro di Palermo, Centro di documentazione “Giuseppe Impastato” – No Mafia Memorial, Centro Studi e di iniziative culturali “Pio La Torre”, Comitato “Liberi Tutti” (animato dall’operatore sociale Nino Rocca), I compagni di Peppino Impastato, Mediter Italia, Memoria e Futuro, Movi provinciale, Ourvoice, “Sos Ballarò”.

«Tappa fondamentale di un percorso nel quale ognuno ha contribuito con la propria esperienza», afferma Loredana Introini, presidente del Centro Studi “Pio La Torre, «dimostrando che, insieme, si può puntare a cambiare ciò che non va. Un lavoro corale, che unisce posizioni diverse ma con responsabilità comuni pronte a lavorare insieme abbandonando ogni desiderio di protagonismo. Il modo migliore di operare che crea buone prassi e dimostra che, lavorando sinergicamente, si raggiungono obiettivi comuni. E quando l’obiettivo è dare risposte a tutte quelle famiglie, all’interno delle quali si consumano veri e propri drammi esistenziali, curando e arginando tempestivamente il devastante impatto che le dipendenze patologiche e il mercato alimentato dalla criminalità mafiosa che lucra non solo su singoli individui, peraltro sempre più numerosi, ma sull’intero tessuto sociale, culturale e produttivo dell’Isola. allora sappiamo che stiamo procedendo nella giusta direzione».

«A Palermo, in particolare nel quartiere Albergheria» – si legge nella proposta di legge che ha trovato come primo interlocutore del governo siciliano il neonato “Intergruppo regionale sul fenomeno del consumo di droghe nei giovani e negli adolescenti” – «a causa del preoccupante aumento negli ultimi anni dello spaccio e del consumo di crack e altre sostanze, è stato lanciato l’allarme da varie realtà e movimenti attivi a livello locale, primo tra tutti il comitato “Liberi Tutti”. Il dialogo tra le associazioni di quartiere e l’ASP di Palermo ha avuto come esito l’attivazione di un’unità mobile, che ha operato dal 2018 fino all’inizio della pandemia. Durante il lockdown, in parte a causa dell’interruzione del servizio, il consumo di crack, eroina e cocaina è aumentato, diffondendosi anche in altre aree cittadine».

Le giovani generazioni non sono il futuro, ma il nostro oggi per cui quando ci chiedono di esserci ci chiedono di andare contro chi approfitta delle loro fragilità

Mons Corrado Lorefice

Che i giovani chiedano aiuto lo ricorda anche il Cardinale di Palermo, mons. Corrado Lorefice, che ha simbolicamente preso in consegna la proposta di legge consegnandole nelle mani dell’Intergruppo.

«Mi pare chiaro che ciò che si svolge a Palermo, a Ballarò è un’istanza che riguarda la nostra terra, la nostra Sicilia, le nostre famiglie», afferma Lorefice «nelle quali è esponenziale la crescita dell’utilizzo di sostanze che distruggono interi nuclei. Ci troviamo innanzi al travaglio di nuove generazioni dalla grande sensibilità, di grande presa rispetto a quello che è il loro bagaglio culturale. Le giovani generazioni non sono il futuro, ma il nostro oggi per cui quando ci chiedono di esserci ci chiedono di andare contro chi approfitta delle loro fragilità. E i poteri forti conoscono molto bene quali sono le loro debolezze».

Urgente, quindi, tenere nella giusta considerazione la notizia della morte per overdose di ragazze e ragazzi sempre più giovani, come Noemi, la cui storia ha dato vita al libro inchiesta “Noemi Crack Bang” che ha avuto il merito di far ripartire il dialogo tra operatori sociali, associazioni del Terzo settore, famiglie e istituzioni sullo stato delle dipendenze nel capoluogo siciliano e non solo; ancora di più dopo le morti di altri due giovani, Giulio e Diego, grazie ai quali i passi in avanti sono stati fatti con ancora maggiore energia, portando la pubblica amministrazione la necessità di fare in fretta perché, oltre a Noemi, Giulio e Diego, sono morte e continuano a morire decine e decine di giovani, per i quali purtroppo non c’è il risalto mediatico che meriterebbero anche loro in  quanto non  hanno genitori, amici, la comunità o i media a volere e potere  dedicare loro attenzione. E sono veramente tanti.

Una delle manifestazioni che hanno sollevato il problema dello spaccio di crack a Palermo (Foto Antimafia Duemila)

«L’importanza di aver fatto conoscere la storia di Noemi, così come l’impegno di Francesco Zavatteri riguardo al figlio Giulio» afferma Victor Matteucci, presidente di Mediter Italia, «hanno fatto in modo che le vite di questi ragazzi non finissero nell’oblio,  come quelle di tantissimi giovani dei quali spesso si perdono le tracce. Va anche riconosciuto il merito a Nino Rocca, ex docente e operatore sociale che, lavorando sul campo, ha consentito di scoprire quanto dolore stia dietro l’esistenza di molti giovani invisibili come Lulù, Beatrice e tanti altri, fortunatamente ancora tra di noi. Noemi, Giulio e Diego, invece, non ce l’hanno fatta, diventando i testimoni di una società che spesso ha bisogno della morte per reagire. La fatica più grande è sempre quella della prevenzione che ridurrebbe il numero dei consumatori e darebbe un duro colpo al mercato della droga, invece si continuano a preferire saltuarie azioni repressive che non hanno alcun effetto reale sul consumo e sul traffico ma che, criminalizzando i giovani, alimentano la manovalanza mafiosa. Il disegno di legge appena presentato è fondamentale in questo senso perché, appunto, ci ricorda quanto sia importante avere un approccio integrato a un fenomeno così complesso che debba prevedere la prevenzione, la cura e il reinserimento sociale con progetti sostenibili».

Fondamentale, quindi, il lavoro condotto proprio da questi giovani studenti che hanno deciso di investire il loro presente per costruire un futuro nel quale esista un “sistema integrato e diffuso che prevenga, curi e argini tempestivamente il devastante impatto che le dipendenze patologiche e il mercato che le alimenta possono avere non solo su singoli individui, peraltro sempre più numerosi, ma sull’intero tessuto sociale, culturale e produttivo dell’Isola”.

«Camminando per i vicoli delle città siciliane», dicono a nome degli altri Maria Rita Salvia, Chiara Tocco e Alessandro   Timo, «non è affatto infrequente imbattersi in ragazzi e ragazze intenti a fumare crack o eroina, in stato di spaesata prostrazione oppure in preda alla tormentosa bramosia di accaparrarsi una dose, nonché di trovare “a tutti i costi” il danaro necessario a procurarsela. È dato clinicamente acquisito che la dipendenza da queste sostanze si instauri fin dalle sue prime assunzioni, con danni fisici gravissimi, sovente letali, nonché con altrettanto devastante impatto psicologico. La diffusione di vecchie e nuove droghe è una catastrofe in primo luogo per coloro che ne fanno uso e per i loro familiari, in secondo luogo per quanti, a causa di deprivazioni, sociali ed economiche diventano con facilità manovalanza a buon mercato del narcotraffico e, in definitiva, per l’intero corpo sociale. Dentro le case dei quartieri consolidatisi come principali aree di spaccio, il crack è cucinato da donne in condizioni di spiccata marginalità, i cui figli si ritrovano ad essere impiegati come piccoli agenti dello smercio, spesso precocissimi assuntori, con pesantissime ricadute per la loro salute, educazione e predestinazione sociale». Che le dipendenze patologiche, legate a comportamenti compulsivi o all’assunzione di sostanze più o meno lecite in Sicilia stanno crescendo a dismisura ce lo conferma lo studio che sta alla base della proposta di legge, secondo cui «si stanno diffondendo sia nei grandi comuni, sia nei piccoli centri di provincia, tra i giovanissimi e tra gli adulti, tra i ceti più poveri, come tra quelli più abbienti, tra gli autoctoni e tra i migranti. Senza contare il fatto che la criminalità organizzata, grazie ai lauti proventi di questo fruttuoso quanto nefasto commercio, espande la propria ricchezza e dunque la sua influenza sull’economia, la politica e l’ordinaria esistenza della popolazione siciliana e non solo».

La proposta di legge, però, va oltre non fermandosi alla Sicilia. Dalla messa a confronto con altre regioni italiane, infatti, emerge una condizione di grave insufficienza dei servizi connessi alle dipendenze.

Un esempio che renda la misura del problema? Il personale per i Servizi per le Dipendenze Patologiche – Ser.D della città di Palermo è composto da 25 unità, a fronte di un’utenza costituita da circa 3000 persone, quando dovrebbero esserci almeno 110 operatori, più altri 10 per le carceri, tra medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, educatori e amministrativi.

Manca, poi, anche la piena integrazione della dimensione sociale e di  quella sanitaria, nel rispetto di quanto disposto sia dal legislatore italiano sia dalle previsioni dell’Unione europea. Ad esempio i Ser.D, che costituiscono la media soglia dei servizi per le dipendenze, sono pochi per numero e gravemente sottodimensionati per personale e dotazioni, mentre gli interventi di bassa soglia – unità mobili e ai drop-in – sono quasi del tutto assenti nell’intera Isola.

Una delle manifestazioni che hanno cominciato a sensibilizzare sul problema del Crack a Ballarò (Foto: Ufficio stampa)

«Anche l’alta soglia risulta notevolmente carente. In Sicilia sono presenti solo 25 strutture terapeutiche residenziali e 2 semi-residenziali diurne, tutte di natura privata-sociale con la totale mancanza di centri pubblici. Comunità che offrono tutte un trattamento generico delle dipendenze, mancando quelle dedicate ai minori e per persone con doppia diagnosi. Un paio sole, poi, quelle che ospitano anche donne, mentre ce ne vorrebbero per donne sole, con bambini o in stato di gravidanza. Necessarie, infine, lo sottolineano esperti e operatori, strutture terapeutiche specifiche per coloro che entrano a fare parte del circuito penale».

Nonostante le tante carenze del territorio sia dal punto di vista dei servizi sia del personale specializzato, il progetto di legge no punta il dito ma cerca e trova soluzione, forse come mai prima di oggi, avendo, però, l’ambizione di prospettare un vero e proprio “sistema” per le dipendenze patologiche costruendo altresì una rete tra attori istituzionali, del privato sociale e della società civile operanti in questo campo.

«La realizzazione di un tale sistema non solo colmerebbe le lacune fin qui segnalate», sottolineano gli autori del testo, «ma farebbe della Sicilia un modello di riferimento e un’eccellenza. Tutto ovviamente parte dalla considerazione che in Sicilia manca una legge quadro relativa alle dipendenze patologiche. Vige soltanto la legge regionale 24/2020 sulla prevenzione e il trattamento del disturbo da gioco d’azzardo. Soprattutto manca un’articolazione normativa regionale dei Livelli essenziali d’assistenza –  Lea, in materia di dipendenze, così come manca un recepimento della Legge quadro 125/2001 sull’alcolismo».

I diritti hanno un costo, ma…

I diritti hanno un costo. Soprattutto i diritti sociali richiedono prestazioni e sovvenzioni pubbliche onerose. Ma, a ben vedere, quella che può apparire una spesa ingente, risulta in realtà in primo luogo un investimento per il benessere sociale, ma anche un netto risparmio per i conti pubblici, poiché si prevengono conseguenze più gravi ed ancor più costose.

«A ciò si aggiunga che gli interventi di riduzione del danno offrono il vantaggio di scongiurare il manifestarsi o il cronicizzarsi di patologie correlate assai onerose per il sistema sanitario. Le persone che sviluppano dipendenze patologiche o le persone socialmente fragili che vengono assoldate come manovalanza nel narcotraffico spesso commettono illeciti, oltre a fare un danno a sé stessi, procurano disagi ad altri, ingolfano la giustizia e affollano le carceri. Tutte conseguenze che comportano un aumento del disagio sociale, nonché notevolissime spese».

Così come è stata pensata è un’opera corale per il contributo che è stato apportato da tanti attori e soggetti del territorio. È, però,  corale anche perché si rivolge all’intera popolazione alla quale può portare sicuramente benefici in quanto contrastare la stigmatizzazione che discrimina quanti finiscono risucchiati nel vortice delle dipendenze, riconoscendone  e valorizzandone il ruolo di protagonisti del proprio percorso di riscatto, non può che offrire occasioni per creare una società con  un sistema efficiente di prevenzione e cura delle dipendenze come risposta alle mafie che  sui proventi del narcotraffico fondano buona parte della propria ricchezza, rendendo più povera e sempre più esclusa quella parte di territorio che subisce poiché non possiede gli strumenti per reagire.

Il Cardinale di Palermo, mons. Corrado Lorefice con l’Intergruppo regionale sul fenomeno del consumo di droghe nei giovani e negli adolescenti” (Foto: Ufficio stampa)


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