Mondo

Finlandia, il flop dell’atomo “all’italiana”

di Silvano Rubino

Tre anni di ritardo e costi quasi raddoppiati. A Olkiluoto il primo Epr, lo stesso tipo di reattore nucleare che ha scelto l’Italia, è nella bufera. L’Agenzia nazionale ha rilevato oltre duemila anomalie nella costruzione e puntato il dito su una grossa falla nella sicurezza. Scopriamo con Greenpeace una vicenda che ci riguarda molto da vicino Prevedere come si svilupperà la nuova fase del nucleare all’italiana è affare arduo. Le incognite in campo sono talmente tante e aggrovigliate che forse nemmeno una sfera di cristallo potrebbe aiutarci. Anche senza sfera di cristallo, però, si può fare l’esercizio semplice di guardarsi un po’ attorno. E cercare di capire come è andata in altri Paesi. La cosa migliore è guardare alla Finlandia, a Olkiluoto, un’isoletta a tre ore e mezzo di viaggio a ovest di Helsinki, dove è in costruzione il primo reattore Epr del mondo, esattamente dello stesso tipo che dovrà essere costruito in Italia. Ed è la stessa anche la società che dovrebbe incaricarsi della costruzione: il colosso francese Areva (controllato per il 90% dallo Stato), che detiene i brevetti del nucleo centrale. L’Epr è il nucleare cosiddetto di terza generazione, considerato molto più sicuro dei precedenti. Quello di Olkiluoto è un gigante da 1.600 MW (qualcosa come il 3% del fabbisogno elettrico italiano, tanto per avere un’idea), ci lavorano 1.900 imprese di subappalto, 3.200 operai di 50 nazioni diverse e quando sarà pronto consentirà alla Finlandia di arrivare al 35% di energia elettrica prodotta dal nucleare (nel Paese scandinavo sono attive altre 4 centrali).
Quando sarà pronto, appunto… Il progetto è stato avviato nel 1998, avrebbe dovuto essere completato nel 2009. Oggi si parla, secondo stime ottimistiche, del 2012. Con una lievitazione dei costi davvero “all’italiana”: dai 3,2 miliardi previsti all’inizio, agli attuali 5,5. Ma c’è già chi scommette che si arriverà agli 8. Con strascichi di polemiche sui mezzi di informazione, campagne degli ambientalisti, reazioni dell’opinione pubblica.

Crepe e litigi
Ma cosa è successo lassù al Nord? Ce lo racconta Lauri Myllyvirta responsabile della campagna Energia di Greenpeace in Scandinavia: «Il problema principale è legato alla logica dei subappalti, molte delle società a cui sono stati affidati i lavori non hanno alcuna competenza sul fronte nucleare. Basti pensare che il guscio di protezione è stato affidato a una società che costruisce chiglie di navi», racconta. Con il risultato di consegnare una calotta piena di crepe, tutta da rifare. E non è che l’inizio: «L’autorità di sicurezza nucleare Stuk ha rilevato ben più di duemila anomalie rispetto al progetto iniziale». Dovendo rimediare a una tale sequela di errori, inevitabilmente i tempi si allungano. E i costi lievitano. Anche perché la questione ha avuto strascichi legali: «Areva e la committente Teollisuuden Voima Oyj (Compagnia elettrica occidentale, un’azienda elettrica privata controllata dalle industrie cartiere locali, che hanno un gran bisogno di energia, ndr) litigano in tribunale su chi dovrà accollarsi i costi aggiuntivi», spiega Myllyvirta. Costi che, secondo Greenpeace, presumibilmente poi finiranno per ricadere sulle spalle dei consumatori. Perché pur essendo formalmente un’operazione tutta privata, la centrale di Olkiluoto nasconde la mano pubblica. Lo Stato infatti ha garantito una serie di prestiti ultra agevolati. Non solo: secondo Greenpeace Finlandia, circa il 60% dei fondi di investimento diretti, quelli usati per costituire il consorzio Tvo, deriva da compagnie controllate dallo Stato finlandese. Tra queste una serie di aziende municipalizzate che insieme a tutti gli altri soggetti della Tvo si sono impegnate a comprare per 15 anni l’elettricità prodotta dall’Epr. L’impianto, quindi, potrà far fronte all’aumento delle spese impreviste per la costruzione della centrale di Olkiluoto solo attraverso un rincaro della bolletta da scaricare sugli utenti nei prossimi 5-10 anni. Una prospettiva che ha già scatenato la reazione dei grandi consumatori finlandesi, riuniti nel consorzio Elfi, secondo cui la nuova centrale voluta dal governo provocherà un aumento in bolletta, tra il 2008 e il 2012, di 3 miliardi.

E la sicurezza?
Costi alle stelle, quindi. Ma non solo: anche problemi di sicurezza. Un altro documento della Stuk, con la firma anche dell’autorità inglese (Hse) e di quella francese (Asn), sottolinea una lacuna nel progetto che riguarda il dispositivo di emergenza dell’impianto. «Stuk ha rilevato che quest’ultimo non è indipendente da quello normale di controllo. Se si pianta il secondo, il primo non funziona», spiega Myllyvirta. Anche qua, Areva dovrà mettere mano al progetto. «Abbiamo dato l’allarme già nel 2005 sul fatto che la progettazione del prototipo francese era inadeguata e che l’adeguatezza alle norme di sicurezza nucleare non era provata», aggiunge Myllyvirta. «Areva ha approfittato dell’atteggiamento naif delle autorità finlandesi e ha preso scorciatoie in ogni fase della costruzione».
Ma non c’è solo questo: l’associazione antinucleare francese “Sortir du nucléaire” è venuta recentemente in possesso di alcuni documenti confidenzali, divulgati da una fonte anonima interna ad Edf, la società elettrica francese. In parole povere, per rendere competitivo il reattore si sarebbero consapevolmente corsi dei rischi di esplosione, visto che l’unico modo per rendere economico un reattore nucleare in queste condizioni sarebbe quello di consentire una potenza variabile e dunque poter produrre elettricità per i picchi quando questa costa oltre il doppio dell’elettricità di base. Ma questo provocherebbe ricadute pesanti sul fronte della sicurezza e rischi, secondo Andrea Lepore, responsabile campagna Nucleare di Greenpeace Italia, «esponendo la centrale al rischio di causare un disastro due volte più grande di quello di Chernobyl». Insomma, per Lepore «gettarsi in un bidone come questo dell’Epr è rischiosissimo. Da un lato perché, come dimostrano i documenti che abbiamo citato, il progetto nasce già sbagliato sul fronte della sicurezza. Poi c’è il tema dei subappalti, che in Italia rischia di diventare drammatico, vista l’assenza totale di cultura nucleare».

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