20.42. E’ l’orario che Bakary indica per la sua rinascita. L’orario che gli ha cambiato la vita. L’orario che dà il nome ad una sua opera. Rynascere 20.42. Le lancette segnavano esattamente quest’ora quando Bakary Manneh ha iniziato il suo viaggio, in cui con suo fratello ha intrapreso il lungo e difficile cammino che dalla sua città Brikama, in Gambia, lo ha portato in Europa. Ha attraversato Senegal, Mali, Burkina Faso, Nigeria e Libia. Ed è qui, in questo Paese ormai instabile ed insicuro, che lui e suo fratello sono finiti in un carcere. Bakary, con l’aiuto di un cittadino arabo, è riuscito a fuggire, a salire su un’imbarcazione che lo ha portato a Brindisi, in Italia. Suo fratello, invece, non ce l’ha fatta. E di lui conserva bene il ricordo, la memoria, il coraggio. Anche se quando è cominciato il suo viaggio aveva solo 13 anni. Per questo, nei suoi dipinti Bakary Manneh racconta il suo dolore, la sua sofferenza, ma con lo sguardo ben aperto verso il futuro, verso un orizzonte che oggi più che mai lo vede pienamente inserito nella comunità in cui vive.
E’ stato un modo per ripartire, per essere autonomo, indipendente, per raggiungere il mio sogno: quello di dipingere, di creare
— Bakary Manneh
«L’opera RYnascere è stata di buon auspicio, perché in questi anni, dopo che sono arrivato in Italia, è stato come se fossi rinato. E’ stato un modo per ripartire, per essere autonomo, indipendente, per raggiungere il mio sogno: quello di dipingere, di creare». Bakary Manneh oggi ha 20 anni. Da quelle 20.42 sono passate tante ore, tanti giorni. Tante rinascite. E’ stato tra i beneficiari del progetto Sai – Sistema di accoglienza ed integrazione – promosso dal Comune di Mesagne e gestito dalla cooperativa Rinascita. Essere accolto, capito, ascoltato, inserito nei processi culturali e sociali della sua comunità gli ha dato la forza, appunto, di “RYnascere”. E lo sta facendo attraverso l’arte, il disegno, la creatività. Il suo modo per comunicare, per raccontarsi, per far sentire la sua voce, per continuare a camminare da solo con le sue gambe, per essere più autonomo. Tempo fa ha deciso di uscire dal progetto di accoglienza per continuare a camminare da solo con le sue gambe, per essere più autonomo.
«Ho preso una casa in affitto, la patente di guida e vivo da solo. La mattina andavo a scuola e seguire le lezioni. Mi sono diplomato proprio in questi giorni al liceo artistico “Simone-Durano” di Mesagne. Ho preso 81 e sono molto soddisfatto per il percorso che ho fatto in questi anni: da quando sono partito ad oggi. La sera lavoro al McDonald’s per guadagnare e mettermi un po’ di soldi da parte. E’ dura, è stancante, ma sono contento così. Mi sento autonomo, indipendente e continuo a disegnare».
Bakary insegue il suo sogno, non lo molla e ha deciso di proseguire il suo percorso di formazione anche all’università, frequentando l’Accademia di Belle Arti di Lecce. Intanto, dipinge, mette a nudo le sue fragilità, le sue paure, la sua storia. Acrilico, olio, matita. La sua arte è una danza tra tecniche diverse, anche a seconda del soggetto da raffigurare e dal suo stato d’animo. «Dipingere mi dà la libertà, permette di sfogarmi, di condividere i miei sogni, ma anche di parlare del mio dolore e della sofferenza che c’è dietro al viaggio dei migranti che lasciano il loro Paese, i loro affetti, il loro cibo» racconta il giovane artista.
«I quadri che sto realizzando in questo periodo affrontano il tema dell’amicizia, della famiglia e dell’immigrazione. Mi auguro, ora che mi sono diplomato, di aver più tempo per dedicarmi anche all’organizzazione dell’esposizione di queste opere».
La storia di Bakary è diventata un esempio per tutta la comunità in cui vive. Nei giorni scorsi, presso il Castello Svevo di Mesagne, il giovane artista ha ricevuto l’attestato di cittadino virtuoso come “esempio di integrazione e per aver valorizzato l’ingresso del commissariato della Questura con un’interpretazione artistica del logo della Polizia di Stato”. «Sono felice che la mia storia sia presa come esempio di integrazione: lavoro, studio, arte. Mi hanno voluto premiare per quanto fatto in questi anni. Mia madre e mia sorella che vivono ancora in Gambia sono molte contente per me. E’ bello sapere che sono loro a darmi forza, ad incoraggiarmi. Anche se mi mancano e spero di poter andare a trovarle al più presto». Entrare nelle sue opere vuol dire spiare parte della sua vita, della sua sofferenza. Vuol dire avvicinarsi meglio alle storie dei migranti, di chi – per i motivi più diversi – è costretto ad andare via per costruirsi un futuro migliore. Ed il futuro di Bakary è nelle sue mani. Nella sua arte. E viaggia già verso il futuro.
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