Non profit
Volontari Arci oggi, attivisti sociali domani
Sempre di più l'esperienza nei campi lavoro si trasforma in impegno fisso
di Redazione
Negli ultimi due anni sono già venti i casi di ex campisti che hanno messo in piedi attività in proprio. L’associazione: «Una vera sorpresa anche per noi» Campi di lavoro? No, incubatori di nuove esperienze anche professionali. Questa la scoperta fatta da Arci. L’associazione ha visto infatti tramutarsi un servizio, che aveva pensato come format informativo, in un fertile humus su cui sono germogliate le più svariate attività sociali. Negli ultimi due anni il boom, con 20 casi di ex campisti che hanno cominciato a camminare sulle proprie gambe.
«I campi nascono nel 2005», spiega la referente nazionale Cinzia Guido, «avevamo l’esigenza di far conoscere ai nostri tesserati i progetti di cooperazione attivi in giro per il mondo e l’esperienza diretta ci sembrava il modo più efficace». La risposta fu molto positiva, «sin da subito arrivarono molte richieste, tanto che dovemmo rifiutare alcune candidature. In tutto furono 100 i volontari che ebbero accesso ai progetti». Anche l’organizzazione è pianificata in funzione dello scopo. «I periodi di permanenza sono brevi, al massimo due settimane, i costi tutti a carico del volontario (si va da 800 euro per le mete nella zona europea o mediterranea a 1.600 euro per le località oltreoceano) e la continuità del progetto affidata a partner locali affiancati da nostri tutor». A un certo punto però l'”utenza” si trasforma e cominciano a partire, oltre ai ragazzi universitari degli inizi, anche adulti. Grazie al periodo di formazione in Italia e all’opera di tutoring in loco, chi va torna avendo imparato molto. Così Fabio Condemi, finanziere 37enne di Domodossola, volontario di lungo corso, entra in un’associazione e ripropone il format dei campi. «Nel 2006 sono andato nei campi Arci in Mozambico e Brasile. La passione mi ha portato a diventare tutor», racconta Condemi, «nel 2009 sono entrato, sempre come volontario, nell’associazione “Alternativa a…”. Ho proposto e realizzato il progetto “Vittoria Lotto” in appoggio all’associazione Gruppo Eco nella favela Santa Marta di Rio De Janeiro dove sosteniamo economicamente una colonia di minori». Ovviamente seguendo il copyright dell’Arci.
È non è il solo. Fiore Zanibon è una ragazza bolognese a capo di un terzetto di amiche che, dopo l’esperienza nel campo di lavoro in Kosovo, ha creato a Castel Maggiore il nuovo Circolo Tom (in onore del defunto presidente Arci, Tom Benetollo) Sputnik. «Poco dopo in assoluta autonomia», racconta la Guido, «si sono inventate un campo itinerante di animazione in Romania per i bambini rom. Sono già due anni che viene confermato». Alice Priori invece ha deciso di rimanere in Palestina, a Ramallah. Dopo il campo di lavoro si è appassionata ed è diventata consulente per le ong nella zona degli Opt (Occupied Palestinian Territories). Insomma la “vacanza” in Arci sempre di più si trasforma in impegno duraturo, se non in una profesisone. «Siamo stati colti di sorpresa. Sono in tanti ad aver intrapreso strade autonome. Tanti casi spontanei dentro e fuori il solco dell’Arci», sottolinea la Guido.
In questi cinque anni sono stati in oltre 600 ad andare in giro per il mondo sotto le insegne di Arci. Tanti i campi proposti: in Sud America (Brasile, Colombia, Bolivia, Cuba e Nicaragua), Africa (Rwanda, Mozambico e Algeria), Medio Oriente (Palestina e Libia) e nei Balcani in Bosnia e Serbia. Si sostengono progetti locali che vanno dal laboratorio teatrale alla costruzione di scuole e biblioteche.
Ma non è sempre facile. «I costi sono sostenuti interamente dal volontario», conclude la Guido, «e la fetta più importante del costo complessivo è sempre il biglietto aereo. Con il caro benzina alcune destinazioni sono diventate troppo onerose e abbiamo purtroppo dovuto sospendere i nostri viaggi. È il caso del Mozambico per cui ci siamo trovati a dover spendere più di 1.300 euro solo di spostamenti».
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