Non profit

Berlusconi, amico per cosa?

Intervista al Patriarca di Gerusalemme, Fouad Twal

di Ettore Colombo

«Quel discorso alla Knesset è stato un errore. Perché
ha concesso molto senza chiedere nulla ad Israele. Eppure quando ci eravamo visti a quattr’occhi…» Imponente, battagliero, alla mano come e forse più di un prete di frontiera, monsignor Fouad Twal, dopo essere stato il primo vescovo arabo di un paese del Nord Africa, la Tunisia, dove ha riaperto al culto la chiesa di Djerba, dal 2008 ricopre il difficilissimo incarico di Patriarca di Gerusalemme dei Latini, dove nel 2009 ha accolto il Papa in visita in Terrasanta. Grazie ai buoni uffici della delegazione dell’Mcl in visita in Giordania, che finanzia con i fondi del 5 per mille molte opere sociali promosse dal Patriarcato, monsignor Twal ha concesso a Vita questa intervista.
Vita: Eminenza, il premier italiano Silvio Berlusconi è reduce da una recente visita allo Stato di Israele. Che impressione ha tratto dalla sua visita e dalle sue parole sulla questione mediorientale?
Fouad Twal: Ho incontrato personalmente Berlusconi per più di un’ora, a Betlemme. Quando ha parlato con noi, il premier italiano è stato buono, normale, consapevole della complessità dei problemi della nostra terra, ma quando è intervenuto alla Knesset (il parlamento israeliano, ndr) ha fatto un intervento sbagliato, tutto schierato dalla parte del governo israeliano. Berlusconi si sente molto amico di Israele e del suo governo? Bene, ma allora usi la sua influenza e la sua amicizia per chiedere ed ottenere più giustizia e più pace per tutti, a cominciare dai palestinesi. Altrimenti, con posizioni simili, saremo costretti a vivere sempre in uno stato di guerra. In ogni caso, reputo Berlusconi un amico, ma ad un amico bisogna avere il coraggio di dire quello che va e quello che non va. Il discorso di Berlusconi alla Knesset era troppo sbilanciato da una parte sola, a partire dall’idea che Israele possa entrare nella Ue. L’Europa dovrebbe invece assumere un ruolo politico vero e di pace.
Vita: La situazione del conflitto israelo-palestinese sembra o in perenne fase di stallo oppure gravida di nuovi scontri. Sarà guerra senza fine?
Twal: I governanti attuali di Israele e Palestina stanno solo gestendo il conflitto. Sono moderati, certo, ma fino alla debolezza. In ogni caso, questa guerra è figlia di un’occupazione militare, solo che nessuno ha il coraggio di dire di chi. L’occupazione militare dei territori palestinesi è dura, arrogante, ha paura degli altri e di se stessa, priva della libertà e dei diritti. Alimenta la violenza e persegue l’umiliazione. Nessun popolo potrebbe accettare un’occupazione simile. Bisogna lavorare per la pace e la sicurezza per tutti. In Terrasanta o c’è pace per tutti o nessuno godrà della pace da solo. Faccio io una mia domanda a voi, alla comunità internazionale, a Israele, agli amici di Israele: che cosa possiamo fare tutti insieme per creare un contesto di fiducia e di pace per i nostri giovani? Se siete amici di Israele, va bene, benissimo, vediamo come possiamo usare questa amicizia per creare più pace per tutti. Anche questo ho detto, al premier Berlusconi. Qui siamo condannati a vivere l’uno accanto all’altro. Non possiamo uccidere 5 milioni di israeliani, non possiamo uccidere 5 milioni di palestinesi. Noi possiamo solo seminare e seminare, creare fiducia, fare gesti di pace e rispetto per creare credibilità e per salvare il futuro di tutti i nostri giovani.
Vita: I fondamentalismi, anche religiosi, non aiutano. I partiti ortodossi in Israele e il successo di Hamas in Palestina. Anche tra i cattolici?
Twall: I fondamentalismi sono uno peggio dell’altro. Da una parte c’è Hamas, dall’altra c’è Shas (il partito ultraortodosso di Israele, ndr). Nessuno dei due aiuta a trovare una soluzione al conflitto. Ma se la politica della moderazione non porta frutti, la gente si rivolge altrove, cerca nuove vie, e sperimenta anche quelle sbagliate. Purtroppo i moderati non hanno creato nulla e la gente si è schierata per i radicali. Anche tra i cattolici. Di questo siamo tutti colpevoli: lo sono io vescovo, lo è la comunità internazionale, lo sono tutti coloro che non hanno fatto abbastanza per aiutare i moderati a risolvere i problemi. Ma chi ha creato Hamas? Chi ha spinto tanti giovani ad andare verso i radicali? I radicali di tutte le parti sono un ostacolo alla pace. La comunità internazionale deve intervenire, ma soprattutto l’Europa deve fare qualcosa, non solo gli aiuti, deve avere il coraggio di dire la verità.
Vita: Qual è la situazione e i maggiori problemi dei cristiani in Palestina?
Twal: I cristiani non hanno problemi di persecuzione, in Palestina, come invece subiscono in Iraq. Viviamo in questa terra da molto prima dell’arrivo di tutti gli altri Stati, siamo una minoranza, e da sempre. Oggi viviamo gli stessi drammi di chi subisce un’occupazione: ci manca la possibilità di vivere in pace, subiamo anche noi, da 60 anni, questo conflitto. Per fare la pace serve la buona volontà. E non c’è.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.