Famiglia

Sorpresa, in Puglia la politica ha fatto scuola

Corsi di formazione promossi da parrocchie e non profit

di Francesco Dente

Lezioni teoriche, ma anche esercitazioni pratiche su strumenti come i Piani di zona. Con due bussole: la Costituzione e il magistero della Chiesa. Da Bari al Salento, è tutto un fiorire di iniziative. «La nostra priorità? Diffondere il senso civico»Ad Acquaviva delle Fonti, fra i trulli della Valle d’Itria, la scuola è iniziata a fine novembre con una lezione di don Rocco d’Ambrosio, docente di filosofia politica alla Gregoriana di Roma, sulla politica alla ricerca di significato. Il corso si svolge nell’istituto delle Suore vocazioniste. Le religiose lo hanno messo a disposizione della cooperativa sociale Agape, impegnata nel campo della disabilità, e dell’Associazione interculturale “I confini del vento”, per realizzare la scuola di formazione all’impegno sociale e politico. Due incontri al mese, di tre ore l’uno, il sabato pomeriggio. In cattedra docenti universitari, teologi, economisti, psicologi, ex politici o magistrati, presidi e funzionari amministrativi. Gli appuntamenti, 11 in tutto, finiranno a metà aprile. Ai partecipanti, però, non sarà consegnato l’attestato. Questo, infatti, è solo il primo dei tre anni della scuola politica. Lezioni anche a Bari e nell’hinterland. Ma pure in Capitanata fin giù a Massafra nel Tarantino e nel Salento. Nel tacco dello Stivale, poi, il vescovo di Ugento e Santa Maria di Leuca ha chiamato a raccolta più di trecento amministratori locali per un ciclo di seminari aperti da Edo Patriarca, ex portavoce del Forum del terzo settore.
Un boom di corsi di formazione alla politica, insomma. Cresciuto all’ombra delle parrocchie e del non profit e che coincide con il ritorno della corruzione e con l’allarme della Cei sulla «inadeguatezza» delle classi dirigenti meridionali lanciato nel documento Per un Paese solidale. Chiesa e Mezzogiorno.
Il programma prevede al primo anno l’approccio al pensiero politico dal punto di vista storico-concettuale, al secondo lo studio del sistema istituzionale e il suo funzionamento, al terzo l’impegno politico in una realtà globalizzata. Tra le materie tecniche: gli strumenti della programmazione, ad esempio i Piani di zona e regolatori. Si studiano, inoltre, i documenti e si simulano situazioni decisionali.
Due i pilastri su cui poggia il percorso: la Costituzione e il magistero della Chiesa. «I riferimenti ideali sono il Concilio Vaticano II, la Scuola di Barbiana di don Milani e le indicazioni profetiche di don Tonino Bello. Siamo aperti comunque ai contributi di tutte le culture religiose e laiche», spiega Franco Ferrara, un passato da sindacalista Cisl, presidente della onlus Centro studi Erasmo di Gioia del Colle, nel barese. Il centro e l’associazione “Cercasi un fine” fondata da don Rocco, docente anche all’Istituto teologico pugliese, sono i due “incubatori” che hanno favorito la nascita delle scuole.
I primi esperimenti pugliesi risalgono al dopo Tangentopoli e all’esperienza del Centro Pedro Arrupe di Palermo dei padri gesuiti Sorge e Pintacuda. «Fu un tentativo di venir fuori dalla fine dell’unità politica dei cattolici. Sorge teorizzò “l’uscita dal tempio” per ripensare la presenza di ispirazione cristiana: ormai troppo debole, dopo la fine della guerra fredda, per la riforma della politica», ricorda l’ex sindacalista. Il primo ripensamento del modello formativo avviene negli anni 90. «Più aumentava la complessità generata dalla frammentazione, più aumentava la domanda di formazione».
L’attuale proposta prevede lezioni ma anche esercitazioni e laboratori aperti in sintonia con gli eventi politici quotidiani. «L’idea centrale è motivare, coinvolgere la persona, singola e in gruppo», precisa Ferrara. Sui banchi giovani e adulti. L’identikit, però, è cambiato rispetto a un decennio fa. «La maggioranza dei partecipanti», afferma Ferrara, «evidenzia un debole senso civico. È mossa, tuttavia, dal desiderio di conoscere i profili della crisi politica e di ripensare le forme della partecipazione».
Si tratta della nuova classe dirigente cattolica, quella che a più riprese invoca Benedetto XVI? No, taglia corto, Ferrara. «L’impostazione è superata. Mi sembra fuorviante pensare di formare la classe dirigente. Al contrario la nostra priorità culturale è diffondere lo spirito civico». I risultati iniziano a vedersi: ci sono ex alunni che sono entrati a far parte di partiti o, la maggioranza, si impegnano per dare voce a chi non ne ha attraverso i giornali e l’accesso agli atti amministrativi della programmazione sociale, urbanistica e ambientale. Ma i politici? Partecipano alle lezioni? «Fingono di considerare la formazione determinante per l’impegno pubblico ma in sostanza la considerano destabilizzante», è il sigillo di Ferrara.

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