Economia

Giovanni, il bocconiano che Fa’ la cosa giusta

Al via a Milano la settima edizione della fiera sostenibile

di Redazione

Per l’esposizione dell’economia solidale sarà un anno da record. «E dal 2011 sbarcheremo in Sicilia». Intervista
al coordinatore nazionale, Giovanni Petrini Presenze, fatturato, addetti, espositori e redditività. Quando un evento riesce per sette anni consecutivi a riempire tutte queste caselle col segno più, significa che ha azzeccato la formula. E così il 12 marzo (fino al 14, info su http://falacosagiusta.terre.it) la Fiera dell’economia solidale aprirà i battenti a Fieramilanocity, pronta ad accogliere 60mila visitatori (record), che toccheranno con mano 620 stand (altro record). Al timone di questa macchina c’è Giovanni Petrini, milanese, classe 74, laurea in Bocconi e un sogno nel cassetto: quello di “importare” in Italia un sistema di venture capital da applicare all’impresa sociale. Ma questa è un’altra storia, anche se a ben guardare neanche tanto, considerato il piano di sviluppo che Petrini ha immaginato per la sua creatura. E che svela in questa intervista.
Vita: Chi sono i protagonisti di Fa’ la cosa giusta?
Giovanni Petrini: Direi le imprese sociali. Non tanto come dizione giuridica, quanto come realtà economiche che hanno come obiettivo non solo l’erogare servizi di carattere sociale e assistenziale ma anche l’intervenire all’interno della produzione di beni e di servizi per il consumatore.
Vita: Un esempio?
Petrini: Le realtà cooperative carcerarie italiane. Da Codice a sbarre di Vercelli, che fa vestiti di alta gamma, a Le Uova di quaglia di Al Capone, ai servizi di telefonia e falegnameria di Bollate. Pausa cafè, poi, a Torino ha aperto in città il primo punto vendita gestito da ex detenuti. A breve non mi stupirei se facessero proposte anche sulle energie rinnovabili. Dal carcere sta nascendo un’economia.
Vita: Realtà piccole per fondarci una Fiera, non crede?
Petrini: Ma noi abbiamo anche nomi famosi come Novamont, e diverse aziende strutturate nella green economy, o che producono plastica, pallet o cartone. Si va da fatturati di decine di milioni di euro a cooperative sociali con basso reddito. Dal nostro mondo sono invece esclusi i grandi nomi dell’energia, perché in Italia non esiste nessuno che produca energia completamente da fonti rinnovabili e che faccia prodotti per il consumatore finale. Esistono produttori 100% rinnovabili ma che servono solo chi ha partita Iva.
Vita: Un marchio come Barilla sarebbe appetibile?
Petrini: Non ancora, perché sta facendo azioni che si riducono a mere dichiarazione di intenti. Ad esempio, dice di usare solo grano italiano, ma non dice dove lo trova. Però abbiamo l’oleificio Zucchi. Teoricamente non rientrerebbe nella categoria “Mangia come parli”, ma il loro plus è la tracciabilità assoluta e trasparente, dicono infatti: il 40% dell’olio riesco a trovarlo in Italia, il resto devo importarlo. Al loro fianco quest’anno ci sarà anche la Coldiretti più grande d’Italia, quella di Cuneo. Loro sono interessati al mercato milanese, noi alla filiera corta.
Vita: Fa’ la cosa giusta nasce a Milano per poi migrare nel corso dell’anno anche in altre città. Quest’anno sarete a Trento, Genova e Parma. E anche Torino in passato vi ha ospitati. Tutte realtà del Nord. Il Sud non è strategico?
Petrini: Per fare la Fiera occorrono due condizioni: un comitato locale rappresentativo delle realtà del territorio con cui interfacciarsi e naturalmente la copertura finanziaria. In Sicilia il discorso è ben avviato. L’idea è di incominciare dal 2011 e alternare la Fiera fra Palermo e Catania. Il percorso è sempre lo stesso: si parte dai piccoli produttori, per poi coinvolgere le medie imprese e arrivare alle grandi.
Vita: Perché una grande azienda dovrebbe essere interessata?
Petrini: L’obiezione dei big impegnati sul mercato dei nuovi stili è: «Io ragiono sui grandi numeri, a me il singolo consumatore non interessa». Questa però è una visione da bolla speculativa di breve periodo. Se vogliono che questo business sopravviva agli incentivi, occorre che le aziende accompagnino il cambiamento di cultura del consumo che indubbiamente sta avvenendo. E questo è quello che noi proponiamo loro.
Vita: Quanto costa all’espositore un vostro stand?
Petrini: Se sei una piccola coop, per un totem (4mq) paghi 350 euro per i tre giorni: qui siamo completamente in perdita. Se sei un po’ più grande paghi 800 euro e siamo ancora in perdita. E così via fino ad arrivare, ad esempio, a 1.350 euro per 6 mq per una realtà grande. Insomma, costi differenziati per tipologia e natura giuridica.
Vita: Qual è la vostra natura giuridica?
Petrini: Siamo una co-organizzazione tra una realtà profit che è una srl, la casa editrice Terre di mezzo, e una non profit che è l’associazione “Insieme nelle terre di mezzo onlus”, formata dagli storici volontari del giornale e da quelli della fiera.
Vita: Quali sono infine i mondi del “sociale” con cui fate fatica a parlare?
Petrini: Le grandi centrali di cooperazione sono ancora un po’ distanti: loro hanno già in sé un modo di fare economia diversa, quindi non percepiscono la portata strategica e concorrenziale della Fiera. Però il dato di cui ho certezza è che se qualcuno vede dal vivo Fa’ la cosa giusta, poi l’anno dopo torna.


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