Non profit

Qualità e sociale. Vanno in onda i buoni propositi

Cosa prevede il nuovo contratto di servizio Rai

di Maurizio Regosa

Disabili, minori, apertura al mondo delle associazioni, programmazione slegata da logiche commerciali. La Rai di domani secondo Scajola. Fondi permettendo… Sarà il contratto dei primati, quello relativo al servizio pubblico svolto dalla Rai, che il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola ha trasmesso alle Camere perché sia esaminato dalla Commissione di vigilanza. Il primo dell’era che sarà compiutamente digitale e soprattutto il primo dalla ratifica della Convenzione Onu per la disabilità. Emergono però anche una articolata attenzione alla qualità e, almeno sulla carta, una rinnovata sensibilità alle esigenze dei corpi intermedi (chiamati a partecipare a una Sede di confronto permanente).

Un’offerta di qualità
Si diceva dei richiami alla società civile. Ad esempio per quanto riguarda la programmazione, una delle questioni più rilevanti tra le moltissime affrontate (dal passaggio al digitale alla nuova architettura multimediale). La Rai deve produrre «un’offerta complessiva di qualità, rispettosa dell’identità, dei valori e degli ideali diffusi nel Paese, della sensibilità dei telespettatori e della tutela dei minori, della figura femminile e della dignità umana, culturale e professionale della donna» (articolo 2). Dunque molta attenzione all’informazione e ampio spazio a una programmazione che comprenda proposte «generalmente non rientranti nell’offerta delle emittenti commerciali». Ma per valutare la qualità, oltre ad avvalersi di un Comitato di esperti, «la Rai consulterà periodicamente le associazioni dei consumatori sul grado di soddisfazione degli utenti» (un altro riferimento alla società civile è presente nel paragrafo sui programmi di servizio, che devono consentire «adeguati spazi alle associazioni», anche su Televideo).

La tv dei più piccoli
L’articolo 12 è invece dedicato a un altro tema caldo: i giovani spettatori. Dopo aver impegnato la Rai a realizzare due canali tematici a loro dedicati (per l’età prescolare e scolare), il contratto vincola la fascia oraria per l’infanzia e l’adolescenza (dalle 16 alle 20) a una programmazione che sia «di buona qualità e di piacevole intrattenimento; proponga valori positivi umani e civili ed assicuri il rispetto della dignità della persona; accresca le capacità critiche dei minori; favorisca la loro partecipazione». Sono confermati i divieti pubblicitari (se inferiori ai 30 minuti i programmi per bambini non possono essere interrotti dagli spot) e si annuncia, entro sei mesi dall’entrata in vigore del contratto, una segnaletica che indichi quali programmi i piccoli possono vedere soli, quali con un adulto.

La tv sociale
La Rai, recita l’articolo 13, «dedica particolare attenzione alla promozione culturale per l’integrazione delle persone disabili». Da qui l’impegno di sottotitolare e tradurre nella lingua dei segni almeno un’edizione al giorno dei tre tg nazionali (e regionali, in via sperimentale). Nel primo anno saranno sottotitolate almeno 10mila ore (soglia che dovrebbe poi salire fino al 30%). Contemporaneamente la Rai dovrà «promuovere e valorizzare, nell’offerta di programmazione televisiva, radiofonica e multimediale, la rappresentazione delle diverse realtà sociali del Paese, con particolare attenzione ai soggetti disabili e alle aree di disagio sociale». Infine, sarà costituita la Sede permanente di confronto sulla programmazione sociale: avrà carattere consultivo e sarà composta da 12 membri, sei nominati dal ministero che li sceglierà «tra i rappresentanti di commissioni, consulte e organizzazioni senza scopo di lucro di rilievo nazionale».

E le risorse?
Servono però soldi per rispettare questi e altri impegni (ad esempio il sostegno agli audiovisivi italiani ed europei, la promozione del made in Italy, la valorizzazione delle culture locali e delle istituzioni: la Rai dovrà presentare un progetto di canale tv dedicato all’attività parlamentare). Ed è noto che gli abitanti del Belpaese sono piuttosto recalcitranti nei confronti del canone. Un fronte sul quale Scajola sembra avere le idee chiare. Da un lato, infatti, sollecita l’azienda a fornire al suo dicastero informazioni in merito alla densità di iscritti a ruolo per il pagamento della tassa; dall’altro si impegna a costituire un tavolo tecnico con la Rai per «individuare, anche con il coinvolgimento delle amministrazioni competenti, le più efficaci metodologie di contrasto all’evasione del canone, proponendo le opportune iniziative legislative e adottando le necessarie misure amministrative».


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