Welfare

E Treviso scoprì che gli immigrati sono un tesoro

Novità nel regno della Lega

di Elisa Cozzarini

Garantiscono le pensioni degli italiani. Costano poco al sistema sanitario. E sono sempre più competenti. Perciò…Al mercato del pesce di Treviso, una venditrice dal forte accento ispanico illustra una ricetta a una distinta signora della Marca. Il suo collega nero attende l’ora di chiusura per pulire a terra e mettere via le cassette del pesce. Alice, invece, è disoccupata. Viene dalla Costa d’Avorio, ha 25 anni, di cui otto passati a Treviso. A novembre 2009 non le hanno rinnovato il contratto ed è rimasta a casa. «Per una ragazza nera è difficile trovare lavoro oggi», racconta, «ma non voglio darmi per vinta, anche perché, rispetto a quando sono arrivata, ho fatto tanta strada e vedo che le cose stanno migliorando per noi immigrati. Ho iniziato a fare volontariato in una parrocchia, insegnando francese a dei bambini, per non starmene ad aspettare con le mani in mano».
Sono centomila gli stranieri residenti in provincia di Treviso, quasi l’11% della popolazione totale. Sergio Rosato, direttore di Veneto Lavoro, ricorda: «L’immigrazione ha arrestato il declino demografico, e quindi economico, di questo territorio. Nel primo semestre del 2008, prima della crisi, era aumentata la popolazione attiva e il tasso di disoccupazione era diminuito tanto che eravamo molto vicini agli obiettivi europei di Lisbona. Non possiamo permetterci di perdere questa componente della popolazione, è invece importante riqualificarla, in vista di una ripresa economica».
«Oggi la crisi pesa molto più sugli stranieri», prosegue Rosato, «dai dati dei centri per l’impiego e iscrizioni alla mobilità, risulta che gli italiani senza lavoro sono aumentati circa dell’11%, gli stranieri del 25%». Rosato sottolinea anche che gli immigrati non rappresentano un costo sociale elevato, anzi: «C’è un pensionato per ogni 25 residenti stranieri, mentre per ogni cinque italiani, uno è pensionato. Ciò significa che, nonostante la crisi, è anche grazie agli stranieri che si pagano le pensioni dei trevigiani. L’età più bassa degli immigrati, inoltre, fa sì che rappresentino un minore costo per il sistema sanitario».
«Tutti noi abbiamo assunto almeno il 5-15% dei dipendenti stranieri», spiega Luciano Miotto, vicepresidente di Unindustria Treviso, «oggi hanno le conoscenze che ci permettono ancora di essere competitivi e immettere sul mercato prodotti di alta qualità».
È anche grazie al ruolo attivo delle associazioni di migranti e al volontariato, soprattutto cattolico, che il “modello Treviso” ha tenuto, nonostante tutto. Ma Franco Marcuzzo, presidente dell’Anolf Cisl provinciale, avverte: «Di certo i buoni risultati sull’integrazione sono stati raggiunti senza l’aiuto della politica, o forse proprio per l’assenza della politica».

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