Famiglia

Ancora un suicidio

A Padova il 13° episodio dall'inizio dell'anno. Parla Nicola Boscoletto, cooperatore nell'istituto veneto

di Redazione

Nuovo suicidio in carcere. In mattinata Giuseppe Sorrentino, 35 anni, si è tolto la vita, impiccandosi alle sbarre della finestra del bagno nel carcere di Padova.

L’uomo si è ucciso mentre gli altri detenuti erano fuori dalla sezione per l’ora d’aria. Sono stati proprio i compagni, dal cortile, ad accorgersi di ciò che stava accadendo e a dare l’allarme, ma quando gli agenti sono entrati in cella per soccorrerlo Sorrentino era già morto.

Di origini campane, era in carcere già da diversi anni e la detenzione lo aveva duramente provato: infatti manifestava da tempo segni di profondo disagio ed era reduce da un lungo sciopero della fame che lo aveva debilitato. Ricoverato più volte in Ospedale e in Centro Clinico Penitenziario, ogni volta al ritorno in carcere riprendeva la sua protesta, lamentando in particolar modo una scarsa attenzione alle sue problematiche da parte degli operatori penitenziari.

Il suicidio di Sorrentino è il secondo in meno di due settimane nella Casa di Reclusione di Padova, dove il 23 febbraio scorso, nella stessa Sezione, si tolse la vita Walid Alloui, che aveva 28 anni. Dall’inizio dell’anno salgono così a 13 i detenuti suicidi e a 31 il totale dei morti ”di carcere” (che comprendono i decessi per malattia e per cause ”da accertare).

“Mi sono fermato e ho pregato per lui”

Nicola Boscoletto, presidente della cooperativa Giotto di Padova, insiste nel dire che il problema principale non è numerico “ma di senso, di gusto del vivere, che in tutta la società, e non solo in carcere, sta venendo meno”. Ne è convinto al punto di non volere parlare di altro: “E’ questa la vera emergenza”. Lui, che guida una cooperativa che si occupa dell’inserimento lavorativo di detenuti dagli anni ’80 lo vive ogni giorno. E i numeri non fanno che confermarlo: nella casa di reclusione di Padova, dove Giuseppe Sorrentino si è tolto la vita, sono in 820. La struttura – nata per 450 posti con celle singole – è da subito stata trasformata per poter ospitare 700 detenuti. Per non parlare degli operatori penitenziari, sotto organico, e del rapporto educatore / detenuto, anch’esso inadeguato.

“Padova non è un’isola felice – continua Boscoletto – certo, rispetto ad altre situazioni qui va meglio, ma sarebbe un disastro senza le varie proposte formative e di inserimento che ci sono”.

Plaude invece il presidente della Giotto all’iniziativa del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), che ha recentemente convocato sigle del non profit da sempre impegnate sui temi del carcere (leggi: Emergenza suicidi, il Dap chiede aiuto al volontariato dal settimanale VITA), ma avverte:”Non servono a nulla le leggi, senza il senso del vivere, sono come botti senza vino buono dentro. Con questo sono contento dell’iniziativa, bisogna però puntare sull’incremento di offerte lavorative e a rendere meno disumano il percorso di riabilitazione”.

Ma cosa ha fatto Nicola Boscoletto appena sentito della morte di Giuseppe Sorrentino? “Ero in macchina con mia moglie e i miei figli, ho spento la radio che mi annunciava l’accaduto: abbiamo insieme recitato L’eterno riposo e un preghiera San Giuseppe, per lui e per tutti.”

Perché Nicola lo ripete: “la perdita di senso – e se vogliamo i relativi suicidi – non riguarda solo chi sta in carcere, ma tutta la società. In carcere, semplicemente, la situazione si mostra in tutta la sua disperazione.”


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