Politica
La sussidiarietà si mette in pratica La sostenibilità resta teoria
Sperimentazioni d'avanguardia su welfare e sanità. Ma sull'ambiente...
Non c’è gioco a sintetizzare in una sola parola le politiche lombarde di welfare della legislatura che si sta chiudendo: sussidiarietà. Certo, non è praticata ovunque con la stessa efficacia, ma permette a Formigoni di conquistarsi la promozione da parte del variegato mondo del sociale, a prescindere dalle simpatie politiche. Anzi, porta la Lombardia a meritarsi la definizione di «Regione all’avanguardia». Con un rischio: «Il voucher, espressione massima della libertà di scelta, se speso presso soggetti asettici va a costruire un welfare che ha per riferimento la mera prestazione», ammonisce Giuseppe Guerini, neopresidente nazionale Federsolidarità e bergamasco fino al midollo.
Come esempi concreti delle attenzioni della Lombardia alla famiglia, Morena Saldarini, coordinatrice regionale del Moige – Movimento italiano genitori, cita il fatto che «entro l’anno ci saranno 1.800 nuovi posti negli asili nido e per il 2010 ci sono 7 milioni di euro per le reti di solidarietà e l’associazionismo familiare». Che qui non a caso ha i numeri più alti d’Italia: 600 le associazioni iscritte all’albo. «La Lombardia è fra le migliori a livello nazionale», conclude, «ma è una delle regioni più importanti in Europa: siamo ancora lontani da obiettivi accettabili».
D’accordo anche Alberto Fontana, presidente nazionale della Uildm – Unione italiana lotta alla distrofia muscolare e di Fondazione Serena, che a Milano gestisce il Centro clinico Nemo, il primo in Italia specializzato in malattie neuromuscolari. «Si è puntato sui centri molto specializzati piuttosto che sull’ospedale tout court», spiega. «Il problema sono i servizi domiciliari, insufficienti rispetto alla disabilità grave. Il voucher sociosanitario è la strada giusta, ma ancora non è uno strumento utilizzabile».
È l’annosa questione: il sanitario, a livello di risorse, si mangia il sociale. «Abbiamo una sanità con standard qualitativi molto elevati, che drena risorse da altri comparti», dice Guerini. «Non si tratta di abbassare gli standard, ma di diversificare l’offerta».
La botta finale però è arrivata lo scorso autunno, quando la riforma dei parchi naturali – che interessa il 10% della superficie lombarda – è scomparsa dall’odg del Consiglio regionale. È saltato tutto perché si è preferito parlare delle eccezioni sulla caccia.
La delusione, spiega Poggio, «è ancora più cocente se si pensa alla sostenibilità». «Guardiamo al piano per raggiungere gli obiettivi 20-20-20 indicati dall’Ue. La Lombardia lo ha fatto prima del governo, però è un piano timido. Non è una questione di schieramenti, ma di politiche di sviluppo. Schwarzenegger l’ha capito, Formigoni no».
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